La riforma dei servizi pubblici: una “soap” dalla sceneggiatura incerta

Carmine Podda 15/12/11
Prima tuttavia di addentrarci nell’ultima poco avvincente puntata, come da prassi una sintesi delle puntate precedenti.

Al noto art.23 bis del D.L.112/08 aveva fatto seguito prima l’art.15 “Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica” del D.L.n.135/09 (cd decreto salva infrazioni) a sua volta convertito, con modificazioni, dalla Legge n.166/09, quindi la manovra d’estate 2010 con particolare riferimento all’art.14 c.32 relativo ai limiti relativi alla costituzione di società per i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti, ed ancora il Regolamento Attuativo dell’art. 23 bis DPR n.168/10, fino poi ad arrivare al referendum abrogativo dello scorso giugno, al nuovo intervento del legislatore con l’art.4 del DL138/11 convertito, con modificazioni, in L.n.148/11, ed infine alla legge di stabilità 2012 dello scorso 12 novembre. Un coacervo di norme, come vedremo, non del tutto coordinate tra loro.

Nello specifico, se l’art.23 bis del DL 112/08 aveva rappresentato, superando il precedente riferimento costituito dall’art.113 del D.Lgs.267/00, un chiaro cambiamento di rotta all’insegna del rilancio della competitività al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi di interesse generale a rilevanza economica in ambito locale, è pur vero che, riconoscendo lo stesso quale modalità ordinaria di conferimento della gestione il ricorso a imprenditori o società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, e, quali modalità in deroga, l’affidamento sia a società a totale partecipazione pubblica che a società miste (cd partenariato pubblico privato) a condizione del “rispetto dei principi della disciplina comunitaria” e della dimostrazione della sussistenza di “caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento che non consentono un efficace ricorso al mercato” da sottoporre al parere preventivo (non vincolante) dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ciò indusse il legislatore, su pressione degli addetti ai lavori, ad intervenire nuovamente a distanza di un anno con l’art.15 “Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica” del D.L.n.135/09 (cd decreto salva infrazioni) convertito, con modificazioni, dalla Legge n.166/09, che introduceva una nuova modalità “ordinaria” per il conferimento della gestione di SPL, ossia l’affidamento a società miste (partecipate da pubblico e privato ove la selezione del socio privato avvenisse mediante gara a “doppio oggetto” (riguardante dunque sia l’individuazione del socio, sia l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione, con attribuzione di quote al privato non inferiore al 40%) continuando a considerare in deroga esclusivamente l’affidamento in house a società a totale partecipazione pubblica e ribadendo il necessario ruolo consultivo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il chiaro intento di creare un freno alle intenzioni delle amministrazioni locali di ricorrere agli affidamenti diretti e un argine ad eventuali rinnovi degli affidamenti in house in scadenza.

Due rilevanti interventi normativi ed una serie di successive disposizioni spesso contraddistinte da scarsa sistematicità (una per tutte la confermata attribuzione al CONVIRI della predisposizione del Programma nazionale per il coordinamento delle iniziative di monitoraggio degli impianti per la gestione dei servizi idrici, collocata all’art. 9 bis della L.n.77/09 legiferante in materia di azioni urgenti a favore delle popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto) cui ha fatto seguito quello che per qualche mese sembrava aver segnato un punto fermo nella disciplina di settore, il Regolamento Attuativo dell’art.23 bis, ossia il DPR 168/10.

Pur se non nato sotto i migliori auspici – non può non essere segnalato che l’art.23 bis rinviava ad un mero regolamento governativo di attuazione che, seppur operando in sede meramente delegificativa e quindi di dettaglio, avrebbe dovuto, come poi è accaduto, intervenire invece in modo sostanziale su una serie di rilevanti questioni tra cui i regimi transitori – il DPR 168 confermava la linea di indirizzo volta all’accrescimento della competitività nei servizi economici di interesse generale pur se escludendo l’applicazione della norma con riferimento ai servizi disciplinati da normativa di settore quali la distribuzione del gas naturale e dell’energia e lettrica, il trasporto ferroviario regionale e la gestione delle farmacie comunali.

Novità rilevante era costituita dall’introduzione della “delibera-quadro”, atto da porre in essere prima di procedere al conferimento e al rinnovo della gestione dei servizi pubblici locali, con cui gli enti avrebbero avuto il compito di verificare la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali limitando il ricorso alle società in house ai soli casi in cui un’apposita analisi di mercato avesse dimostrato l’inidoneità della libera iniziativa economica privata a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunita’ locale.

Inoltre, sulla falsariga dell’art.113 c.7 del D.Lgs.n.267/00, erano previsti gli standard qualitativi, quantitativi, ambientali da rispettare nell’indizione delle procedure ad evidenza pubblica volte all’individuazione del socio affidatario nonché specifiche prescrizioni circa il contenuto del bando di gara o della lettera di invito redatti al fine dell’individuazione del socio affidatario (prescrizioni che verranno poi in larga parte riproposte nella successiva L.n.148/2011)

Ed altra disposizione rilevante la fissazione di limiti di valore e di dimensioni rispetto ai quali l’Autorità garante della concorrenza e del mercato avrebbe dovuto esprimere il parere preventivo con riferimento all’affidamento del servizio “in deroga” alle modalità ordinarie, e dunque a favore di società a totale partecipazione pubblica (la richiesta di parere da parte dell’ente affidante era da considerare necessaria qualora il valore complessivo dell’affidamento superasse gli € 200.000,00 su base annuale): il tutto con la manifesta intenzione di limitare l’intervento del soggetto pubblico nella gestione diretta dei servizi, pur nella dovuta considerazione del suo ruolo di regolatore con il confermato potere di fissazione dei bacini di gara, degli standard quantitativi e qualitativi, e dei canoni per l’uso delle reti che restano di proprietà pubblica.

Trascorsi appena sei mesi, ecco irrompere gli esiti referendari dello scorso giugno che hanno abrogato da un lato l’art.23 bis generando la conseguente caducazione del Regolamento Attuativo e, dall’altro, l’art.154 del D.Lgs.n.152/2006 nella parte in cui prevedeva l’adeguata remunerazione del capitale investito dal gestore del servizio tra le componenti della tariffa idrica.

Non ritenendo di entrare in questa sede nel merito tecnico dei risvolti applicativi di questo secondo referendum, tuttavia non può non rilevarsi al riguardo che l’integrale traduzione in legge di tale volontà referendaria, ad oggi non ancora verificatasi, potrebbe rivelarsi quantomai anacronistica: eliminare del tutto la remunerazione del capitale investito potrebbe spingere gli odierni affidatari a cedere il capitale azionario detenuto all’interno delle società di gestione per mancanza di interesse economico, ed in periodi di politica generalizzata di tagli è francamente difficile pensare ad una realizzazione di investimenti soltanto tramite ricorso a fondi pubblici.

E nell’attesa di un intervento normativo di recepimento degli esiti referendari, gli addetti ai lavori sono divisi: una parte è dell’opinione che la eliminazione dalla tariffa della remunerazione del capitale investito vada applicato sin dal regime tariffario dell’anno 2011; un’altra, maggiormente legata al combinato disposto del dettame di legge, invece ritiene che essendo state le attuali convenzioni di affidamento che regolano i rapporti in essere tra gli enti affidanti e le società affidatarie sottoscritte in piena vigenza dell’art.154 del D.Lgs.n.152/06 (già D.Lgs.n.152/99), la rideterminazione della tariffa potrebbe verificarsi solo al momento dei nuovi affidamenti e alla stipula di nuove convenzioni, enunciando, quale testimonianza della genuinità di tale ragionamento, un ulteriore elemento: l’art.149 c.6, tuttora in vigore, del medesimo Decreto, sancisce che la tariffa deve essere quantificata in modo da garantire “l’equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati”; secondo dunque tale ultima linea di indirizzo la rideterminazione delle tariffe con la analizzata decurtazione potrebbe verificarsi solo a seguito della scadenza delle attuali gestioni.

Se l’attuazione del responso sul secondo quesito è in una fase di stand-by, la traduzione in norme di legge del primo quesito è avvenuto lo scorso agosto con l’art.4 D.L.138/2011 (“Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”) poi convertito in L.n.148/16.09.2011.

L’articolo in questione, pur nominato “Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea”, è stato accompagnato da non poche polemiche visto che, nel tentativo di contenere il disorientamento generale in materia, il legislatore è intervenuto riproponendo molte delle disposizioni presenti nell’abrogato art. 23-bis e nel caducato Regolamento e tutto ciò, in contrasto con il divieto “di formale e sostanziale ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare” (cfr. Corte Cost. n.32/93) .

Altro dato fondamentale che genera perplessità è il comma 34 del medesimo articolo che, se da un lato esclude dalla applicazione della nuova normativa il servizio di distribuzione di gas, energia elettrica, trasporto ferroviario regionale e gestione delle farmacie, dall’altro include i cd servizi pubblici locali a rilevanza economica (rifiuti, trasporto su gomma e idrico), tuttavia espressamente escludendo il servizio idrico integrato, a rilevanza economica al pari degli altri due come tra l’altro ribadito dalla recente pronuncia della Corte Costituzionale n.325/2010, lasciando la disciplina di settore in un momentaneo parziale vuoto normativo tuttora non colmato.

E siamo alla penultima puntata: trascorsi appena due mesi, ecco sopraggiungere lo scorso la L.n.183/11 (legge di stabilità 2012) che contiene all’art.9Liberalizzazione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica” ulteriori disposizioni in materia, comunque non particolarmente innovative e, come si potrà rilevare di seguito, ancora non definitive nel generale processo di riforma.

Nello specifico, a parziale integrazione dell’art.4 D.L.n.138/11, la delibera quadro che gli enti locali affidanti devono adottare al fine di verificare i vantaggi economici derivanti dall’apertura al libero mercato della gestione dei servizi, deve contenere anche la valutazione circa l’opportunità di procedere all’affidamento simultaneo con gara di più servizi pubblici al fine di accelerare il processo di liberalizzazione. Delibera quadro la cui mancata redazione determina l’impossibilità per l’ente di procedere all’attribuzione di diritti di esclusiva, restringendo dunque l’iniziativa economica privata.

Con riferimento all’affidamento a favore di società a totale partecipazione pubblica, che l’art.4 DL 138 ritiene possibile a condizione che il valore dell’affidamento sia pari o inferiore ad € 900.000,00, è rimarcato il principio, di discendenza comunitaria, del divieto di artificioso frazionamento: sussiste dunque un divieto generalizzato di frazionamento dell’affidamento del servizio nonché delle interconnesse fasi del processo produttivo del medesimo servizio.

Tra le nuove disposizioni spicca altresì la attribuzione all’autorità prefettizia del compito di vigilare sulla corretta applicazione della complessiva disciplina regolatoria di cui al DL 138: in caso di inottemperanza il prefetto assegna agli enti inadempienti un termine entro cui adeguarsi, decorso il quale il Governo, ex art.120 Cost., esercita il potere sostitutivo pur se, a dirla tutta, tale norma, così come strutturata, appare ledere la sfera di autonomia degli enti locali visto che tale eventuale inottemperanza non sembra configurare una ipotesi di minaccia alla “garanzia dell’unità giuridica o economica del Paese”, elemento che legittima, secondo il dettame costituzionale, l’intervento sostitutivo degli organi di governo nazionale.

Inoltre è stabilito che, al fine di migliorare la qualità di gestione dei servizi pubblici locali, le società affidatarie devono rendere pubblici i dati inerenti il livello di qualità del servizio reso, il prezzo medio per utente e il livello di investimenti effettuati.

Tuttavia, e ciò di fatto depotenzia gli effetti complessivi della normativa in esame e preannuncia un imminente nuovo intervento del legislatore, si rimanda espressamente ad un decreto interministeriale, da adottare entro gennaio 2012, che dovrà definire i criteri per la verifica della preventiva analisi di mercato e per l’adozione della delibera quadro da parte degli enti affidanti e disporre le modalità attuative di pubblicazione dei dati da parte delle società affidatarie.

Ed ecco l’ultima puntata – anche quest’ultima dalla sceneggiatura incerta e dalla regia confusionaria – a cui, nostro malgrado, assistiamo: D.L.n.201/2011 “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, art.21 “Soppressione enti e organismi”.

Il CONVIRI, organo nazionale di vigilanza in materia di risorse idriche, quello stesso organo la cui rilevanza appena due anni fa era stata messa in evidenza dal legislatore che, preso da un attacco di ansia, non aveva trovato luogo migliore di disciplina che la legge in materia di misure urgenti per i terremotati abruzzesi, è stato soppresso, come previsto al comma 18; inoltre l’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza

in materia di acqua istituita dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, di conversione, con modificazioni, del d.l.

70/201, non è riuscita a “spiccare il volo” perché prima di decollare è stata soppressa, come previsto dal comma 19!

Tuttavia i più incalliti spettatori di questa interminabile soap stiano “tranquilli”: anche l’ultima puntata lascia intendere che lo “stillicidio” proseguirà.

Secondo lo stesso art.21 le funzioni che avrebbero dovuto esercitare l’Agenzia nazionale sono dal 6 dicembre “incorporate” (sic!) nel Ministero dell’Ambiente ad esclusione delle “funzioni attinenti alla regolazione e alla vigilanza della tariffa relativa ai servizi idrici (ndr servizi a cui nel frattempo bisognerebbe attribuire una specifica normativa di settore colmando il vuoto post referendario non compensato dal DL 138)” che, successivamente alla individuazione delle stesse “con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministero dell’Ambiente…da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”, saranno trasferite all’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

A presto!

 

 

Carmine Podda

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