La riforma del lavoro, legge 92/2012, è in vigore da oggi

Redazione 18/07/12
La riforma del lavoro, introdotta dalla legge numero 92 del 28 giugno 2012, è in vigore da oggi, 18 luglio.

Vediamo di seguito i punti salienti della nuova normativa.

L’articolo 1 della riforma del mercato del lavoro si fonda principalmente su un concetto di mercato del lavoro “inclusivo e dinamico” nel quale deve avere un rilievo prioritario il lavoro considerato subordinato ossia quello ritenuto a tempo indeterminato come forma comune di rapporto di lavoro (c.d. “contratto dominante”). Viene poi valorizzato l’apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e contestualmente ridistribuite le tutele dell’impiego col dichiarato scopo di contrastare la flessibilità “malata” e vengono riviste le norme sui licenziamenti. Un punto focale è costituito dalla volontà del decreto legge di  rendere più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro ma perché ciò sia possibile, e lo Stato recuperi le risorse economiche per attuare una manovra del genere, si intende contrastare l’elusione contributiva e fiscale che si verifica nell’utilizzo degli istituti contrattuali. Sono previste inoltre norme destinate alla tutela e alla maggior promozione dell’inclusione nella vita economica delle donne e dei lavoratori ultracinquantenni, categorie spesso sofferenti a causa delle norme contrattuali. Un tasselo da cui l’economia del Paese può, anzi deve ripartire è invece la promozione di modalità partecipative di relazioni industriali in conformità con gli indirizzi assunti in sede europea.Vista l’importanza dei fondi UE e il peso che Bruxelles può avere nella politica nostrana è qualcosa di necessario e imprescindibile muoversi in conformità ad un disegno economico europeo comune. Affinchè questo passaggio della riforma sia costantemente sotto controllo è stata predisposta l’istituzione di un sistema di monitoraggio e valutazione delle misure (a cura di Istat e Sistan -Sistema Statistico Nazionale) con il concorso delle parti sociali ed una banca dati informatizzataanonima, a cura dell’Inps e Istat, a fini di ricerca scientifica.

Per quanto riguarda il primo contratto a termine e la prima missione nell’ambito di un contratto in somministrazione a tempo determinato, di durata non superiore a 12 mesi, viene eliminata la necessità di causali ( il c.d. “causalone”, vale a dire l’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo per le quali si ricorre a questo tipo di contratto). Il contratto a tempo determinato, in questo modo, se stipulato al di fuori delle causali non può diventare oggetto di proroga. La legge ha chiaramente previsto alternative a queste misura, tutte definibili naturalmente in sede precontrattuale. Viene poi aumentato l’intervallo minimo tra un contratto e l’altro che varia a seconda se il contratto abbia durata inferiore o superiore a sei mesi, passando i termini da 10 a 60 giorni e da 20 a 90 giorni, in assenza di contrattazione collettiva, decorsi dodici mesi, il Ministero del lavoro individuerà con decreto le specifiche condizioni in cui potranno operare delle riduzioni. Un nodo cruciale della riforma  del lavoro è stato determinare la durata massima del contratto a tempo determinato che è stata fissata a 36 mesi, altre tempistiche sottoposte a revisione sono state quelle legate al termine massimo per l’ impugnazione stragiudiziale, che passa da 60 a 120 giorni .

Cambiamenti significativi hanno riguardano poi l’apprendistato che, secondo la legge, deve avere una durata minima di sei mesi, eccezion fatta per i contratti stipulati per lavori stagionali. Altra regolamentazione inserita riguarda il numero di apprendisti di cui si può disporre, infatti dal 1° gennaio 2013 il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere (direttamente o tramite le agenzie di somministrazione di lavoro) non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso lo stesso datore di lavoro, mentre il rapporto rimane di 1 a 1 per i datori di lavoro che occupano meno di 10 addetti. Altro elemento di novità è determinato dal fatto che l’assunzione di nuovi apprendisti viene subordinata alla stabilizzazione, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro, con l’esclusione di quelli cessati durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, e` consentita l’assunzione di un solo apprendista. Gli apprendisti assunti violando la precedente regola sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data della costituzione del rapporto e questi vincoli non valgono nei confronti dei datori di lavoro che occupano meno di dieci unità. Per quanto riguarda i contratti già sottoscritti, ma non compatibili con le nuove disposizioni previste, cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

La riforma  del lavoro riguarda anche il lavoro a progetto, sono, infatti, stati ridotti ridotti i margini di utilizzo del lavoro a progetto attraverso modifiche ad alcuni articoli del d.lgs. 276/2003, valevoli per i contratti stipulati successivamente alla data di entrata di vigore della legge. Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata o continuativa devono essere riconducibili a uno più progetti (e non più anche programmi di lavoro o fasi di esso ) determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere riconducibile ad un risultato finale e non può consistere in una semplice riproposizione dell’oggetto sociale del committente. Il progetto non può, quindi,  comportare lo svolgimento di compiti puramente esecutivi o ripetitivi normati dalla contrattazione collettiva nazionale. Contestualmente vengono ridefinite le modalità legate al recesso del contratto, per cui le parti possono continuare a recedere prima della scadenza del termine per giusta causa, ma in assenza di giusta causa il committente può recedere prima della scadenza solo qualora emergano profili oggettivi di inidoneità del collaboratore rispetto alla realizzazione del progetto. Il compenso, in ultimo, non può essere minore ai minimi stabiliti in modo peculiare per ciascun settore di attività. Per quanto concerne l’indennità di fine lavoro è stato stabilito un aumento graduale della aliquota contributiva fino al raggiungimento del 33%, al pari del lavoro subordinato. Svolta in ambito partite iva invece, è stato decisa una significativa limitazione dell’utilizzo improprio delle c.d. “partite iva”. Si stabilisce che le prestazioni lavorative a partita iva siano considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, salvo prova contraria fornita dal committente, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti: a) che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore ad almeno otto mesi nell’arco dell’anno solare; b) che il corrispettivo percepito, anche se fatturato con più soggetti collegati fra loro, costituisca più del 80% dei corrispettivi maturati dal collaborare nell’anno solare; c) che il collaboratore disponga di una postazione di lavoro fissa presso una delle sedi del committente, anche se in questo caso esistono alcune eccezioni applicabili.

Le nuove norme si applicano ai rapporti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore mentre per i rapporti in corso a tale data, le nuove disposizioni si applicano decorsi dodici mesi dalla data dientrata in vigore. Nell’ambito dei Tirocini Formativi, invece, vista la concorrenza di competenze tra Governo (Ministero del Lavoro e Ministero dell’Istruzione) e Regioni, si prevede un accordo in Conferenza Stato-Regioni da stipularsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento, sulla base dei seguenti criteri: a) revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo; b) previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività c) individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza; d) riconoscimento di una congrua indennità anche in forma forfetaria.

Vengono poi modificati alcuni articoli della Legge 604/66 in materia di licenziamenti individuali, in particolare introducendo una procedura obbligatoria di conciliazione preventiva per i licenziamenti per motivi economici. La prima innovazione è legata al fatto che la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato. Si riducono da 270 a 180 giorni i termini per il deposito di ricorso presso la cancelleria del Tribunale a seguito dell’impugnazione stragiudiziale del provvedimento. Per quel che riguarda i licenziamenti discriminatori od orali la disciplina, al di là di alcune variazioni formali, coincide sostanzialmente con quella precedente.In questi casi il giudice dichiara nullo il licenziamento (in quanto discriminatorio) o inefficace(poiché intimato in forma orale) a prescindere dal numero dei dipendenti dell’impresa. Esistono invece due diverse fattispecie in merito ai licenziamenti disciplinari o soggettivi nelle aziende superiori a 15 dipendenti. Quando il giudice accerta che non ricorrono giustificato motivo o giusta causa, per insussistenza dei fatti contestati al lavoratore, o che il fatto rientra in casistiche per le quali il Ccnl di riferimento non prevede la sanzione del licenziamento, annulla il licenziamento e dispone il reintegro del lavoratore. In questo caso il datore di lavoro viene inoltre condannato al pagamento di un risarcimento non superiore a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto e al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali. Anche in questo caso, in alternativa al reintegro, è possibile per il lavoratore richiedere il versamento di un’indennità sostitutiva di 15 mensilità. Nella versione approvata dal Senato è stato eliminato su questo punto il riferimento alla legge che affiancava quello dei Ccnl di riferimento. Negli altri casi in cui il giudice accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo o della giusta causa, viene disposta un’indennità di risarcimento individuata tra le 12 e le 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto che il giudice commina tenendo conto dell’anzianità del lavoratore, del numero degli occupati dell’impresa, delle dimensioni dell’attività economia e del comportamento delle parti durante la controversia. In caso di licenziamenti motivati dall’idoneità fisica o psichica del lavoratore o comminati durante il comporto di malattia e riconosciuti illegittimi dal giudice vi è la condanna al reintegro del lavoratore nel posto di lavoro, al pagamento di un’indennità tra 6 e 12 mensilità e dei contributi previdenziali ed assistenziali. In caso di licenziamento viziato nella forma o sotto il profilo della procedura viene attribuita al dipendente un’indennità risarcitoria compresa tra le 6 e le 12 mensilità di retribuzione globale di fatto, a meno che il giudice accerti un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso valgono le tutele di quanto detto sopra. Particolare attenzione deve essere riservata alla nuova normativa sui licenziamenti intimati per motivi economici. In ogni caso è previsto il tentativo di conciliazione obbligatorio tra le parti normato nell’art. 13 del provvedimento. In caso di fallimento del tentativo di conciliazione e adite le parti in giudizio il giudice può disporre il reintegro del lavoratore e il risarcimento massimo pari a 12 mensilità nel caso riscontri la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Nel caso in cui il giudice riscontri che il licenziamento ingiustificato sia motivato da ragioni discriminatorie o disciplinari e non economiche applica le tutele previste dalle rispettive tipologie, in prevalenza il reintegro del lavoratore. Infine, come già previsto dall’attuale ordinamento, il datore di lavoro può revocare il licenziamento entro 15 giorni dall’impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore determinando la ripresa senza interruzioni del rapporto di lavoro con diritto, da parte del lavoratore, del recupero della retribuzione non percepita.

Capitolo Aspi: la sua entrata in vigore non slitterà, come temuto, al 2014. Dal prossimo 1 gennaio, dunque, il nuovo ammortizzatore sociale “Assicurazione sociale per l’impiego” aumenterà gradualmente, fino a entrare a pieno regime nel 2016. Nell’Aspi saranno integrate le indennità di disoccupazione e di mobilità; inclusi gli apprendisti, fuori, invece, i dipendenti pubblici a tempo indeterminato. La durata prevista sarà, infatti, di dodici mesi fino ai 54 anni di età e di diciotto a partire dai 55 (con limite di contribuzioni fissato al’ultimo biennio). L’Aspi è decurtata del 15 per cento dopo i primi sei mesi di fruizione e di un ulteriore 15 per cento dopo il dodicesimo mese di fruizione. La domanda va presentata all’Inps con 60 giorni di anticipo. Per quei lavoratori che vantino non meno di 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi, è possibile il ricorso alla Mini Aspi, di durata pari alla metà delle settimane di pagamento dichiarate. Diversa, invece, la situazione dei co.co.pro. iscritti alla gestione separata Inps, la cui indennità di fine lavoro viene emessa sulla base dei seguenti vincoli: abbiano operato, nel corso dell’anno precedente, in regime di monocommittenza, conseguendo un reddito lordo complessivo non superiore a 20.000 euro, di cui almeno tre mensilità dell’anno precedente risultino accreditate e che abbiano avuto un periodo di disoccupazione ininterrotta di almeno due mesi nell’anno precedente. L’indennità ammonta al 7% del minimale annuo di reddito. Sarà l’aliquota contributiva a pompare risorse nelle casse della neonata Aspi, fissata all’1,31%. Per i contratti non a tempo indeterminato, si applica il contributo addizionale dell’1,4% del salario a carico del datore, esclusi apprendisti e sostituti di lavoratori assenti. Le ultime sei mensilità verranno restituite, al datore di lavoro in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato. Nel caso di interruzione del rapporto a tempo indeterminato, per ragioni diverse dalle dimissioni, dal 1° gennaio 2013, è dovuto un contributo “ di licenziamento”, a carico del datore di lavoro, pari al cinquanta per cento del trattamento mensile iniziale di Aspi per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Lo stesso contributo è dovuto per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore. L’aliquota contributiva a carico delle Agenzie di somministrazione di lavoro destinata al fondo per la formazione è ridotta dal 4 per cento al 2,6 per cento. Per gli anni 2013-2016 resta invece in piedi il sistema degli ammortizzatori in deroga, con risorse decrescenti. Il Fondo sociale per occupazione e formazione è incrementata di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, di 700 milioni di euro per l’anno 2015 e di 400 milioni di euro per l’anno 2016.

Cassa integrazione: eliminato l’art.3 della legge 223/91 sulla regolamentazione straordinaria in caso di procedure concorsuali. Per il resto, Cig e Cigs restano nei settori in cui già sono previste. Le norme di estensione annuale della Cigs vengono allargate per le agenzie di viaggio (oltre 50 dipendenti), agenzie di vigilanza oltre 15 subordinati e a tutte le imprese settore aereo. Per i settori privi di cassa integrazione, in relazione alla realtà sopra i 15 dipendenti, la riforma impone l’obbligo di costituzione di Fondi di solidarietà bilaterali per finanziare trattamenti di integrazione salariale per i casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa. I fondi saranno istituiti presso l’Inps sulla base di accordi collettivi da stipulare entro 6 mesi. Per quei lavoratori beneficiari di una prestazione di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro , il trattamento decade qualora rifiutino di essere avviati a un corso di formazione o non lo frequentino regolarmente. Per le imprese già soggette all’aliquota per il finanziamento dell’ indennità di mobilità, gli accordi collettivi possono prevedere che il fondo di solidarietà sia finanziato, a decorrere dal 1° gennaio 2017, con un’aliquota contributiva nella misura dello 0,30%. Per le imprese sotto i 15 dipendenti, esenti dall’obbligo di istituzione del fondo di solidarietà, le parti possono, nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge,adeguare le fonti istitutive dei fondi bilaterali per assicurare ai lavoratori un sostegno al reddito nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, definendo aliquota non inferiore allo 0,20%. Per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali comunque superiori ai 15 dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale viene istituito, con decreto, un fondo di solidarietà residuale. Qualora invece sia il datore di lavoro a ricorrere alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, questi dovrà versare un contributo aggiuntivo stabilito con i decreti attuativi ma non inferiore all’1,5% della retribuzione. La riforma, tenendo conto dello stato di crisi del mercato del lavoro, allarga anche il Fondo di solidarietà per i mutui sulla prima casa. In particolare, si prevede l’obbligo per le banche di sospendere l’ammortamento dei mutui nei casi in cui il mutuatario debba far fronte ai seguenti eventi: perdita o cessazione di lavoro subordinato o co.co.co.; morte o insorgenza di gravi infortuni.

Mentre, dal primo gennaio verranno abrogati contratto di inserimento e incentivi alla ricollocazione dei lavoratori in lista di mobilità, nuovi incentivi alla ricollocazione lavorativa sono previsti per lavoratori non ancora 50enni e non occupati da più di un anno, donne di qualsiasi età, senza retribuzione da almeno sei mesi. Assumere questi soggetti, dal 2013, comporterà una riduzione del 50% in termini di contributi al datore di lavoro. Qualora l’assunzione sia effettuata con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi passa a un periodo di diciotto mesi dalla data di assunzione, fatti salvi i casi in cui, naturalmente, tali incentivi non sono previsti. Per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, l’efficacia delle dimissioni di lavoratori sono sospensivamente condizionate alla convalida effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti, escluso il caso di dimissioni di lavoratrici in stato di gravidanza che devono essere convalidate presso la Direzione Provinciale del Lavoro. L’ultima strada per vedersi riconosciuta la validità delle dimissioni è condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione dei lavoratori in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro.

Per i giovani padri lavoratori, viene introdotto in via sperimentale per gli anni 2013-2015 che entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, abbia l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno. Possibili anche due giorni di astensione continuativi, goduti in sostituzione della madre, a cui viene riconosciuta un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100 per cento della retribuzione. Prevista, poi, la possibilità, di concedere alla madre lavoratrice, al termine del congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale la corresponsione di voucher per l’acquisto di servizi baby sitting o per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia. Immigrati disoccupati: uno straniero che perde il posto di lavoro viene inserito nelle liste di collocamento non inferiore a un anno. In riferimento ai Centri per l’impiego, invece, vengono specificati i livelli essenziali delle prestazioni da assicurare ai beneficiari di ammortizzatori sociali. Entro il 30 giugno 2013 l’Inps metterà a disposizione dei centri per l’impiego e delle agenzie private autorizzate o accreditate, una banca dati telematica contenente i dati individuali dei beneficiari di ammortizzatori sociali.

E’ inoltre prevista l’implementazione di un sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze fondato su standard minimi di servizio omogenei su tutto il territorio nazionale. Nei prossimi mesi, verranno varate misure per aumentare il coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa attraverso un contratto collettivo aziendale nel rispetto dei principi di obbligo di informazione e attraverso l’istituzione di organismi congiunti e il controllo comune sulle scelte di gestione aziendale. Viene previsto l’azionariato dei dipendenti sia in forma individuale che in forma collettiva.

Leggi il testo integrale del DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n. 276

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