La Pubblica Amministrazione tra furbetti e fannulloni

Massimo Greco 22/02/16

L’infedeltà nell’esercizio di funzioni pubbliche è una pratica certamente da censurare e prevenire non foss’altro per tentare di ripristinare il lussato rapporto tra cittadini e Stato sovrano. Nel contesto di un’ampia casistica, le forme di assenteismo (furbetti del cartellino) sembrano quelle prese più di mira dagli organi d’informazione.

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Basti pensare quante puntate sono state dedicate al tema da Giletti nel suo programma domenicale “L’Arena”. Ci sorge però spontanea una domanda: ma ciò che si chiede al dipendente della Pubblica Amministrazione è solo il rispetto delle timbrature? Diventa forse un dipendente modello solo chi timbra puntualmente la propria presenza senza nulla chiedere in ordine a ciò che fa ed a come lo fa (potenziale fannullone).

Il rischio che si sta correndo con queste trasmissioni a senso unico è di sviare l’opinione pubblica o, comunque, di distrarla da un problema altrettanto fondamentale: la produttività del dipendente pubblico. Nel patto che i cittadini hanno sottoscritto con lo Stato è scritto che in cambio della fiscalità generale lo Stato deve assicurare funzioni e servizi in coerenza con i principi di buon andamento dell’azione amministrativa.

Postulati di tale principio costituzionale sono l’efficacia, l’efficienza e la trasparenza. In sostanza al dipendente pubblico deve essere chiesto il conto non solo del carico di lavoro che ha assegnato ma anche della qualità attraverso la quale impregna le rispettive prestazioni. Quella che oggi più comunemente viene definita performance altro non è che un obiettivo che il dipendente pubblico deve assicurare, ognuno in proporzione al rispettivo livello di responsabilità che ha.

In tale contesto, assistere a trasmissioni televisive che si dedicano solo a pretendere il coretto uso della timbratura e non anche il rispetto della mission per la quale è remunerato il medesimo dipendente pubblico è fuorviante e poco pedagogico. Il messaggio che sta infatti passando è il solo rispetto della forma e non della sostanza.

Giletti, ma non solo lui, sembra più interessato a sapere che il dipendente pubblico timbri correttamente e non anche se quel dipendente pubblico non sia adeguatamente impegnato in mansioni utili per la collettività. Nessuno di questi giornalisti “d’attacco” sembra interessato a quegli istituti previsti dall’ordinamento per far funzionare meglio la Pubblica Amministrazione. Meritocrazia, performance, valutazione dei risultati, controlli interni ed esterni e responsabilità dirigenziali sembrano concetti non presenti nel vocabolario di questi giornalisti.

Qualcuno faccia sapere a Giletti che noi paghiamo le tasse, certamente anche per dialogare con dipendenti pubblici che ci piacerebbe trovare al proprio posto di lavoro, ma soprattutto per avere beni e servizi in grado di assicurare un decente livello qualitativo della propria vita sociale.

Massimo Greco

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