Ebbene, ‘’il contratto preliminare di vendita è fonte per il promittente alienante di un’obbligazione primaria di dare, cioè di far acquistare al promissario acquirente la proprietà del bene promesso, e di un’obbligazione secondaria di facere, strumentale all’adempimento della precedente, consistente nell’acconsentire alla conclusione del contratto definitivo’’ (Cass., Sez. unite, n. 11624 del 2006). Pertanto, dalla qualificazione del preliminare come contratto la cui causa è il programma prestazionale finale, si ricava che: ‘’integra inadempimento del preliminare (o ritardo nell’adempimento delle obbligazioni assunte) non solo il rifiuto opposto da una delle parti alla stipula del definitivo, ma anche l’omissione di tutte le attività necessarie per rendere il risultato finale utilmente conseguibile’’. Per tali ragioni, in relazione all’inadempimento dell’obbligo di contrarre, il Legislatore ha previsto specifici rimedi. Il primo rimedio è disposto dall’art. 2932 c.c., rubricato ‘’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto’’, in base al quale: se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli ‘’stessi’’ effetti’’ del contratto non concluso (…). Un secondo rimedio, connesso al primo, lo si ritrova nella disciplina del risarcimento del danno per inadempimento o ritardo nell’adempimento delle obbligazioni assunte, ex art. 1223 c.c., rubricato ‘’risarcimento del danno’’, istituto secondo il quale: il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta. Trattasi nella specie di responsabilità contrattuale che comporta per legge il risarcimento di tutti i danni prevedibili al momento della stipula del contratto preliminare di compravendita.
La Suprema Corte di Cassazione, seconda Sezione civile, con una recente sentenza, n. 14988 del 7 settembre del 2012, afferma che: ‘’il destinatario di una promessa di vendita, ove la cosa sia gravata da vincoli reali della cui esistenza egli non sia stato edotto, può senz’altro esercitare, in luogo dell’azione di risoluzione del contratto per inadempimento, quella di esecuzione in forma specifica dell’obbligazione assunta dall’altra parte, ai sensi dell’art. 2932 c.c., nonché contestualmente la quanti minoris, in ragione della corrispondente diminuzione di valore del bene, oltre a richiedere il risarcimento dei danni’’. A dire della Corte, nel caso di specie: ‘’i venditori, che avevano garantito la libertà degli immobili da qualsiasi peso o vincolo, sono da ritenere inadempienti. Con la conseguenza che la questione circa la legittimità dell’interruzione dei pagamenti (da parte del promissario acquirente) rimane assorbita dalla statuizione con cui è stato disposto il trasferimento degli appartamenti ex art. 2932 c.c.’’. ‘’Nel trasferire la proprietà degli immobili si intende regolare correttamente il rapporto intercorso fra le parti in conformità e in attuazione delle pattuizioni negoziali, atteso che la sentenza costitutiva si sostituisce al contratto non concluso, dando efficacia al contratto preliminare’’.
Insomma, nella prassi si evidenzia una robusta tutela per il promissario acquirente, il quale, come abbiamo visto nel caso di specie!, dispone di un’azione ‘’allargata’’ di esatto adempimento.
…Il possibile ‘’comportamento scorretto’’ di una delle parti, in violazione del principio di buona fede, ha assunto una crescente importanza nell’attuale prassi giurisprudenziale in ragione di una precisa tendenza evolutiva del diritto privato e più in generale dell’ordinamento nel suo complesso.
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