Lavoro Part-time e full-time: differenze e diritti. Quando l’azienda deve pagare?

Redazione 06/10/16
La settimana scorsa la sezione lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18709 del 23 settembre 2016, ha stabilito che i lavoratori part-time hanno gli stessi diritti dei lavoratori a tempo pieno che sono inquadrati nello stesso livello stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL).

Si considera, quindi, una discriminazione ed è punibile a norma di legge ogni differenza di trattamento.

Cerchi un avvocato? Confronta subito i preventivi dei nostri migliori esperti. È gratis!

Lavoro part-time e full-time: quali differenze?

Le modalità del rapporto di lavoro part-time sono disciplinate dal Decreto Legislativo n. 61 del 25 febbraio 2000 che definisce come “lavoro a tempo parziale” la prestazione il cui orario, fissato dal contratto individuale, “risulti comunque inferiore” a quello a tempo pieno.

Si consiglia il seguente volume:

Jobs act: i nuovi contratti di lavoro

Il D.Lgs. 15 giugno 2015 ha operato una riclassificazione dei contratti di lavoro flessibili e della flessibilità in entrata,Questo Manuale evidenzia le novità introdotte dal Decreto e dalla conseguente rivisitazione delle tipologie contrattuali, ne approfondisce le nuove potenzialità e le criticità emergenti, fornendo soluzioni per un’applicazione pratica delle nuove disposizioni, soprattutto per gli aspetti di gestione del rapporto di lavoro che ancora necessitano di una risposta concreta da parte del Legislatore.La trattazione esplica il quadro completo dei contratti di lavoro subordinato ed è così organizzata:PAOLO STERN Consulente del Lavoro a Roma. È Partner dello studio Stern Zanin & Avvocati Associati e socio fondatore di Stern Zanin Servizi d’Impresa srl. Esperto della Fondazione Studi del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di Ninno Dottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Stern Zanin. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Michele Regina Consulente del Lavoro, Coordinatore del Centro Studi CPO-CdL Roma, Direttore Generale della Tempor SpA.Liliana Tessaroli Dottore di ricerca in Diritto del lavoro – Consulente del lavoro abilitata a Roma – Avvocato abilitata a Roma. Collaboratrice dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani SpA Funzionaria presso l’Assessorato al lavoro della Regione Lazio.Lorenzo Sagulo  Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Stern Zanin nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di diritto del lavoro e previdenza sociale.

Sara Di Ninno – Michele Regina
Liliana Tessaroli | 2015 Maggioli Editore

Lavoratore part-time: quali diritti ha?

E’ intervenuto il D.Lgs. n. 61/2000, all’art. 4, ad introdurre il “principio di non discriminazione”. Dal decreto in questione si apprende che “il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile”, ossia rispetto a chi è inquadrato “nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi”.

In altre parole, questo significa che il lavoratore a tempo parziale gode dei medesimi diritti di un lavoratore full-time per quanto riguarda, tra le altre cose:

– l’importo della retribuzione oraria;

– la durata delle ferie annuali e del periodo di astensione per maternità e malattia;

– gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

– i diritti sindacali.

Il trattamento del lavoratore a tempo parziale

Lo stipendio del lavoratore a tempo parziale, come stabilisce ancora il D.Lgs 61/2000, deve essere “riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa”, in particolare per quanto riguarda “l’importo della retribuzione globale” e “dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità”.

La sentenza della Corte di Cassazione

La sezione lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18709/2016, ha confermato che il principio di non discriminazione del D.Lgs 61/2000 rappresenta la sola normativa da applicare in materia di differenze tra lavori a tempo parziale e a tempo pieno.

Infatti, viene escluso dalla sentenza che le differenze tra lavoratore full-time e part-time possano essere determinate “in base a criteri diversi da quello contemplato dalla norma con esclusivo riferimento all’inquadramento previsto dalle fonti collettive”.

Ne consegue che non possono valere altri criteri, compreso quello del sistema della turnazione continua e avvicendata sostenuto dall’azienda contro la quale la Cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 18709/2016.

L’azienda, quindi, che non rispetta il principio di non discriminazione, è costretta a pagare non soltanto l’importo dovuto, ma anche le spese processuali.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento