Jobs Act: ammortizzatori sociali e fondi di solidarietà ampliati, per chi?

Redazione 29/09/15
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Con il decreto legislativo n. 148 del 2015, attuativo del Jobs Act, è ufficialmente partita la riforma degli ammortizzatori sociali. Si allarga così la platea dei datori di lavoro interessati dai fondi di solidarietà e le novità che si annunciano sono diverse. Il provvedimento, adottato in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183, pubblicato in Gazzetta ufficiale n.221 del 23 settembre scorso, è ufficialmente in vigore dal giorno successivo e sancisce l’istituzione dei fondi per i datori di lavoro che occupano in media più di 5 dipendenti, a decorrere dal 2016.

La funzione dei fondi di solidarietà è una funzione di garanzia onde assicurare adeguate forme di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro ai datori di lavoro nei cui confronti non viene applicata la disciplina della cassa integrazione. Nel periodo della crisi, questi datori di lavoro hanno dovuto ricorrere agli ammortizzatori in deroga introdotti allo scadere del 2008 con le annesse problematiche derivanti dalla parcellazione delle regole applicative regionali, oltre che dalla copertura economica.

Tra le recenti novità introdotte con il D.Lgs. n.148/2015 sono previsti fondi per l’erogazione delle prestazioni: due modelli di solidarietà bilaterale, che sono tra loro alternativi, e un altro invece residuale, istituito per permettere ai datori di lavoro per cui non esiste un fondo di solidarietà bilaterale di svolgere finalità analoghe.

Il primo modello di fondo di solidarietà bilaterale previsto coincide con quello costituito su iniziativa delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali che risultano comparativamente più rappresentative su scala nazionale. Questi fondi nascono per assicurare una tutela ai lavoratori in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa e per le cause previste nei settori, oltre che a quei datori di lavoro non coperti nei casi in cui si verificano delle causali da cui sono scaturiti gli eventi.

I medesimi fondi possono inoltre prevedere prestazioni per i datori di lavoro che, o per dimensione o per settore, sono già coperti dai normali ammortizzatori sociali. Quelli che invece risultano già esistenti secondo le regole sancite dall’articolo 3 della legge n. 92/2012 dovranno adeguarsi alla nuova disciplina entro la fine dell’anno. In caso contrario, i datori di lavoro che occupano più di 5 lavoratori, a decorrere dal 2016, confluiscono automaticamente nel nuovo fondo di solidarietà di integrazione salariale.

Ai suddetti fondi, istituiti presso l’Inps con apposito decreto ministeriale entro 90 giorni dagli accordi, devono iscriversi i datori di lavoro individuati dagli accordi in termini di soglie dimensionali e settori. Requisito basilare ai fini dei controlli atti a determinare l’obbligo di iscrizione è il numero dei lavoratori. A tale scopo bisogna riferirsi alla media dei lavoratori del semestre precedente, calcolando anche gli apprendisti. Per i nuovi datori di lavoro, invece, la forza viene verificata allo scadere del primo mese.

Il finanziamento dei fondi viene assicurato da contributi, nella misura stabilita dal decreto ministeriale istitutivo, e sono posti per due terzi a carico del datore di lavoro e per un terzo a carico del lavoratore. E’ previsto, infine, un contributo addizionale a carico dei datori di lavoro che ricorrono alle prestazioni.

In merito al secondo modello, i fondi di solidarietà alternativi, si tratta appunto di fondi alternativi al primo modello. Tali fondi devono garantire ai lavoratori prestazioni in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa in costanza di rapporto di lavoro per le cause previste in materia di integrazione salariale. La contribuzione ordinaria, che decorrerà dal 2016, è pari allo 0,45% dell’imponibile ai fini previdenziali ed è ripartita tra datore di lavoro e lavoratore secondo quanto scritto negli accordi.

Qualora i fondi di solidarietà bilaterale non risultino attivati, per i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti e per i quali non si applicano gli ammortizzatori sociali ordinari e straordinari, opera il fondo di solidarietà residuale. Rimane l’obbligo per i datori di lavoro di versare la contribuzione per permettere l’accesso a prestazioni in caso di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro; sono però introdotte anche alcune novità.

Dal 2016 il fondo di solidarietà residuale assumerà una nuova denominazione diventando il fondo di integrazione salariale. Nel merito, verranno modificate alcune regole, in particolare l’allargamento di alcune prestazioni anche ai datori di lavoro che occupano mediamente oltre 5 e fino a 15 lavoratori non coperti in precedenza dai fondi di solidarietà.

I contributi ordinari per il finanziamento del fondo sono: per datori di lavoro che occupano più di 15 lavoratori lo 0,65% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali ( di cui due terzi a carico del datore di lavoro e un terzo del lavoratore); per datori di lavoro che occupano più di 5 e fino 15 lavoratori lo 0,45% della retribuzione imponibile (di cui due terzi a carico del datore di lavoro e un terzo del lavoratore); per tutti i datori di lavoro, invece, il 4%.

E’ infine dovuta una contribuzione addizionale nel caso di fruizione della prestazione pari al 4% della retribuzione persa . Sui contributi dovuti non possono essere applicati sgravi o altre agevolazioni.

Redazione

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