Lavori in corso su ordinazione: disciplina civilistica e fiscale

Abstract

Il presente documento si prefigge l’obiettivo di analizzare da un punto di vista civilistico, anche alla luce del nuovo principio contabile OIC 23, e fiscale la valutazione ed il relativo trattamento dei lavori in corso su ordinazione con riferimento alle società che redigono i bilanci in base alle disposizioni del codice civile.

  1. 1.    Definizione e classificazione dei lavori in corso su ordinazione

Il codice civile non fornisce una definizione di “lavori in corso su ordinazione”, mentre il nuovo principio contabile OIC 23, elaborato dall’Organismo Italiano di Contabilità e pubblicato nella sua versione definitiva nell’agosto del 2014, specifica che i lavori in corso su ordinazione (o commesse) si riferiscono “a un contratto, di durata normalmente ultrannuale, per la realizzazione di un bene (o una combinazione di beni) o per la fornitura di beni o servizi non di serie che insieme formino un unico progetto, ovvero siano strettamente connessi o interdipendenti per ciò che riguarda la loro progettazione, tecnologia e funzione o la loro utilizzazione finale”.

Elemento essenziale per qualificare un lavoro in corso su ordinazione è la presenza di un contratto ad hoc stipulato tra l’appaltatore ed il committente, in forza del quale viene affidata l’esecuzione dell’opera e/o del servizio. L’OIC 23, al riguardo, individua due tipologie di contratti:

1)      contratti a prezzi predeterminati, in cui l’appaltatore si impegna a portare a termine l’intero lavoro previsto dal contratto sulla base del prezzo contrattuale fisso o dei prezzi determinati sulle singole voci di lavoro;

2)      contratti con prezzo basato sul costo consuntivo più il margine, in cui l’appaltatore si impegna a portare a termine l’intero lavoro previsto dal contratto senza predefinire un prezzo, ma calcolandolo in funzione dei costi da essa sostenuti, specificamente previsti dal contratto e maggiorati di una percentuale dei costi stessi a titolo di recupero di spese generali e di altre spese non specificamente rimborsabili.

Con riferimento alla durata ultrannuale, l’OIC 23 precisa che i lavori in corso su ordinazione sono quelli che si riferiscono ad un contratto che investe un periodo superiore ai dodici mesi, considerando il tempo intercorrente tra la data di inizio della realizzazione dei beni e/o servizi e la data di ultimazione e consegna dei beni e/o servizi entrambe determinate dal contratto.

L’art. 2424 del codice civile prevede che i lavori in corso su ordinazione siano iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale tra le rimanenze nella voce C3 “lavori in corso su ordinazione”.

Nella macroclasse C (“Attivo circolante”) dell’attivo dello stato patrimoniale, nella sottoclasse II (“Crediti”), alla voce 1 (“Verso clienti) o alle successive voci 2, 3, 4, se verso controllate, collegate o controllanti, sono iscritti i crediti per fatture emesse e non ancora riscosse per anticipi, acconti, e corrispettivi a titolo definitivo (questi ultimi con contropartita i ricavi iscritti nel conto economico ed esclusi dal valore delle rimanenze).

Nella macroclasse D (“Debiti”) del passivo dello stato patrimoniale, alla voce 6 (“Acconti”) sono iscritti gli anticipi ricevuti dai committenti per lavori da eseguire e gli acconti ricevuti in corso d’opera a fronte dei lavori eseguiti ma non ancora liquidati a titolo definitivo.

Nella macroclasse B (“Fondi rischi ed oneri”) del passivo dello stato patrimoniale sono rilevati, ove non già considerati nella valutazione dei lavori in corso su ordinazione, gli accantonamenti per rischi ed oneri afferenti le commesse in corso di esecuzione (ad es. perdite probabili su commessa e/o costi da sostenere dopo la chiusura della commessa).

Nella macroclasse A (“Valore della produzione”) del conto economico, alla voce 1 (“Ricavi delle vendite e delle prestazioni”) si imputano i corrispettivi realizzati a titolo definitivo della commessa, mentre il valore della commessa eseguita nell’esercizio, al netto di quanto già imputato tra i ricavi, è rilevato alla voce 3 (“Variazione dei lavori in corso su ordinazione”).

Nella macroclasse B (“Costi della produzione”) del conto economico si iscrivono, classificati per natura, i costi sostenuti per l’esecuzione dei lavori. Lo schema di conto economico civilistico non prevede, infatti, una posta contabile autonoma che accoglie l’ammontare dei costi consuntivi di commessa dell’esercizio, i quali, pertanto, sono classificati indistintamente nelle rispettive voci di appartenenza (ad es. costi per materie prime, costi del personale, ammortamenti, ecc.).

  1. 2.    Criteri di valutazione

 

2.1. Commesse di durata ultrannuale

L’art. 2426, primo comma, n. 11, c.c., sancisce con che “i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”.

Questa norma differenzia i lavori in corso su ordinazione dalle altre categorie di rimanenze in quanto, mentre queste ultime sono valutate al minore tra costo e valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato, le prime, in presenza di determinate condizioni previste dall’OIC 23, possono essere valutate sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati.

I criteri per la valutazione dei lavori in corso su ordinazione previsti dal codice civile sono:

1)      il criterio della commessa completata (art. 2426, n. 9[1]) che prevede la valutazione dei lavori in corso su ordinazione al costo;

2)      Il criterio della percentuale di completamento (art. 2426, n. 11) che prevede la valutazione dei lavori in corso su ordinazione sulla base del corrispettivo contrattuale maturato.

Il codice civile, prescindendo dalla durata annuale o ultrannuale delle commesse, lascia ampia discrezionalità al redattore del bilancio consentendogli di adottare alternativamente sia la valutazione basata sul criterio della commessa completata che sul quella basata sul criterio della percentuale di completamento.

La preferenza riconosciuta dal principio contabile OIC 23 per la valutazione delle commesse ultrannuali sulla base dei corrispettivi maturati anziché del costo è da ricercarsi nella circostanza che il primo criterio garantisce una maggiore aderenza ai principi di competenza economica e di correlazione tra costi e ricavi. Il margine complessivo di commessa viene, infatti, riconosciuto in funzione dello stato di avanzamento dell’opera e ripartito tra gli esercizi in cui si esplica l’attività produttiva, assicurando la corretta correlazione tra costi e ricavi di competenza.

L’OIC 23 esprime una marcata preferenza tecnica per il metodo della percentuale di completamento motivata dalle possibili distorsioni informative in termini di valutazione delle performance aziendali che possono essere generate dal criterio della commessa completata per le commesse ultrannuali.

Inoltre, tale criterio non comporta il rischio di violare il principio, statuito dall’art. 2423-bis c.c., dell’iscrizione in bilancio dei soli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio posto che il diritto a percepire il corrispettivo sulla base del contratto e delle opere effettivamente eseguite.

L’OIC 23, ai paragrafi 42 e 45 prevede che il criterio della percentuale di completamento possa trovare applicazione ai contratti di durata ultrannuale quando:

1)      esiste un contratto vincolante tra le parti che definisca chiaramente le obbligazioni e, in particolare, il diritto al corrispettivo per l’appaltatore;

2)      il diritto al corrispettivo per la società che effettua i lavori matura con ragionevole certezza via via che i lavori sono eseguiti;

3)      non sono presenti situazioni di incertezza relative a condizioni contrattuali o fattori esterni di tale entità da rendere dubbia la capacità dei contraenti a far fronte alle proprie obbligazioni (per esempio, l’obbligo dell’appaltatore nel completare i lavori);

4)      il risultato della commessa può essere misurato attendibilmente.

Qualora i sopra riportati requisiti non fossero soddisfatti, la commessa, anche se di durata ultrannuale, è iscritta in bilancio con il metodo della commessa completata.

Il codice civile non identifica i metodi per definire lo stato di avanzamento, l’OIC 23 prevede i seguenti metodi:

1)      metodo del costo sostenuto (cost to cost): la percentuale di avanzamento è definita rapportando i costi sostenuti per la commessa ad una certa data sul totale dei costi stimati. La differenza tra il corrispettivo previsto ed i costi complessivamente stimati moltiplicata per la percentuale di avanzamento determina il margine in corso di formazione. Quest’ultimo aggiunto ai costi cumulativamente sostenuti determina il valore della commessa nell’esercizio di riferimento.

2)      metodo delle ore lavorate: lo stato di avanzamento è calcolato rapportando le ore lavorate rispetto al totale delle ore previste. Tale metodo si adatta principalmente nei casi in cui la componente di manodopera è preminente rispetto alle altre componenti di costo.

3)      metodo delle unità consegnate: con tale metodo la valutazione ai corrispettivi pattuiti è applicata alle sole unità di commessa consegnate o comunque accettate dal committente. Le altre unità sono valutate al costo, come le altre rimanenze.

4)      metodo delle misurazioni fisiche: con tale metodo si procede all’identificazione delle quantità prodotte e alla valutazione delle stesse ai corrispettivi pattuiti.

 

2.2. Commesse di durata infrannuale

Con riferimento alle commesse di durata inferiore all’anno, l’OIC 23, al paragrafo 43, afferma che “tenuto conto che generalmente l’utilizzo del criterio della commessa completata non genera andamenti irregolari nei risultati d’esercizio, possono utilizzarsi entrambi i criteri di valutazione”.

Per le commesse di durata inferiore ai dodici mesi possono, quindi, essere utilizzati entrambi i metodi di valutazione citati: il metodo della percentuale di completamento e il metodo della commessa completata.

Ad ogni modo, in caso di scelta di utilizzo della percentuale di completamento ai fini della valutazione dei lavori in corso su ordinazione, ciò sarà possibile solo nel caso in cui siano rispettate le condizioni previste dall’OIC 23 ed illustrati nel paragrafo precedente.

2.3. Le perdite probabili

Un altro aspetto da evidenziare riguarda la rilevazione delle perdite presunte di commessa. L’OIC 23, al paragrafo 107, prevede che tali perdite siano contabilizzate nell’esercizio in cui esse sono giudicate prevedibili, sulla base di un’obiettiva e ragionevole valutazione delle circostanze esistenti.

In particolare, l’OIC 23 statuisce che “la perdita probabile per il completamento della commessa è rilevata a decremento dei lavori in corso su ordinazione. Se tale perdita è superiore al valore dei lavori in corso, l’appaltatore rileva un apposito fondo rischi e oneri pari all’eccedenza”.

2.4. Le commesse in valuta estera

L’OIC 26, “Operazioni, attività e passività in valuta estera”, stabilisce che i lavori in corso su ordinazione valutati sulla base del metodo della percentuale di completamento, ovvero valutati alla fine dell’esercizio in base al ricavo maturato determinato per competenza in base allo stato di avanzamento dei lavori, sono iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale al cambio corrente alla data di chiusura dell’esercizio in quanto assimilabili ad un credito. La conversione delle rimanenze alla fine di ciascun esercizio avviene per l’intero importo delle stesse, senza considerare i vari strati che si sono formati negli esercizi precedenti.

Nell’ipotesi in cui, i lavori in corso su ordinazione vengano valutati in base al criterio della commessa completata, ovvero i ricavi e i costi sono riconosciuti quando il lavoro è completato, le rimanenze costituiscono poste non monetarie e vengono iscritte al cambio storico.

  1. 3.    Disciplina fiscale

 

3.1. IRES

Dal punto di vista fiscale, i criteri di valutazione dei lavori in corso su ordinazione di durata ultrannuale sono disciplinati dall’art. 93 del TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917).

La disposizione presenta quale presupposto fondamentale la durata di esecuzione dei lavori che deve essere superiore a dodici mesi e deve interessare due diversi periodi d’imposta.

La durata ultrannuale deve essere determinata avendo riguardo al tempo intercorrente tra la data di inizio dell’esecuzione delle prestazioni e quello della consegna dei lavori o dell’ultimazione dei servizi e/o delle forniture entrambe determinate dal contratto non rilevando la sottoscrizione dello stesso.

Le opere, forniture e servizi di durata non superiore ai dodici mesi devono essere valutate come i prodotti in corso di lavorazione, ovvero in base ai costi sostenuti nell’esercizio per la loro esecuzione ai sensi dell’art. 92, comma 6, del TUIR relativa ai prodotti in corso di lavorazione e ai servizi in corso di esecuzione.

Occorre precisare che qualora la commessa abbia un tempo di esecuzione superiore ai dodici mesi, ma non anche al periodo d’imposta, si renderà comunque applicabile la disciplina prevista dal citato art. 92 TUIR.

L’unico criterio di valutazione per le commesse ultrannuali fiscalmente ammesso è rappresentato dal metodo della percentuale di completamento fondato sui corrispettivi pattuiti in base al contratto. La valutazione deve essere, quindi, effettuata imputando alle rimanenze dei lavori in corso i corrispettivi pattuiti, anziché i costi, in relazione all’avanzamento dell’opera. Le rimanenze oltre a rettificare i costi sostenuti nell’esercizio e in quelli precedenti (indicati in bilancio come rimanenze iniziali), comprendono anche il margine di utile riferibile alla parte di prestazioni già eseguita ed imputabile all’esercizio medesimo.

L’art. 93 del TUIR costituisce, di fatto, una deroga all’art. 109, comma 2, lett. b) del TUIR. Quest’ultima disposizione prevede, infatti, che i corrispettivi relativi alle prestazioni di servizi si considerano conseguiti e le spese si considerano sostenute alla data in cui le prestazioni medesime sono ultimate; diversamente l’art. 93 del TUIR prevede che le opere ed i servizi concorrano alla formazione del reddito d’impresa quali rimanenze incorporando anche una quota parte di utile ed i relativi costi sono deducibili integralmente negli esercizi in cui sono sostenuti.

L’art. 93, comma 4, del TUIR stabilisce che i corrispettivi devono essere inclusi tra le rimanenze se non sono stati oggetto di liquidazione a titolo definitivo. A seguito dell’effettuazione della liquidazione a titolo definitivo essi assumono la natura di ricavi. Gli acconti ricevuti dal committente in funzione dello stato di avanzamento lavori non concorrono alla formazione dei ricavi ma assumono rilevanza ai fini della determinazione del reddito in quanto, essendo erogati per prestazioni già eseguite, costituiscono elementi da tenere in considerazione ai fini della valutazione delle rimanenze.

I metodi utilizzati per determinare il valore delle rimanenze sono diversi e devono intendersi tutti ammessi purché rispondano a corretti principi contabili.

In particolare, possono essere adottati oltre al metodo del cost to cost (derivante dal rapporto tra il costo sostenuto effettivamente entro il termine dell’esercizio e quello complessivo stimato relativo all’intera commessa), quello delle ore lavorate, delle unità consegnate e delle misurazioni fisiche (Ris. Min. 31 gennaio 1981, n. 9/2492).

Con riferimento ai costi sostenuti dall’appaltatore qualora una parte dell’opera venga subappaltata, la Risoluzione Ministeriale 5 novembre 2010, n. 117/E ha previsto che rilevano in capo all’appaltatore i costi sostenuti relativi agli stati di avanzamento lavori liquidati, anche in via provvisoria, al subappaltatore che hanno concorso alla valutazione delle opere ultrannuali. In sostanza, al fine di determinare correttamente la percentuale di avanzamento dell’opera si dovrà tenere conto di tutti i costi sostenuti fino a quel momento per la realizzazione della commessa e tra questi anche gli stati di avanzamento lavori liquidati, anche in via provvisoria, al subappaltatore che hanno concorso all’avanzamento dell’opera e alla valutazione delle opere ultrannuali.

Nella valutazione dei corrispettivi si deve tenere conto anche delle eventuali maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o clausole contrattuali in misura non inferiore al 50%; l’accettazione definitiva delle maggiorazioni da parte del committente comporterà l’inclusione dell’intero importo delle maggiorazioni tra i corrispettivi contrattualmente stabiliti.

Eventuali svalutazioni per rischi contrattuali dei lavori in corso su ordinazione, iscritti in bilancio dall’appaltatore, sono fiscalmente indeducibili.

In caso di corrispettivi in valuta estera, ai fini della valutazione dell’opera in corso il corrispettivo maturato deve essere convertito in euro in base al cambio del termine dell’esercizio. Tale valutazione non comporta la stratificazione di porzioni di opera valutate con cambi diversi poiché per ciascun esercizio l’operazione di valutazione di fine periodo deve essere effettuata con riguardo all’intera parte di commessa realizzata sin dall’inizio di esecuzione del contratto (Ris. Min. 17 settembre 2009, n. 249).

3.1. IRAP

Mentre, come riferito al paragrafo precedente, ai fini IRES i lavori in corso infrannuali devono essere obbligatoriamente valutati con il criterio del costo (art. 92, comma 6, del TUIR) ed i lavori ultrannuali devono essere valutati esclusivamente con il metodo della percentuale di completamento (art. 93, comma 2, del TUIR), ai fini IRAP la valutazione adottata in sede civilistica vale anche ai fini dell’imposta regionale sulla base del principio di derivazione.

L’art. 5, comma 1, del D. Lgs. 446/1997 stabilisce, infatti, che “la base imponibile è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettera A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile …omississ.. così come risultanti dal conto economico dell’esercizio”.

 


[1] L’art. 2426, comma 1, n. 9, c.c., stabilisce che “le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione”.

 

Roberto Pischedda

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