Tante primavere hanno finito per risvegliare anche i giovani italiani, che temono la precarietà della vita e il rischio, serio, di essere inclusi in un sistema che non gli appartiene.
E’ la protesta degli “indignados“, l’urlo del 15 maggio dei senza futuro di Madrid, che ha ora raggiunto l’Italia.
I network, ancora di più che le piazze, hanno superato ogni confine, mettendo in comunicazione milioni di giovani e non. Gli scartafacci non destinati alla divulgazione, con twitter, facebook … emergono in una ribellione collettiva. Sono di diversa nazione gli indignati, ma uguali nella speranza.
Nelle democrazie, i politici, per una scelta di fiducia, hanno il dovere di ascoltare, e risolvere, i problemi della gente. Se la fiducia viene tradita da sordi cronici, gli inascoltati cominciano a parlare la lingua della ribellione.
Si tratta di una passione creativa, che può contenere proposte di buon senso, oppure suggestioni populiste.
In ogni caso, tutto concorre a scuotere chi non vuol sentire.
Le autentiche rivoluzioni non dovrebbero conoscere battute d’arresto, dovendosi nutrire di indignazione costante.
Credo che, per uscire fuori dalla bassa attualità, il rimedio sia questo: bisogna fare, subito, uno scatto verso la democrazia, altrimenti la vita procede secondo gli orditi dei potenti, passando sopra il popolo che non la possiede più.
Di mio, per il momento, posso dire solo questo.
Anzi, posso fare di più: ricordare le idee di chi queste cose le ha pensate bene.
“L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?” (Antonio Gramsci, Indifferenti, 1917).
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