Ormai, la stabilità di Renzi a palazzo Chigi ruota attorno a questo provvedimento, arrivato in primavera a palazzo Madama ma derubricato al rientro dalle vacanze estive per la sua natura di disegno di legge, e dunque slegato da termini di urgenza per la conversione, come i decreti.
Nonostante, insomma, le varie parti in causa abbiano avuto molto tempo per meditare sulla strategia da adoperare sul tema lavoro, dopo la rapida digestione del decreto dei mesi scorsi, sembra che tutti siano arrivati piuttosto impreparati all’appuntamento.
Oppure, sarà parte di un piano perfettamente orchestrato, per arrivare al muro contro muro e ottenere una posta più alta senza passare dalla concertazione? Non si spiega altrimenti, infatti, lo scontro che in questi giorni sta tenendo banco su tutti i media, tai tg alla stampa, tra il premier Matteo Renzi e il segretario della Cgil Susanna Camusso.
Al centro del contendere, è noto, l’articolo 18, che il governo vorrebbe sopprimere per i neo assunti, almeno entro i primi anni di lavoro, e che il sindacato, spalleggiato da una cospicua minoranza nel Pd, guidata da Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo e gli altri ex ds, cerca strenuamente di difendere.
L’emendamento incriminato
Come noto, la contesa è dovuta in relazione all’emendamento presentato dal governo all’articolo 4 del disegno di legge, quello in cui si parla di forme di contrattazione esistenti sul mercato.
Qui, il governo ha postulato l’introduzione del regime di subordinazione a tutele crescenti, con eliminazione della possibilità di reintegro in caos di licenziamenti senza giusta causa, tranne che per casi di discriminazione. Al suo posto, verrà prevista un’indennità economica da corrispondere fino a 24 mesi al lavoratore.
Altre novità
Altri aspetti presenti nel Jobs Act, ma meno discussi, riguardano alcune innovazioni come l’allargamento dei contratti di solidarietà anche alle piccole imprese sotto i 15 addetti, le novità in tema di maternità e di conciliazione dei tempi di lavoro, con l’opzione di cedere giornate ai colleghi a corto di permessi.
Ci sono, poi, nel testo in arrivo al Senato, misure come l’apertura al demansionamento del lavoratore, la riduzione dei paletti sui controlli a distanza, l’estensione del lavoro accessorio attraverso l’innalzamento dei limiti di reddito consentiti, ora a 5.050 euro netti l’anno. Resta immutata invece l’introduzione del compenso orario minimo.
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