I dati divulgati quest’oggi sia dall’Ocse che dall’Inps, sembrano i due binari di un treno, su cui viaggia l’Italia, che sta marciando sempre più a rilento, dimentocandosi dei propri cittadini più bisognosi (e sovente talentuosi). Il governo, in quasi tre mesi di attività, ha rinviato l’acconto Imu sulle prime case, ha spostato l’aumento del punto di Iva, ma non è ancora riuscito ad arginare la spirale recessiva. Ciò che i dati divulgati dimostrano, però, è il fallimento della politica di Elsa Fornero, ministro del Welfare nell’esecutivo tecnico di Mario Monti.
A certificarlo, il quadro disegnato dall’osservatorio europeo, più cupo che mai nei confronti delle politiche per l’occupazione in vigore in Italia: addirittura, viene prevista una tendenza crescente fino a termine 2014, dal 12,2% di questo maggio al 12,4% di dicembre del prossimo anno. Naturalmente, i più martoriati, da questo punto di vista, sono i giovani, che, nell’intervallo anagrafico che va da 15 a 24 anni, sono senza occupazione in un caso su due (e chi ha il lavoro, è precario nella maggioranza assoluta dei casi). Una situazione certamente drammatica, ma dimezzata rispetto ai quadri da incubo di Grecia e Spagna, che vedono la propria disoccupazione al 25%. In Italia, però a battere la fiacca sono i salari, fermi a 33.489 euro annuali per lavoratore, ampiamente maglia nera tra i paesi “avanzati” dell’Unione, che vede le proprie medie di reddito a 43mila euro. I dati dell’osservatorio, insomma, a un anno dall’entrata in vigore, certificano il magro bottino della legge Fornero per il rilancio dell’occupazione, soprattutto per quella giovanile.
Sul fronte delle pensioni, invece, mentre migliaia di lavoratori ed esodati attendono con ansia l’arrivo di una riforma che riconosca le tante situazioni presenti sul tessuto socio-economico, introducendo alcuni elementi di flessibilità ai criteri minimi di accesso, l’Inps non se la passa affatto meglio. Nel 2012, l’istituto ha subito un passivo di 9 miliardi di euro, con il patrimonio quasi dimezzato tra 2011 e 2012 (da 41 a 22 miliardi). A fungere da assicurazione, per la previdenza nazionale, è proprio la legge Fornero sulle pensioni, che ha messo in cascina risparmi sull’erogazione di prestazioni per 80 miliardi fino al 2020: un paracadute che, però, non contempla i singoli pensionati. Oggi, secondo i dati diffusi, un lavoratore ritirato su due percepisce un assegno inferiore ai mille euro al mese. Il costo delle pensioni nel 2012 è stato, complessivamente, di 261,3 miliardi di euro, pari al 15,9% del Prodotto interno lordo.
Di fronte a questi dati, insomma, è quantomai urgente che il governo metta mano alle leggi in vigore, che potranno anche tutelare il sistema, ma non i suoi attori principali, che sono i cittadini e contribuenti, spesso – basti pensare al caso esodati – privati dei loro diritti in nome di un’economia sempre più matrigna e di una finanza ormai votata alle speculazioni. tutto ciò, mentre il Paese lascia che le sue risorse migliori, i giovani, restino improduttive – o emigrino – sena rendersi conto che sarebbero le uniche in grado di aiutarlo a invertire la tendenza e tornare a crescere.
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