Al secondo diniego del trasferimento da Bologna a Bari, il Caporalmaggiore Di Luzio ha fatto ricorso al TAR di Bologna che con sentenza n.238/2012 le ha dato finalmente ragione, condannando anche il Ministero della Difesa al pagamento di 4000 euro per spese legali.
Proprio alla vigilia di Pasqua…la sorpresa!
Lo Stato Maggiore darà esecuzione alla sentenza del TAR e la mamma-caporale potrà riprendere a lavorare nella città dove vivono i suoi bambini.
La sua storia, dal punto di vista giuridico, era diventata “schizofrenica” : da un lato le norme che garantivano il rispetto della normativa sulla maternità che consente ai dipendenti pubblici di avvicinarsi alla sede di servizio per motivi familiari legati all’assistenza dei figli in tenera età; dall’altro l’Esercito che negava tale diritto ritenendo che tali norme non fossero applicabili al personale militare a meno che entrambi i genitori fossero dipendenti della Pubblica Amministrazione.
L’Esercito, nonostante il provvedimento cautelare che impone all’Amministrazione di sospendere l’esecuzione del provvedimento impugnato, fa appello al Consiglio di Stato sulla sospensiva che conferma l’orientamento del TAR anche nel merito, dando battaglia vinta su tutta la linea alla “prode” Marianna.
Questa sentenza segna un passo fondamentale nella battaglia per il riconoscimento della parità di tutti i dipendenti pubblici, militari compresi, nel rispetto delle norme a tutela della maternità e paternità.
Il Tar ha applicato l’art.1493 del nuovo Codice dell’ordinamento militare (entrato in vigore il 9 ottobre 2010) a norma del quale «Al personale militare femminile e maschile si applica, tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità».
E’ stata riconosciuta, quindi, la applicabilità della citata norma volta «alla tutela di valori afferenti la famiglia, l’assistenza e l’educazione dei minori» , anche nei riguardi del personale militare.
Il Tar ha inoltre precisato che «rientrando tale norma tra quelle dettate a tutela di valori costituzionalmente garantiti inerenti alla famiglia ed all’assistenza dei figli minori fino a tre anni d’età con i genitori impegnati nello svolgimento di un’attività lavorativa, non (si) può operare un’ingiustificata discriminazione tra dipendenti pubblici tale da configurare profili di dubbia costituzionalità, come preteso dall’amministrazione militare».
Qui il testo integrale della sentenza del Tar Bologna, n. 238 del 02/04/2012
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