La sufficienza o meno del voto numerico nelle prove concorsuali

Di particolare interesse nella materia dei pubblici concorsi, visto anche il numero delle contrastanti pronunzie sul punto, la annosa questione della sufficienza o meno del giudizio espresso nella sola forma numerica (o con il solo giudizio sintetico).

I due orientamenti che tradizionalmente si sono opposti vedevano una netta diversità di opinione tra il giudice di appello e quello di primo grado.

Difatti il giudice di appello (tra le tante Consiglio di Stato, IV, 1 febbraio 2001, n. 367) ha più volte ritenuto che l’onere della motivazione sia sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest’ultimo come formula sintetica, ma eloquente, di esternazione della valutazione tecnica compiuta dalla commissione esaminatrice. Ciò all’evidente scopo di non appesantire eccessivamente delle procedure concorsuali che spesso coinvolgono un alto numero di partecipanti.

Punto debole di tale impostazione è che spesso risulta assai difficile esercitare un sindacato giurisdizionale sulla legittimità della valutazione in concreto assegnata ove manchi una esternalizzazione ulteriore, rispetto al mero freddo punteggio numerico.

Proprio per ovviare a tale problematica i giudici di primo grado (tra le tante T.A.R. Lazio, sez. I, 27/07/2001, n. 6825) hanno spesso ritenuto necessaria, oltre all’attribuzione del punteggio numerico, una -seppur sintetica- motivazione espressa sulla valutazione della prova svolta dal candidato, tale da consentire quel sindacato giurisdizionale garantito a livello costituzionale nonché in ossequio all’obbligo di motivazione imposto dall’art. 3 L. 241/90.

Certo è che in tal modo lo svolgimento delle prove si appesantisce con conseguente allungamento dei tempi della procedura concorsuale.

Entrambi le tesi hanno quindi delle evidenti “controindicazioni” che paiono risolte da un orientamento, che potremmo definire intermedio, ben espresso da ultimo dalla sentenza T.A.R. Umbria 1 febbraio 2011 n. 41 secondo cui : “l’esternazione di un voto numerico, al pari di quella di un giudizio di valore sintetico (come quelli espressi con gli aggettivi “sufficiente, buono, ottimo” ovvero “basso, medio, alto”) può essere sufficiente ad adempiere l’onere di motivazione soltanto laddove la commissione abbia precostituito criteri di valutazione atti a rendere significativo un giudizio che, altrimenti (cioè, qualora inteso autonomamente, al di fuori di un sistema di riferimento precostituito) risulta apodittico e privo di alcun significato condivisibile al di fuori della percezione del soggetto che lo ha formulato, e quindi di alcun significato oggettivo e sindacabile (vedi anche sent. 6 ottobre 2002, n. 689, confermata da Cons. Stato, V, 28 giugno 2004, n. 4782). Tali orientamenti risultano confermati anche recentemente (cfr. 7 luglio 2005, n. 365; 12 aprile 2007, n. 303; 3 maggio 2007, n. 377)”.

In sostanza, la tesi intermedia è che si può ritenere sufficiente l’attribuzione del solo voto numerico (o del solo giudizio sintetico) solo laddove la Commissione abbia predeterminato una griglia di criteri di valutazione che consenta di ricostruire ex post come si è oggettivamente svolta la prova, e quindi di verificare se il punteggio assegnato corrisponda al reale svolgimento della stessa o se invece sia affetto da macroscopiche contraddittorietà od errori.

Tale indirizzo appare quindi di particolare interesse perché di fatto è l’unico che non appesantisce lo svolgimento delle prove concorsuali ma al contempo garantisce un sindacato giurisdizionale. Esso inoltre assolve all’obbligo di motivazione generalmente imposto dall’art. 3 L. 241/90 ed al principio di trasparenza (art. 1 L. 241/90) che in questa delicata materia assumono un certo rilievo.

Matteo Spatocco

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