Il principio del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali della persona senza distinzioni di sesso, razza, lingua o di religione ha ricevuto una sua prima, benché timida, consacrazione giuridica nell’art. 1 della Carta delle Nazioni Unite. A partire da questo articolo, il principio ha sviluppato tutta la sua forza dirompente imponendo una rilettura di norme ed istituti classici, propri del diritto internazionale generale, che sono stati progressivamente ripensati alla luce della nuova prospettiva indicata dalla Carta ONU.
“Non facciamoci illusioni. Abbiamo creato le Nazioni Unite non per andare in paradiso, ma per allontanarci dall’inferno”: in questi termini si espresse Winston Churchill parlando delle Nazioni Unite. Oggi, l’inferno a cui si riferiva Churchill, nel lontano 1945, sarà pure cambiato ma è pur sempre inferno: sottosviluppo, fame, malattie, ignoranza, discriminazioni e sistematica violazione dei diritti umani in vaste aree del mondo.
Quando il 10 dicembre del 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamò, a Parigi, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, si raggiunse, in effetti, un traguardo storico per l’epoca: finalmente una Carta universale che definiva standard di libertà per gli individui di tutto il mondo al di là delle differenze di genere, razza, religione e status sociale. Purtroppo, un obiettivo ancora non pienamente raggiunto.
Fra i 30 articoli di cui consta la Dichiarazione il primo ci ricorda che “Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti”. Questo principio rappresenta, oggi, un traguardo universale ancora da raggiungere, un fine al quale tutti gli individui, i paesi e gli organi della società devono necessariamente mirare attraverso l’insegnamento e l’educazione affinché i diritti proclamati nella Dichiarazione Universale siano effettivamente rispettati.
La proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è una ricorrenza che viene festeggiata tutti gli anni, a partire dal 1950, quando fu istituita la Giornata Mondiale dei diritti umani con la risoluzione 423 V dell’Onu, che invita tutti gli stati che fanno parte delle Nazioni Unite a celebrarla.
La promozione e la tutela dei diritti umani nel mondo non sono compiti facili. Gli ostacoli da sormontare sono molti: fattori politici, economici, sociali, culturali e religiosi, profondamente radicati, ai quali, purtroppo, si aggiungono altri ostacoli non meno temibili, come assuefazione e rassegnazione. Ma, almeno nel 2011 è prevalsa la determinazione, la volontà di individui che hanno reclamato coraggiosamente i propri diritti. E di queste manifestazioni siamo stati tutti partecipi, a livello mondiale, grazie ai nuovi network che hanno rivoluzionato la nostra società e i tradizionali mezzi di comunicazione.
I cambiamenti che stanno trasformando la vita nel nostro pianeta, infatti, sono così rapidi e profondi che a fatica si riesce a coglierne il senso, a seguirne l’evoluzione, a prevederne le conseguenze. Indubbiamente stiamo attraversando una vera e propria rivoluzione: della nostra vita personale, della nostra vita sociale ma anche delle regole, dei punti di riferimento, degli scenari tradizionali dell’economia e della politica. I progressi scientifici e tecnologici dei mezzi di comunicazione di massa, dell’informatica, hanno reso relativi i concetti di spazio e tempo, mutandone il loro tradizionale significato. E gli avvenimenti del 2011 lo testimoniano.
La primavera araba ha dimostrato che nel villaggio globale, grazie ai social network, si è formata una coscienza umana collettiva che nessuna frontiera politica può cancellare. Le informazioni su quanto accade nel mondo sono oggi sempre più accessibili in tempo reale senza che nessun potere possa fermare od impedire il flusso di notizie.
Con questa rivoluzione la democrazia acquista nuovo vigore, si rafforza, perchè i cittadini hanno acquisito maggiore consapevolezza, contano di più, sia che essi si trovino ad operare in paesi democratici o siano vittime di violenza in paesi totalitari. Così i loro desideri, i loro sentimenti, le loro aspirazioni sono visibili e riconoscibili direttamente, senza il filtro o la deformazione di strutture di potere che ne attenuino la trasparenza. I diritti umani diventano, dunque, un valore assoluto, senza limiti di tempo né di spazio.
A ragione, il 2011 è stato definito dalle Nazioni Unite un anno straordinario, un anno in cui i diritti umani sono divenuti contagiosi grazie all’ascesa dinamica e incontrollabile dei social media. La primavera araba ha dimostrato ampiamente il potenziale rivoluzionario di Facebook e Twitter. E anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha voluto sottolineare il ruolo chiave dei social network per le popolazioni alla «ricerca di legittimazione per le loro aspirazioni» ricordando che «sono passati i tempi nei quali i governi dispotici potevano controllare interamente il flusso di informazioni. Oggi i governi non possono soffocare il dibattito pubblico ed eventuali critiche bloccando l’accesso a internet e ai vari social media».
Migliaia di persone, infatti, si sono ribellate in nome dei diritti umani e, nonostante le brutali repressioni, hanno usato i media e i social network per fare sentire la propria voce, affermando così un altro diritto fondamentale, sancito dalla dichiarazione universale dei diritti umani all’articolo 19, ossia la libertà di espressione. Nonostante gli sforzi già profusi in passato, c’è ancora molto da fare, ovunque, per garantire quello stato di salute, benessere e libertà individuale sanciti come diritti inalienabili.
Superato l’utilizzo iniziale, meramente a scopo relazionale e personale, Facebook e Twitter si sono ormai trasformati in strumenti di diffusione di idee ed opinioni, ma soprattutto di proteste e rivendicazioni, insomma di propagazione dei diritti umani. L’attivismo per i diritti umani, infatti, non è mai stato tanto attuale e vitale. E attraverso l’incredibile potere dei social network le persone comuni sono diventate le vere protagoniste di un rinato attivismo per i diritti umani.
“I diritti umani appartengono a ciascuno di noi senza eccezioni, ma se non conosciamo e difendiamo il nostro diritto e il diritto degli altri ad esercitarli resteranno solo parole in un documento vecchio di decenni”: questo è il messaggio lanciato dal segretario generale dell’Onu, con il quale ha ricordato che «in tutto il mondo si sono mobilitate persone per chiedere giustizia, dignità, uguaglianza, partecipazione, i diritti sanciti nella Dichiarazione Universale».
Al di là del momento celebrativo, dunque, si tratta di un impegno prioritario al quale la Comunità internazionale non si può sottrarre. Una priorità che non ha solo una chiara rilevanza etica ma anche una forte incidenza sulla stabilità politica internazionale.
I nuovi processi di democratizzazione che sono stati avviati nel mondo arabo dimostrano che è stata raggiunta una nuova e maggiore consapevolezza dei diritti umani e confermano quanto sancito al terzo considerando del preambolo della Dichiarazione laddove si afferma che “è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione”.
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