Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia». (Piero Calamandrei)
Questo pensiero di Calamandrei, padre fondatore del codice di procedura civile, non è mai fuori moda ed è attualissimo soprattutto nella realtà sociale che stiamo vivendo, dove i diritti fondamentali sono sempre più messi in discussione e il ruolo dell’avvocato quasi circoscritto alla sola difesa tecnica.
Ma non è così!
L’avvocato, ci ricorda Calamandrei, “deve essere prima di tutto un cuore” ciò significa che non basta conoscere di diritto, saper studiare la difesa tecnica più efficiente, ma deve possedere atteggiamenti e comportamenti che richiedono virtù umane, che non si inventano al momento, ma che si coltivano giorno dopo giorno. Insomma, l’avvocato deve possedere un bagaglio sì culturale che lo vede custode di norme e sostanziali e processuali, ma a questo bagaglio deve accompagnare quello delle virtù umane che lo vede custode dei diritti fondamentali.
Fare l’avvocato significa, quindi, adoperarsi per la difesa/ il rispetto dei diritti fondamentali. Difesa e Rispetto dei diritti fondamentali che NON PUO’ e NON DEVE CONOSCERE PAUSE, perché il diritto di difesa e, quindi, il ruolo dell’avvocato non è statico, ma evolve secondo la mentalità, i valori, della società, ciò al fine di raggiungere le migliori garanzie che si debbono assicurare alla persona.
Chi scrive si pone questa domanda: Perché non riconoscere un ruolo costituzionale dell’avvocato?
Con il nascere della civiltà organizzata l’uomo ha sentito la necessità, al fine di dirimere le controversie, della figura di un difensore, che col tempo è divenuto un tecnico del diritto. E’ sorta così la figura dell’avvocato.
Se leggiamo attentamente la nostra Carta Costituzionale, che costituisce il Faro del nostro ordinamento giuridico, ci si accorge che i Costituenti, molti dei quali avvocati, non hanno fatto un richiamo esplicito al ruolo dell’avvocato.
L’articolo che richiama indirettamente il ruolo dell’avvocato è l’art. 24 Cost. “[…]La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”.
Dal tenore letterale dell’articolo sopra richiamato si deduce che finalità dello stesso è quella di garantire a tutti la possibilità di tutelare in giudizio le proprie ragioni. Perché ciò si realizzi è necessario che il diritto di difesa sia esercitato con l’assistenza e l’attività di un difensore.
I Costituenti riconoscendo il diritto di difesa hanno, dunque, riconosciuto l’essenzialità della difesa tecnica e, quindi, l’essenzialità del ruolo cui è chiamato a svolgere l’avvocato nei procedimenti civili e, ancor più, in quelli penali. Il diritto di difesa comprende sia il diritto di difesa tecnica esercitata/ esplicata dall’avvocato, sia il diritto di difesa personale c.d. autodifesa che resta in capo all’imputato per tutto l’iter processuale riconoscendogli, al momento della chiusura del dibattimento, di avere per ultimo la parola.
L’alto ruolo che l’avvocato svolge all’interno e fuori delle aule di giustizia contribuendo alla crescita civile della società e al rispetto di quelli che sono i diritti fondamentali è riconosciuto dall’art.6 CEDU rubricato “Diritto ad un equo processo” che ribadisce la peculiarità della difesa tecnica quale espressione del diritto di difesa; la difesa tecnica va affidata ad un avvocato ed, infine, l’attività dell’avvocato non è espressione di un diritto individuale, ma è espressione dell’interesse generale all’amministrazione della giustizia. Da ciò ne consegue che lo Stato pretendendo la repressione degli illeciti penali e delle controversie civili presuppone necessariamente il ruolo dell’avvocato.
Alla luce di questo breve excursus dove emerge quanto il ruolo dell’avvocato sia un ruolo primario nel sistema- giustizia di un Paese come il nostro che lo vede come garante, custode dei diritti fondamentali che non sono altro i diritti costituzionali e giusto, dunque, riconoscergli un ruolo costituzionale. Riconoscere un tale ruolo significherebbe in primis rafforzare il sistema delle garanzie, ma, soprattutto, rinforzare il ruolo di chi da sempre è stato ed è garante della legalità e di colui al quale il cittadino pone la sua fiducia.
In conclusione, a parere di chi scrive, riconoscere un ruolo costituzionale all’avvocato – il quale continuerebbe ad esercitare la propria attività professionale in posizione di libertà ed indipendenza nel rispetto delle norme di deontologia forense – significherebbe riconoscere nome e dignità all’Avvocatura. Questo concetto è insito nel nostro giuramento, che per l’Avv. Lorenzo Claris Appiani, come ha ricordato la sua mamma “[…] è il giuramento più bello di tutti. Io li ho letti gli altri giuramenti ma bello come il nostro non ce n’è…Consapevole dell’alta dignità della professione forense e della sua funzione sociale. Le senti queste parole, mamma. Senza diritto, senza di noi, non ci sarebbe niente, non ci sarebbe lo Stato, non ci sarebbe la comunità, non ci sarebbe la famiglia”. Un giuramento che rispecchia i valori più alti dell’uomo.
Difendere l’avvocatura significa difendere la dignità dell’uomo.
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