Dopo anni di vuoto, il legislatore ha finalmente inteso colmare la lacuna normativa esistente in materia di attività inventiva del lavoratore autonomo estendendo espressamente anche a tale categoria di lavoratori il principio secondo cui il committente acquista l’opera commissionata a titolo originario, mentre il lavoratore rimane titolare di tutti i diritti sui risultati della propria attività inventiva che non sia stata oggetto del contratto di lavoro.
Con la legge 22 maggio 2017 è infatti entrata in vigore la norma che prevede come “Salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata, i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e a invenzioni realizzate nell’esecuzione del contratto stesso spettano al lavoratore autonomo, secondo le disposizioni di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633 (c.d. legge sul diritto d’autore), e al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30” (cfr. art. 4 della legge menzionata).
Sebbene la norma codifichi un principio già condiviso, la sua formulazione appare in alcuni punti infelice; l’adozione dell’espressione “apporti originali”, infatti, potrebbe dar luogo a problemi applicativi, in quanto espressione di carattere atecnico nella cui definizione non è chiaro se rientrino le sole opere dell’ingegno protette dalla legge sul diritto d’autore oppure anche apporti intellettuali di tipo diverso.
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