Interruzione gravidanza minori: la 194 al vaglio della Consulta

Scarica PDF Stampa
Lo sguardo dei giudici è ancora una volta rivolto a questo tema, tanto delicato quanto complesso: quello dell’aborto e delle problematiche legato ad esso.

Da una parte il diritto di una donna a ricorrere ad esso, dall’altro il diritto alla vita e alla salvaguardia dell’integrità umana.

Esigenze, questioni, problematiche che è difficile affrontare senza il rischio di cadere in falsi e facili moralismi.

Preferisco, pertanto per questa volta, soffermarmi sul tema con un occhio che sia più di osservatrice, di giurista che di donna…

Tra pochi giorni approderà sul tavolo dei giudici Supremi la tanto famigerata “legge sull’aborto”.

Il richiamo di attenzione su questo argomento deriva da una vicenda che vede come protagonista una ragazza minorenne di Spoleto che si è rivolta ad un consultorio per manifestare la sua volontà di abortire, senza per altro coinvolgere in questa sua importante decisione i suoi genitori.

La ragazza aveva motivato questa sua scelta sulla base della convinzione “di non essere in grado di crescere un figlio, né di essere disposta ad accogliere un evento che le avrebbe di certo stravolto la vita”.

La legge 194 afferma un principio generale importante: “se la donna è minore di diciotto anni, per l’interruzione della gravidanza è richiesto l’assenso di chi esercita la potestà o la tutela” (articolo 12).

Tuttavia, la legge afferma che: “Nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui all’articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera”. E il giudice tutelare, “entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere l’interruzione della gravidanza”.

Nel caso di specie, il giudice di Spoleto, dinanzi a questa vicenda, ha presentato ricorso alla Consulta richiamando anche una sentenza della Corte di Giustizia Europea relativa alla nozione di embrione umano.

Secondo i giudici comunitari la facoltà prevista dall‘articolo 4 della legge 194 di procedere volontariamente all’interruzione della gravidanza entro i primi 90 giorni dal concepimento comporta «l’inevitabile risultato della distruzione di quell’embrione umano che è stato riconosciuto quale soggetto da tutelarsi in modo assoluto».

Proprio in conseguenza di questa sentenza l’articolo 4 della legge 194 si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali della nostra Costituzione ed in particolare con quelli della tutela dei diritti inviolabili dell’uomo (articolo 2) e del diritto fondamentale alla salute dell’individuo (articolo 32 primo comma della Costituzione).

Altre obiezioni sono state formulate dal giudice con riferimento agli articoli 11 (cooperazione internazionale) e 117 (diritto all’assistenza sanitaria e ospedaliera) della Costituzione.

Non resta che attendere il prossimo 20 giugno per scoprire quale sarà l’esito della Corte!

Resta di certo, a mio avviso, una problematica aperta legata non tanto all’aborto in sé quanto più che altro all’elevato numero di aborti di ragazze minorenni che cresce a dismisura… segno a mio avviso di una società che in un tema così delicato e importante resta, molto spesso, spettatrice!

Concedetemi, di spendere qualche parola sul punto, senza mi auguro cadere in quel banale moralismo di cui parlavo!

Il mio richiamo non va solamente alla scarsa informazione che può provenire dall’esterno: internet, televisione, libri….. quanto, mi soffermerei a quella interna, a quella informazione legata al rapporto genitori -figli.

Non voglio generalizzare, perché per fortuna il mondo è pieno di famiglie “sane”, unite, di famiglie che pongono alla base del rapporto genitori-figli oltre ovviamente all’affetto, un elemento che secondo me costituisce l’essenza stessa di un’unione familiare, ossia il dialogo…

Vorrei solo soffermare lo sguardo su quelle famiglie all’interno delle quali quel rapporto va frantumandosi, vuoi perché si vive una vita frenetica, vuoi perché determinati argomenti si lascia che i figli li comprendano da soli, senza guida, senza spiegazioni, vuoi perché al giorno d’oggi, si lascia molto in mano alla “conoscenza per via telematica”… ma certe cose, a mio avviso, le più importanti, le più delicate, devono restare relegate in una sfera a parte, quella che attiene al rapporto personale tra genitori e figli.

 

Cristina Iemulo

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento