E’ la conclusione alla quale è giunto il Tar Palermo che, con sentenza n. 1944/2011, riapre di fatto 15 anni dopo lo studio di una cartomante.
Succede anche questo: che la legge sulla pubblica sicurezza (T.U.L.P.S. R.D. 18 giugno 1941, n. 773) vieti il mestiere di ciarlatani e che un regolamento applicativo individui, tra le attività di ciarlataneria, la cartomanzia, ovvero la lettura del futuro attraverso le carte. E succede anche che una sentenza azzeri la decisione di un Questore di applicare questa legge.
L’art. 231 del relativo regolamento d’esecuzione del T.U.L.P.S. chiarisce infatti, ai fini dell’applicazione del divieto di praticare il mestiere di ciarlatano sancito dall’art. 121 della legge sulla pubblica sicurezza, che sotto la denominazione di “mestiere di ciarlatano” va compresa ogni attività diretta a speculare sull’altrui credulità o a sfruttare od alimentare l’altrui pregiudizio ed esemplifica quei mestieri, che possono rappresentare l’indice di ciarlataneria, come “gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi, o millantano o affettano in pubblico grande valentia nella propria arte o professione, o magnificano ricette e specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose”.
La vicenda è avvenuta a Palermo. Nel 1996 il Questore del capoluogo siciliano chiuse lo studio “professionale” di una cartomante. L’ordine era quello di cessare immediatamente l’attività abusiva di “cartomanzia, scienze occulte e grande esorcista” sia nel suo studio che in altri luoghi, con espresso divieto anche di esercizio, di propaganda e ricerca di clientela attraverso la stampa e il mezzo televisivo e radiofonico, “considerato che detta attività costituisce esercizio del mestiere di ciarlatano ai sensi dell’art. 231 del regolamento di esecuzione del TULPS“.
La presunta chiromante, forse prevedendo davvero il futuro, fece ricorso al Tar e 15 anni dopo il Tar le ha dato ragione.
Infatti i giudici amministrativi di Palermo chiaramente affermano di aderire all’orientamento interpretativo secondo il quale, l’attività di cartomante (come le altre di chiromante, veggente, occultista contemplate dall’art. 121 t.u.l.p.s. e dall’art. 231 reg. p.s.) è sanzionata solo quando, a seguito di un’approfondita analisi della fattispecie concreta, costituisce manifestazione di vera e propria ciarlataneria e tale è ogni attività diretta a speculare sull’altrui credulità od a sfruttare od alimentare l’altrui pregiudizio.
Secondo il Tar l’Amministrazione non doveva limitarsi alla contestazione, ma aveva il dovere di valutare in concreto, attraverso apposita istruttoria e conseguente sufficiente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta dalla ricorrente ad integrare l’ipotesi di “ciarlatano”.
Il paradosso è che la cartomante potrebbe ora chiedere un risarcimento allo Stato per i 15 anni di mancati guadagni, forse centinaia di migliaia, forse milioni di euro.
“Questa vicenda è l’emblema della lentezza del nostro sistema giudiziario, che al di là della richiesta risarcitoria, arreca sostanzialmente danni a tutto il mondo economico e imprenditoriale a prescindere da queste vicende particolari” – dice l’Avv. Palmigiano, esperto di diritti dei consumatori.
Ci sono voluti infatti 15 anni per una sentenza e in 15 anni è cambiato il mondo ed è cambiata anche la legge italiana. Oggi svolgere un mestiere del genere è del tutto lecito, ma a condizione che si dichiari che la cartomanzia non ha alcun fondamento scientifico.
“Se la gente vuole spendere il proprio denaro in questo modo, che lo faccia pure – continua l’Avv Palmigiano – fermo restando i casi in cui questo travalica in vere e proprie truffe o si scada nell’esercizio abusivo di professioni, come quella medica o altre”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento