Nelle ultime ore, infatti, sembrava che la conciliazione avesse subìto il definitivo colpo del ko: dopo la sentenza della Corte costituzionale, anche l’emendamento in extremis presentato a palazzo Madama era stato dichiarato inammissibile.
Se il pronunciamento della Consulta era negativo nel senso che denotava nell’atteggiamento del governo l’esercizio di un eccesso di delega, il ritocco proposto al Senato al decreto sviluppo-bis avanzava un tentativo quasi fuori tempo limite di salvare l’obbligatorietà fino al 2017.
In un primo momento, però, pareva che anche questa strada non fosse percorribile, a fronte di un parere negativo espresso dalle commissioni sull’ammissibilità dell’emendamento.
Anche il governo aveva espresso il suo dispiacere, parlando apertamente di occasioni perse e scorgendo foschi orizzonti per l’istituto della mediazione in sede di processo civile.
Ora, l’emendamento viene ripescato e messo in calendario per martedì. I termini di reintroduzione della conciliazione obbligatoria restano, tutto sommato, i medesimi.
Le materie, tanto per cominciare, sono circoscritte a un elenco ben preciso concernente le diatribe condominiali, le dispute ereditarie, le controversie immobiliari, la diffamazione a mezzo stampa, più i contratti bancari e altri “campi di battaglia” legale.
Quindi, il lasso di tempo che il testo “resuscitato” si propone di occupare arriva fino al 31 dicembre 2017, giorno entro cui andrebbe mantenuta in vigore l’obbligatorietà. Solo in seguito, e contemplando i risultati ottenuti, si potrà decidere se proseguire con la mediazione oppure se cancellarla.
Dunque, ora la palla passa in mano alla istituzioni e ai rappresentanti politici, che a brevissimo saranno chiamati a tirare le somme di una questione che ancora tiene sulle spine tutto il mondo forense.
La sentenza della Consulta, infatti, non esclude, finché non saranno rese note le motivazioni, di tentare qualche ancora di salvataggio per la mediazione e il suo ormai affollatissimo indotto.
Intanto, l’Oua, per bocca del suo presidente Maurizio De Tilla, attacca: “Il Senato deve dire no a questo colpo di mano, che fa tabula rasa della decisione della Consulta, ma anche della disponibilità a trovare soluzioni concrete avanzate dall’avvocatura al ministro Severino”.
Tranchant il giudizio di De Tilla sulla mediazione, “un sistema fallimentare negli esiti, attorno a cui girano troppi interessi. Il Parlamento non ceda a queste lobby, altrimenti gli avvocati ritorneranno in piazza per difendere la Costituzione. Siamo pronti a dichiarare altri dieci giorni di sciopero”.
Accuse rispedite al mittente dal Forum degli organismi per la mediazione: “Solo chi ha a cuore i propri interessi può invitare gli avvocati a mobilitarsi contro il Governo e il Parlamento”
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento