La norma impugnata modifica l’art. 44 della legge regionale 27 febbraio 2007, n. 3 [1], prevedendo che, qualora il contratto sia affidato con il criterio dell’offerta economica più vantaggiosa, i bandi debbano stabilire che, se i concorrenti conseguono il medesimo punteggio, siano preferite le imprese che abbiano la propria sede legale ed operativa sul territorio campano, o che svolgano almeno la metà della propria attività in territorio campano o che impieghino almeno la metà dei lavoratori cittadini residenti in Campania.
Ciò in quanto tale norma si pone in contrasto con diverse disposizioni del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 [2].
In base all’art. 4, comma 3, di quest’ultimo decreto legislativo sono di competenza esclusiva dello Stato, tra l’altro, la qualificazione e selezione dei concorrenti, le procedure di affidamento e i criteri di aggiudicazione.
Inoltre, mentre l’art. 2, comma 2, del decreto legislativo impone il rispetto dei principi di parità, libertà di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione, l’art. 83 stabilisce i criteri di valutazione nel caso di aggiudicazione con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, facendo riferimento alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, senza che possano rilevare la sede dell’impresa o la residenza dei propri dipendenti nel territorio regionale in quanto tali.
Tali aspetti, in base alla giurisprudenza costituzionale, sono riconducibili all’art. 117, secondo comma, lettere e) e f), Cost., relative alla tutela della concorrenza e all’ordinamento civile, e dunque esigerebbero un’uniforme disciplina su tutto il territorio nazionale, configurandosi come vincolanti per i legislatori regionali. Si determina, dunque, un’invasione delle competenze statali sia in materia di tutela della concorrenza sia di ordinamento civile.
Ed in effetti la Corte ha ripetutamente chiarito [3] che la fase di aggiudicazione degli appalti attiene alla “tutela della concorrenza” e, pertanto, spetta al legislatore statale, in via esclusiva, disciplinare tanto le procedure di affidamento, quanto i criteri di valutazione dell’offerta, confermando in questo senso quanto espressamente stabilito dall’art. 4, comma 3, del decreto legislativo n. 163 del 2006, ove si afferma che le Regioni «non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione [tra l’altro] ai criteri di aggiudicazione».
La necessità di assicurare l’adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza [4] esige che la disciplina delle procedure di gara, la regolamentazione della qualificazione e della selezione dei concorrenti, le procedure di affidamento e i criteri di aggiudicazione siano disciplinati dal legislatore statale, essendo riconducibili alla tutela della concorrenza [5].
Considerata nel suo contenuto, poi, la normativa censurata esprime una preferenza per le imprese radicate in uno specifico territorio e, dunque, anche sotto questo profilo è di ostacolo alla concorrenza, la cui tutela esige piuttosto di allargare la platea degli operatori economici (cosiddetta “concorrenza nel mercato”) e, in ogni caso, impone la parità di trattamento di questi ultimi (cosiddetta “concorrenza per il mercato”).
La disposizione oggetto di censura, dunque, viola per molteplici aspetti l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., relativo alla competenza statale in ordine alla tutela della concorrenza, ragion per cui è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dal giudice delle leggi.
[1] Disciplina dei lavori pubblici, dei servizi e delle forniture in Campania.
[2] Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
[3] Ex multis, sentenze n. 411 del 2008 e n. 401 del 2007.
[4] Sentenza n. 401 del 2007.
[5] Ex multis sentenze n. 186 del 2010 e 283 del 2009.
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