Senza volermi qui addentrare in valutazioni politiche, a me sembra che ci sia qualcosa che non va in queste dimissioni, prima ancora da un punto di vista prettamente giuridico.
Inizialmente avevo pensato, infatti, a dimissioni sottoposte a termine di efficacia, una cosa già alquanto peculiare, ma in realtà vi è di più.
Con il termine, infatti, siamo di fronte ad una certezza del verificarsi dell’avvenimento futuro e se è vero che nel caso di termine indeterminato non si sa precisamente il quando non sussiste tuttavia alcun dubbio circa il suo avverarsi.
Qui, invece, a ben vedere siamo di fronte a una condizione perchè allo stato l’approvazione della legge di stabilità è un avvenimento non solo futuro ma anche – inevitabilmente – incerto.
Nessuno può garantire oggi insomma che tale legge verrà infatti effettivamente approvata.
Ma la cosa più rilevante è che la condizione posta alle dimissioni è una condizione meramente potestativa in quanto consiste in un comportamento che lo stesso Berlusconi – in quanto presidente del Consiglio rappresentante dell’attuale governo – potrà tenere o meno a suo arbitrio.
Va, infine, anche detto che se la condizione meramente potestativa fa dipendere l’assunzione di un obbligo, come nel caso di specie la rimessione del mandato nelle mani del Capo dello Stato, dalla mera volontà del proponente, non solo vizia la clausola contenente la condizione ma rende nullo l’intero negozio in quanto, come pare evidente, non si può prendere sul serio un vincolo che dipende dal “capriccio” dell’obbligato.
Ciò detto, forse la strada parlamentare più corretta sarebbe stata la presentazione da parte delle opposizioni di una vera e propria mozione di sfiducia, ma qui entriamo nel campo politico e mi fermo.
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