Occorre sin da subito precisare che, nonostante sia ricca la legislazione in materia (si pensi alle norme sulla legalizzazione degli atti, sul testamento internazionale (L. 387/1990 che ha sancito l’adesione dell’Italia alla Convenzione di Washington), alle convenzioni relative agli atti da e per l’estero, al Regolamento (UE) n. 650/2012 in materia successoria) si è scelto di concentrare l’indagine sulla recente proposta 2013/0119 di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che promuove la libera circolazione di cittadini e imprese semplificando l’accettazione di alcuni documenti pubblici nell’Unione Europea e che modifica il regolamento n. 1024/2012 (UE).
La suddetta proposta di Regolamento è in ancora fase di approvazione, per cui si analizzerà una disciplina suscettibile di modificazioni.
Perno centrale del provvedimento è l’adozione di un sistema europeo di accettazione degli atti pubblici rogati in un diverso Stato membro; l’intenzione è quindi quella di superare il precedente principio di riconoscimento dell’atto pubblico straniero e del connesso processo di legalizzazione.
L’obiettivo in un’ottica di semplificazione è quello di snellire i procedimenti burocratici necessari per il riconoscimento di un atto pubblico straniero, al fine di favorire la libertà di circolazione dei cittadini dell’UE e la libertà di stabilimento nonché la libertà di prestazione di servizi delle imprese nel mercato interno.
Secondo la proposta di Regolamento (UE), i documenti pubblici dovrebbero “essere esenti da ogni forma di legalizzazione o formalità analoghe” e le autorità pubbliche dovrebbero accettare “copie autentiche che siano rilasciate in altri Stati membri” (artt. 4 e 5).
In sostanza dovrebbe in tal modo superarsi il controllo del pubblico ufficiale nazionale: ad esempio in Italia non sarebbe più necessario il verbale di ricevimento dell’atto estero mediante rogito notarile.
Tale disciplina varrebbe per tutti gli atti pubblici?
La risposta è negativa.
L’ambito di applicazione del suddetto Regolamento (UE) sarebbe limitato a quei documenti rilasciati da una pubblica autorità aventi “valore probatorio ufficiale” in materia di: nascita, morte, nome, matrimonio e unione registrata, filiazione, adozione, residenza, cittadinanza e nazionalità, patrimonio immobiliare, status giuridico e rappresentanza di una società o altra impresa, diritti di proprietà intellettuale, assenza di precedenti penali.
Come si può vedere, si tratta di casi in cui si vuole semplificare le attività quotidiane del cittadino o dell’imprenditore europeo; casi in cui occorra accertare aspetti concernenti in generale la persona e in particolare l’identità dei cittadini dell’Unione.
Il che significa che non sarebbe automaticamente idoneo all’accettazione un atto di compravendita ma al contrario lo sarebbe un certificato di nascita o una procura.
Ai fini linguistici sono allegati alla proposta dei moduli standard di traduzione dell’atto che dovrebbero consentire il superamento delle difficoltà di traduzione.
Si tratta di modelli molto semplici in cui vanno indicati solo gli elementi essenziali dell’atto (luogo e data di stipula, identità delle parti) e nell’intenzione del legislatore europeo dovrebbero essere sufficienti a consentire la corretta circolazione degli atti pubblici.
Il problema di maggior rilievo va rintracciato nel fatto che la proposta non individua il valore probatorio di tali atti. Né è d’aiuto il precedente Regolamento (UE) n. 650/2012 che stabilisce che l’efficacia probatoria dell’atto pubblico debba essere determinata con riferimento alla legge dello Stato membro d’origine.
In Italia la forza dell’atto pubblico sta nel fatto che ai sensi dell’art. 2700 c.c. “fa piena prova fino a querela di falso” in ordine:
- alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato;
- alle dichiarazioni delle parti;
- ad altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.
Un atto pubblico proveniente da un qualunque altro paese Europeo quali effetti probatori dovrebbe produrre?
Al riguardo occorre sottolineare che non in tutti i paesi Europei l’atto pubblico è disciplinato alla stessa stregua del codice civile italiano. In Francia ad esempio, il Code Civil stabilisce una disciplina simile a quella italiana all’art. 1319 (“l’atto autentico fa piena fede”), ma senza le medesime precisazioni dell’art. 2700 c.c..
Il legislatore Europeo sta disciplinando solo delle materie “neutrali” in cui non dovrebbero sorgere (se non in via eccezionale) contrasti tra regole sistematiche degli Stati.
Non si intende, mediante tale Regolamento, risolvere le differenze tra sistemi giuridici dell’UE: ad esempio, non è oggetto della proposta stabilire quale sia il momento perfezionativo del contratto di compravendita, il quale risulta profondamente diverso all’interno degli Stati membri (consensus – traditio).
Il problema della circolazione dell’atto pubblico è di notevole complessità: l’atto è pubblico se rogato da un pubblico ufficiale (almeno in Italia) che “rappresenta” lo Stato. Occorre quindi ponderare le esigenze di flessibilità e semplificazione derivanti dal libero mercato con il valore pubblico dell’atto ovvero con il principio di sovranità territoriale.
Perché uno Stato dovrebbe consentire di far circolare, accettare o riconoscere taluni effetti probatori ad un atto rogato da un pubblico ufficiale di un altro Stato?
Il legislatore europeo ha scelto di trovare una soluzione al problema della circolazione nell’UE dell’atto pubblico mediante l’adozione di moduli “asettici”, sganciati qualunque legislazione nazionale: soluzione poco dignitosa per l’operatore giuridico ma senz’altro molto pratica.
Considerato che tale proposta una volta approvata avrà diretta applicazione negli Stati membri rappresenta un altro piccolo passo sulla strada dell’integrazione, dell’armonizzazione e della coesione giuridica Europea.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento