Quello della spending review è stato un cammino a tappe forzate, che ha visto il governo di Mario Monti ricorrere, anche oggi, al voto di fiducia, nonostante le 160 proposte di correzione presentate dai gruppi della Camera. Dopo il maxiemendamento presentato a palazzo Madama, infatti, è stato ridotto lo spazio per gli ultimi ritocchi alla versione finale della revisione di spesa, che ora è stata definitivamente convertita in legge dello Stato. La manovra, nel complesso, punta al risparmio di 4 miliardi già entro fine 2012, per aggiungerne altri 21 nei due anni a seguire.
Si è trattato della 34esima occasione in cui il Parlamento ha concesso il via libera a un provvedimento dopo la richiesta di fiducia da parte dell’esecutivo. Troppo ampia la portata e troppo urgente, nella visione del governo, l’entrata in vigore della nuova legge sulla razionalizzazione della spesa pubblica. Gli interventi sono finalizzati a dare un po’ di ossigeno alle finanze statali, scongiurando, almeno fino al luglio 2013, l‘aumento dell’Iva al 23%. Obiettivo raggiunto, ma in nome di sacrifici e tagli, per ammissione del sottosegretario Gianfranco Polillo, generalizzati che hanno lasciato l’amaro in bocca a tutte le categorie e ai settori produttivi coinvolti.
Tra le modifiche apportate in sede di discussione parlamentare, la revisione alla tassazione universitaria, che non sparerà più, come previsto in un primo momento, nel mucchio degli studenti, distinguendo tra fuoricorso e quelli in regola con il piano di esami. Per i più lenti e di buona famiglia, infatti, il rincaro potrà raggiungere anche il 100%, mentre i diligenti con basso reddito non vedranno muovere le quote d’iscrizione agli anni accademici almeno fino al 2016.
Altre modifiche passate sotto il velo dei tagli più pesanti, sono il taglio previsto alla ricerca per 30 milioni di euro, il blocco delle indennità per quei docenti universitari rientrati da altro incarico e gli insegnanti di scuole primarie e secondarie che, prossimi alla pensione, potranno andare in quiescenza con le vecchie regole, se in esubero. A scuola, poi, spinta decisa verso l’informatizzazione delle pratiche, incluse le pagelle e i registri.
La stretta sul pubblico impiego, che promette non meno di 20mila posti cancellati nei prossimi mesi, con esuberi e messa in mobilità retribuita all’80% dello stipendio per chi ha meno di due anni al pensionamento, si abbatte, in termini di benefit, anche su Bankitalia. Anche lì, infatti, saranno attuate le nuove norme che fissano il tetto dei buoni pasto a 7 euro, rendono obbligatorio lo svolgimento delle ferie e vietano il ricorso a consulenze esterne per ex dipendenti di mansione analoga. Gli stipendi dei manager pubblici vengono calmierati a 300mila euro, mentre entro fine anno controllate ministeriali come Sace, Simest e Fintecna verranno cedute alla Cassa depositi e prestiti.
Grande attesa, poi, per il confermato riordino delle Province, che dopo innumerevoli annunci e retromarce escono ridimensionate dalla cura Monti. Sono 64 infatti gli enti destinati a scomparire. Per loro, previsto un accorpamento con amministrazioni contigue, secondo i canoni minimi stabiliti in spending review: 350mila abitanti o 2500 chilometri quadrati di estensione territoriale. Saltato, invece, per Regioni, Province e Comuni il vincolo di soppressione o accorpamento per i propri enti ed agenzie, che comunque dovranno maturare un risparmio del 20% sui loro conti.
Sul versante tributario, viene derogata la facoltà per le Regioni in deficit sanitario (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) di anticipare al prossimo gennaio l’incremento di 0,6 punti percentuali dell’Irpef. Per le Regioni, si tratta dell’unica nota “di consolazione”, a fronte della mano pesante usata dal governo nella spending review. Sono loro, infatti, gli enti più penalizzati, con un calo di trasferimenti centrali di 1,3 miliarid nel 2012, 2,2 nel 2013 e 2,5 miliardi nel 2014. Nel complesso, i tagli alle amministrazioni locali saranno di 14 miliardi in meno di tre anni: sorridono solo i Comuni, che si sono visti riconoscere un contributo di 800 milioni. La remunerazione garantita a Equitalia per l’attivita’ di riscossione delle imposte viene ridotta all’8% dal 2013.
Altra materia molto discussa, quella della sanità, che non esce indenne dalle tenaglie della spending review, con la riduzione dei posti letto che, già nell’imminente autunno, andrà da 4 garantiti per mille abitanti a 3,7: secondo alcune stime, il taglio negli ospedali sarà subito di 4mila posti, per arrivare, nel 2014, a 18mila letti in meno. Secondo il Ministero, però, i posti tagliati non saranno più di 7mila. Sul fronte farmaceutico, lo sconto delle aziende al Ssn, schizzato al 4,1%, viene circoscritto al 2012, mentre resta confermata la crescita al 2,25% di quello applicato dalle farmacie. Obbligo di indicazione, nelle ricette, per i principi attivi dei farmaci e, a discrezione del medico, anche del medicinale specifico.
Tutt’altro che indenne, come noto, dal provvedimento di revisione della spesa, anche la giustizia italiana, che vede accorpare 37 Tribunali e 38 Procure, la scomparsa di tutte le 220 sedi distaccate e di ben 674 uffici dei giudici di pace. Nessun esubero di personale è stato messo in conto dal Ministero, che ha quantificato il risparmio nelle sole aule di giustizia pari a 50 milioni di euro. Figura all’interno della spending review anche il secondo provvedimento che lancia un salvagente ai secondi 55mila esodati, portando il computo dei salvaguardati a 120mila lavoratori. Niente da fare per la mini-apertura di qualche giorno fa ad altri 2mila.
Qui il testo coordinato con le modifiche apportate dal Parlamento.
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