Non siamo nella Mancia, ma in Sardegna e non si tratta di un gentiluomo, bensì di una gentildonna, ma non si può non ricordare Cervantes leggendo la storia dell’Avv. Paola Musu, novella Don Chisciotte del Foro di Cagliari, che in preda ad un impeto di rabbiosa insofferenza per le ultime misure economiche del Governo (come non capirla!!), in groppa al suo Ronzinante, con lancia in resta ed a fianco di un improbabile Sancho Pancia praticante avvocato, si lancia contro Quirinale e Palazzo Chigi.
Mi perdonerà l’Avv. Musu se provo ad immaginare …
La storia ha inizio in un tiepido pomeriggio di fine marzo in uno Studio legale di Cagliari, dove l’Avvocato titolare, dopo una lunga e silenziosa clausura nel proprio ufficio, apre la porta e porge al praticante un atto urgente da redigere secondo le forme e nel numero di copie previsto per una formale denuncia da presentare alla Procura delle Repubblica.
Non nascondo ai miei 2 o 3 lettori (a proposito, ciao Mamma!!) quanto mi sarebbe piaciuto sbirciare in quello studio, mentre l’ipotetico praticante Avvocato trascriveva i nomi dei denunciati: il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e tutti i membri del Parlamento italiano.
Immagino anche l’insolito subbuglio sceso nei polverosi uffici della Procura della Repubblica di Cagliari nello scorrere l’elenco dei capi d’imputazione:
– attentato contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato;
– associazioni sovversive;
– attentato contro la Costituzione dello Stato;
– usurpazione di potere politico;
– attentato contro gli organi costituzionali;
– attentato contro i diritti politici del cittadino;
– cospirazione politica mediante accordo;
– cospirazione politica mediante associazione.
Eppure, leggendo con attenzione le righe scritte dall’Avv. Musu, la spontanea ilarità del primo minuto lascia subito il posto ad una serie di preoccupate riflessioni in merito all’attuale quadro politico-istituzionale nell’ambito di una sempre maggiore integrazione europea delle politiche economiche.
La tesi accusatoria dell’Avv. Musu parte dalla lettura dell’art. 1 della Costituzione italiana che esplicitamente parla di “repubblica democratica” e di sovranità del popolo per ribadire che il fondamento imprescindibile e caratterizzante di tutto lo spirito costituzionale è la previsione di uno Stato il cui governo (governo in senso ampio del termine) non può che derivare dal consenso dei cittadini pur nelle forme e limiti previsti della stessa Costituzione. In due parole, la sovranità non può essere trasferita dal popolo ad altro soggetto per quanto più qualificato.
Tale principio, sempre secondo l’Avv. Musu, condiziona anche quanto dispone l’art. 11 che parla di possibili “limitazioni della sovranità” nell’ambito di accordi internazionali rivolti a favorire un ordinamento fra le nazioni, ma che non può giustificare un totale sovvertimento di quanto all’art. 1.
Ciò premesso ed in estrema sintesi, l’Avv. Musu sostiene che tutti gli accordi firmati negli ultimi anni in ambito europeo, da ultimo il famigerato “fiscal compact”, sono rivolti ad introdurre nel nostro ordinamento politiche economiche decise da organi europei non supportati da consenso popolare (Commissione, BCE, ecc.) o peggio da meccanismi sanzionatori automatici.
Questo comporta che aspetti fondamentali del governo dello Stato italiano, come la politica monetaria, economica e finanziaria, siano sostanzialmente indipendenti dal consenso diretto o indiretto dei cittadini italiani in violazione dell’art. 1 della Costituzione.
L’Avv. Musu ravvisa la responsabilità di tale situazione in particolare sugli attuali vertici dello Stato.
Credo che in punto di diritto sia difficile pensare che i giudici di Cagliari possano condividere le considerazioni dell’Avv. Musu, tuttavia la provocazione, a mio parere, è intelligente e dovrebbe portare a considerare se effettivamente abbiamo riposto troppa fiducia negli organi tecnici europei dimenticando che chi governa in democrazia lo decidono i cittadini chiamati al voto. Forse abbiamo erroneamente considerato le politiche monetarie ed economiche come una questione da delegare “a chi ne capisce” senza valutarne quegli effetti pratici che oggi incidono così tanto sulle nostre vite quotidiane.
E vale la pena ricordare che l’attuale sistema elettorale italiano prevede due distinte croci per ogni votante: una da apporre nella scheda elettorale e l’altra da segnare su fronte, spalle e petto per augurarsi di aver contribuito all’elezione di una candidato degno.
In questo quadro generale la preoccupazione per una sovranità popolare affievolita non appare banale e dovrebbe essere condivisa, aldilà delle azioni temerarie di qualche cavaliere errante.
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