Venerdì scorso, infatti, sono stati pubblicati in Gazzetta ufficiale i primi due decreti firmati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che inaugurano la legge sul lavoro voluta con tutte le forze dal premier Renzi e dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Insomma, si tratta solo della prima parte dei provvedimenti che dovranno realizzare il pacchetto Jobs Act: inizialmente, infatti, erano quattro i decreti licenziati dal Consiglio dei ministri dello scorso 20 febbraio, tra cui figuravano anche i due oggi in corso di effettività.
All’appello, insomma, mancano ancora il provvedimento sui precari – che dovrebbe mettere fuorilegge i contratti co.co.co a partire dal prossimo primo gennaio – e il nuovo percorso della maternità e del congedo parentale.
Ma la parte più attesa della nuova legge è realtà: si tratta, ovviamente, del Jobs Act relativo a nuovi contratti di lavoro, articolo 18 e licenziamenti, le materie che hanno generato il braccio di ferro dei mesi scorsi tra governo, sindacati e minoranze non allineate.
Contratto a tutele crescenti
E’ ora in vigore il nuovo contratto di lavoro definito “a tutele crescenti” non perché concede particolari agevolazioni ai lavoratori rispetto all’anzianità di servizio, come lascerebbe intendere il nome, ma semplicemente poiché, al progredire del rapporto di lavoro, aumenta l’entità dell’indennizzo che verrebbe corrisposto al lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo. A esserne coinvolti, i lavoratori neoassunti a tempo indeterminato nel settore privato come operai, impiegati o dirigenti. Esclusi, dunque, coloro che godono già di un contratto di lavoro senza scadenza e i dipendenti del settore pubblico.
Licenziamenti. Con il Jobs Act, si stabilisce che, per licenziamenti disciplinari ed economici adeguatamente comunicati, il giudice possa disporre essenzialmente l’erogazione di un’indennità non soggetta a contributi Inps, pari a due mensilità dell’ultimo stipendio per ogni anno lavorato, con un minimo di due e un massimo di 24.
Ciò non rimane valido per i licenziamenti discriminatori e intimati in forma orale, nonché i nulli: tutte fattispecie per cui la disciplina vigente rimane quella dell’articolo 18 post legge Fornero. Norma, quella del 2012, che viene invece abolita per le altre tipologie di licenziamento. Resta solo una possibilità per il lavoratore ingiustamente allontanato dal luogo di lavoro: dimostrare in aula l’insussistenza del fatto imputato, cosicché il giudice possa disporre il reintegro immediato.
Vai al testo definitivo del decreto sui nuovi contratti
La nuova Naspi
L’altro decreto entrato in vigore aggiorna le previsioni dell’assegno di disoccupazione, prevedendo di aver maturato non meno di tre mesi per periodo che va dal primo gennaio dell’anno solare antecedente al momento di interruzione del rapporto, con non meno di un mese lavorato nell’anno del licenziamento.
La Naspi è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni e si calcola con il 75 percento dello stipendio entro i 1195, dopodiché, per retribuzioni superiori, si aggiunge la somma pari al 25 per cento della differenza tra la retribuzione mensile e il predetto importo. Il massimo è di 78 settimane.
Dis-Coll. Nel decreto per la prima volta viene istituita un’indennità di disoccupazione per i precari a cui non sia stato rinnovato il contratto: viene corrisposta ogni 30 giorni per la metà dei mesi effettivamente lavorati, entro un massimo di sei mesi corrisposti.
Vai al testo definitivo del decreto sulla Naspi
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