Va premesso che la norma, nel testo originario, aveva lo scopo di “favorire la continuità dell’impresa agricola anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi a fondi rustici”.
Tuttavia, con l’art. 6, comma 8, della l. 23.12.2000, n. 388, l’aspetto oggettivo è stato ampliato sostituendo i “fondi rustici” con “gli atti relativi ai beni costituenti l’azienda, ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive e morte e quant’altro strumentale all’attività aziendale”. Ovviamente, la norma ha per oggetto anche i terreni che, però, devono esser agricoli e, quindi, strumentali per l’esercizio dell’attività agricola.
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Dal punto di vista soggettivo è necessario che:
- sussista il vincolo di parentela in linea entro il terzo grado tra donante e donatario/: (ovvero tra de cuius e erede/i); la formula quindi, esclude il coniuge parenti in linea collaterale;
- i soggetti interessati dal beneficio devono essere coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli a titolo principale, che non hanno ancora compiuto i 40 anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali, o a condizione che l’iscrizione avvenga entro tre anni dal trasferimento; tuttavia, se tali requisiti non sono posseduti l’interessato entro 24 mesi dalla donazione (o successione) deve acquisire la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale e entro il successivo secondo anno deve provvedere alla propria iscrizione alla gestione previdenziale richiesta;
- i soggetti in possesso dei suddetti requisiti devono obbligarsi a coltivare o condurre personalmente l’azienda agricola per almeno sei anni, a pena di decadenza.
I terreni non coltivati direttamente
La norma considera la condizione soggettiva del donante il quale è proprietario dei terreni e li conduce personalmente ma non anche il caso in cui questi siano stati affittati o concessi in comodato, fattispecie che porterebbero ad escludere l’applicazione della norma agevolativa.
Prendendo atto che la dizione “atti relativi a fondi rustici” è stata sostituita con “atti relativi ai beni costituenti l’azienda”, la risposta 6.10.2021, n. 671, ha precisato che l’innovazione vuole collegare “la finalità (favorire la continuità dell’impresa) al bene oggetto del trattamento di favore identificato nell’azienda agricola ovvero in qualunque “bene” che sia parte integrante dell’azienda agricola e strumentale all’esercizio di tale attività.
In base a questo presupposto è osservato che la sussistenza del requisito oggettivo “richiede una valutazione fattuale della singola fattispecie allo scopo di verificare se i beni oggetto di donazione siano effettivamente strumentali e funzionali all’esercizio dell’attività agricola che, per effetto della successione o della donazione, “continua” tra ascendente e discendenti, entro il terzo grado”.
Il caso specifico
Il quesito ha per oggetto il caso in cui il padre è proprietario di terreni che sono stati oggetto di contratto di affitto di fondi rustici ad una società semplice agricola (iscritta nella sezione speciale del Registro delle imprese con la qualifica di “società semplice” e di “impresa agricola”) formata dai due figli con la qualifica di soci e amministratori della stessa, titolari della qualifica di imprenditore agricolo professionale ed esercenti la propria attività esclusivamente nell’ambito agricolo mediante tale società.
Per favorire la continuità dell’impresa il padre intende donare ai figli, con due atti distinti, i fondi in modo che essi possano subentrare nel contratto di affitto in corso, i quali, in qualità di nuovi proprietari, possono diventare i nuovi titolari affittanti nel rapporto con la società semplice. In altri termini, il contratto in essere proseguirà fino alla scadenza, mentre, successivamente, ciascun figlio stipulerà con la società un nuovo contratto di affitto per i fondi di proprietà pervenuti per effetto della donazione assicurando la condizione di continuità aziendale.
La risposta suddetta prende atto che:
- i fondi rustici sono oggetto di un contratto di affitto per lo svolgimento di un’attività agricola di cui all’art. 2135 c.c.;
- il padre aveva cessato l’attività agricola in forma individuale concedendo ai figli, mediante un contratto di affitto, a possibilità di continuare nella gestione dell’impresa agricola sui terreni di sua proprietà.
- “i descritti atti di donazione traslando la titolarità dei predetti fondi rustici – quali beni strumentali – direttamente in capo ai figli (soci della società agricola), agevolano la prosecuzione dell’attività agricola dagli stessi già esercitata per il tramite della società semplice”;
- “sotto il profilo oggettivo, i beni oggetto della donazione (i. e. fondi rustici), nonostante sia cessata l’attività di impresa da parte del donante, non abbiano perso la natura di beni strumentali per l’esercizio dell’attività di impresa agricola esercitata da parte dei figli beneficiari”.
La risoluzione conclude che “nel caso di specie risulta soddisfatta anche la “ratio” della citata disposizione agevolativa prevista “al fine di favorire la continuità dell’impresa agricola” per cui va riconosciuto il regime di favore previsto dal citato art. 14, sempre che i donatori si obblighino a coltivare o condurre i fondi rustici per almeno sei anni.
Inoltre, precisa che “la condizione di coltivazione diretta del fondo da parte di un imprenditore agricolo può ritenersi soddisfatta anche quando lo stesso stipula un contratto di affitto con una società di persone di cui lo stesso è socio”.
L’alternativa in materia di imposta sulle successioni e donazioni
L’art. 25 del d.lgs. 31-10-1990, n. 346, prevede la riduzione dell’imposta sulle successioni dovuta all’erede o legatario (ovvero dell’imposta sulle donazioni dovuta dal donatario ai sensi del successivo art. 56) dell’importo proporzionalmente corrispondente al 40% della parte del valore complessivo dei “fondi rustici, incluse le costruzioni rurali, anche se non insistenti sul fondo”, di cui all’’art. 39 del d.p.r. 22.12.1986, n. 917.
Il benefico è riconosciuto a favore del coniuge, dei parenti in linea retta o dei fratelli o sorelle del defunto (o del donante) a condizione:
- che essi stessi siano eredi o legatari;
- che l’erede o legatario sia coltivatore diretto;
- che la devoluzione avvenga nell’ambito di una famiglia diretto – coltivatrice,
- che l’esistenza di tale requisiti sia attestata dall’ufficio regionale competente.
E’ considerata diretto – coltivatrice la famiglia che si dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione dei fondi e all’allevamento e governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore al terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e dell’allevamento e governo del bestiame. Ai fini del calcolo della forza lavorativa, il lavoro della donna è equiparato a quello dell’uomo.
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