Negli ultimi tempi, però, le nostre autovetture hanno visto aumentare in maniera significativa la presenza di dispositivi elettronici. Grazie alla tecnologia messa al servizio degli automobilisti, oggi possiamo contare su sistemi di guida assistita, radar anticollisione e addirittura allarmi automatici che ci avvisano di mantenere l’attenzione alla guida nel caso in cui il nostro sguardo si allontanasse troppo a lungo dalla strada, impedendoci anche di incorrere nei pericolosissimi colpi di sonno.
Strumenti utilissimi, che hanno però lo svantaggio di relegare sempre più la componente umana in secondo piano, con la prospettiva di renderci quasi esclusivamente dei passeggeri delle nostre autovetture… anche se ci troviamo alla guida.
In tale contesto appare inverosimile che non si sia rivolta quasi nessuna attenzione all’implementazione generalizzata di un ulteriore dispositivo di fondamentale importanza, in particolare in caso di incidente stradale.
Sto parlando delle cosiddette dashcam, le piccole telecamere posizionabili sul parabrezza dell’autovettura (se non anche sul lunotto posteriore o lungo le fiancate) in grado di registrare quanto accade all’esterno mentre l’auto è in movimento, in modo costante, memorizzando all’occorrenza i filmati che possono essere utili, in particolare in caso di incidente o di danneggiamento del mezzo mentre è in sosta.
E’ facilmente immaginabile la fondamentale importanza di queste riprese di fronte ad un giudice o anche soltanto in fase di richiesta di risarcimento stragiudiziale, visto che possono consentire di ricostruire in maniera dettagliata la dinamica del sinistro, così da stabilire in modo inequivocabile la ripartizione delle responsabilità tra i soggetti coinvolti e supportare la legittimità della relativa istanza risarcitoria.
Parliamo di un dispositivo relativamente molto più semplice della maggior parte dei componenti elettronici attualmente di serie anche nella più economica delle utilitarie, che però i principali costruttori non hanno mai implementato su larga scala.
Solo le ipertecnologiche vetture elettriche (Tesla in primis) prevedono di serie un sistema di telecamere attive, ma parliamo di una fetta di mercato, per quanto in crescita, molto marginale.
Certo, esistono soluzioni “aftermarket” che consentono di dotare la propria auto di una dashcam in modo semplice e con una spesa di poche centinaia di euro, ma è chiaro che soltanto una alta diffusione di questi dispositivi tra i veicoli circolanti consentirebbe di sfruttarne in modo efficiente tutti i vantaggi, diffusione che solo una dotazione di serie sarebbe in grado di garantire.
Basta immaginare il caso di un incidente avvenuto su una strada dove, oltre ai veicoli coinvolti, si trovano a transitare altre autovetture. Ebbene, se fosse possibile mettere a disposizione delle forze dell’ordine e delle compagnie assicuratrici non soltanto i video registrati della auto incidentate, ma anche quelli di tutti gli altri mezzi che si trovavano su quella strada in quel momento, sarebbe possibile ricostruire perfettamente la dinamica del sinistro.
Perché non si investe in questa tecnologia? Perché, se i produttori ne hanno la possibilità, non si montano in tutte le auto questi sistemi?
Crescono, invece, il numero di autovetture sulle quali le compagnie assicurative impongono di montare sistemi di monitoraggio satellitare (le cosiddette “blackbox”) che gli automobilisti, invogliati da sconti spesso risibili sul premio, accettano di buon grado e, anzi, considerano un vantaggio in termini di sicurezza.
Parliamo di dispositivi in grado di rilevare costantemente la posizione dell’auto, monitorando velocità e abitudini di guida, dati che sono a disposizione delle compagnie (ed esclusivamente a loro) in particolare in caso di sinistro, al fine di stabilire l’eventuale responsabilità del conducente.
Perché non sono le stesse compagnie ad investire nelle dashcam, invece che nelle blackbox? Di certo, se loro non hanno interesse, sarebbe il caso che gli automobilisti si rendessero finalmente conto dell’utilità di questo strumento.
(Foto di copertina: iStock/dimarik)
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