La circolare ministeriale congiunta accorda agli sportelli unici per l’immigrazione la facoltà di convocare il lavoratore per la domanda del titolo di soggiorno. In tal senso, la comunicazione di rigetto della richiesta di regolarizzazione dovrà essere accompagnata, esclusivamente per il lavoratore, dalla lettera di convocazione. Nel caso in cui, poi, la disposizione di rigetto dovesse essere già stata resa nota, lo sportello unico è tenuto a riaprire la pratica e contemporaneamente a riconvocare il lavoratore. Per rendere più agevole il lavoro degli uffici, l’Inps fornisce le liste dei datori di lavoro e delle aziende che hanno già provveduto a versare il contributo di 1.000 euro e, per il lavoro domestico, i contributi fino al IV trimestre del 2012. Al momento del foto-segnalamento presso la Questura, qualora il lavoratore dovesse aver già trovato altro impiego, lo stesso sarà abilitato a richiedere il permesso di soggiorno per lavoro subordinato attraverso la comunicazione Unilav.
Non risulta poi, per il lavoratore, vincolato il perfezionamento della pratica presso la Prefettura alla produzione del certificato di idoneità alloggiativa, essendo sufficiente la presentazione della ricevuta di domanda del certificato presso l’ufficio comunale. Chi, in passato, ha presentato domanda di assunzione nell’ambito coperto dal decreto flussi, ossia nelle antecedenti sanatorie, non avendo poi successivamente perfezionato l’assunzione a causa della dichiarata assenza del lavoratore, potrà, a seguito della sottoscrizione del contratto di soggiorno, presentare adeguata giustificazione presso lo sportello unico per l’immigrazione. L’accettazione delle giustificazioni sarà subordinata ai principi di ragionevolezza e buona fede, a meno che le suddette condotte non dovessero risultare pratiche frequenti per il datore di lavoro. Se vengono infine assunti più lavoratori domestici, la circolare controfirmata dai ministeri dell’Interno e del Lavoro esorta la direzione territoriale del lavoro (dtl) a non procedere automaticamente alla moltiplicazione del reddito normativamente richiesto, ovvero 20mila euro per ciascun lavoratore, ma ad analizzare la situazione globale del datore di lavoro.
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