Jobs Act: come cambia la legge Fornero con il piano lavoro di Renzi

Redazione 13/03/14
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Se ne è parlato tantissimo nei giorni scorsi e, infine, ieri sera, il Jobs Act di Matteo Renzi – o, almeno, la sua prima versione – ha visto finalmente la luce.

Nella sala stampa di palazzo Chigi, il premier ha intrattenuto i media nazionali per circa un’ora, illustrando tutte le novità del suo piano di stimolo all’economia. Dopo una panoramica generale, la partenza del suo discorso è stata proprio incentrata sulle novità inerenti il settore occupazionale.

Così, tra le ipotesi circolate nelle passate settimane, e le misure effettivamente messe in gioco dal governo, non sono mancate le differenze, ma, al tempo stesso, importanti sono state le conferme. Mentre, per le notizie che impazzano in queste ore, forse c’è bisogno di qualche appunto passato, ancora, sotto silenzio.

Innanzitutto, ieri in Consiglio dei ministri il governo, sul tema del lavoro, da una parte, ha approvato un decreto legge e, dall’altra, ha posto all’attenzione del Parlamento un disegno di legge. Oltre a ciò, infine, il presidente del Consiglio si è riservato di fare alcuni annunci per ulteriori misure al momento, però, escluse da entrambi i provvedimenti licenziati.

Partendo proprio da queste ultime, l’annuncio che ha ottenuto più eco dalla conferenza id ieri, i 1000 euro in più in busta paga a partire da maggio, non trovano riscontro in nessuno dei due testi usciti dalla riunione del governo. Ciò che si sa in merito, dunque, è essenzialmente il proclama del premier, che ha confermato per la primavera il taglio delle tasse sul lavoro fino ai 25mila euro lordi, ossia entro i 1500 euro al mese. Si tratta di una platea che, ha ricordato Renzi, arriverebbe a dieci milioni di persone, tra dipendenti o assimilati.

Allo stesso modo, legato al comparto produttivo, ma finora esclusivamente nel novero degli annunci, è l’aumento della tassazione sulle rendite dal 20 al 26%, con riduzione dell’Irap del 10% alle imprese. Secondo gli esperti, l’aumento delle imposte sui conti in deposito potrebbe generare il fuggi fuggi verso l’estero dei capitali. Da ultimo, sempre in ambito industriale, è stata confermata, ma esclusa dai provvedimenti presentati, la riduzione del 10% alle bollette energetiche per le piccole medie imprese.

All’opposto, invece, ecco quali sono gli interventi che diventeranno effettivi non appena il decreto in cui sono stati inseriti verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Sul fronte dei contratti, sparito il contratto unico di assunzione su cui si vociferava, mentre si è avviato un rinnovamento dei rapporti a termine che consente i contratti a termine senza causale entro il massimo di 36 mesi rispetto agli attuali 12. Viene meno anche il periodo di intervallo – già sensibilmente ridotto negli ultimi anni – tra un contratto e l’altro; di contro, viene messo un tetto all’applicazione dei contratti in scadenza, che non potranno superare il 20% della forza lavoro impiegata. Novità importanti anche sul fronte dell’apprendistato, che introduce il ricorso alla forma scritta per il solo contratto e patto di prova; salta, infine, il minimo di assunzioni per l’applicazione di nuovi apprendistati

Arriviamo, infine, al disegno di legge, che impegnerà il Parlamento nei prossimi mesi per l’entrata in vigore di alcune riforme strutturali, sempre rivolte al comparto lavorativo. E’ il caso, ad esempio, della Naspi, la nuova indennità di disoccupazione che dovrebbe sostituire il sussidio introdotto dalla legge Fornero del 2012, che tenga conto anche del valore aggiornato dell’Isee. In tal senso, il governo ha sei mesi di tempo per esercitare la delega in materia affidata dal ddl. Confermato lo stop completo a fine 2016 per la cassa integrazione straordinaria. Quindi, sempre nei contorni della legge delega, si sono poste le basi per la creazione dell’Agenzia nazionale per l’occupazione.

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