Ad una ragazza in coma vegetativo permanente da diciassette anni viene rifiutata dalla Regione la disponibilità di una struttura per il distacco del sondino naso-gastrico che la alimentava e la idratava artificialmente nonostante l’autorizzazione rilasciata dalla Corte d’Appello di Milano.
Il padre chiede il risarcimento dei danni derivanti da una serie di provvedimenti della Regione Lombardia che sono stati successivamente annullati dal TAR e dal Consiglio di Stato, e fa ricorso sia per suo conto, sia come tutore della figlia, ormai deceduta.
La Regione Lombardia chiede che tale ricorso sia dichiarato inammissibile in quanto presentato dal ricorrente in qualità di tutore della figlia deceduta.
Il TAR per la Lombardia accoglie il ricorso del padre per il risarcimento del danno, condanna la Regione Lombardia al pagamento di 160.000,00 euro e spiega che:
– il padre non poteva presentare la domanda per conto della figlia, come suo tutore, dal momento che tale tutela era cessata con la morte della ragazza; tuttavia, poichè il ricorso è stato presentato anche in qualità di padre questo è sicuramente ammissibile alla valutazione del Giudice;
– ciò che costituisce responsabilità per la Pubblica amministrazione (diversamente da quanto accade per fatto illecito tra privati), è: 1) l’elemento oggettivo (il fatto, l’ingiustizia), 2) l’elemento soggettivo (la colpevolezza), 3) il nesso di causalità (il collegamento tra il fatto ed il comportamento colpevole); 4) ed il danno ingiusto conseguentemente subito ;
– nel caso in esame sono presenti sia l’elemento oggettivo, sia quello soggettivo. Il TAR ricorda che la Regione ha, prima, ignorato il decreto della Corte d’Appello che le imponeva di provvedere alla rimozione del sondino che alimentava e idratava artificialmente la ragazza, e poi ha disatteso la sentenza del TAR che annullava il provvedimento della Direzione generale sanità che negava il ricovero alla giovane donna. Inoltre esiste anche il nesso di causalità visto che il mancato rispetto delle sentenze sopra citate ha comportato il protrarsi dello stato vegetativo della ragazza contro la sua volontà con tutte le conseguenze del caso, in violazione del suoi diritti fondamentali di autodeterminazione e di rifiuto delle cure;
– la Regione Lombardia deve essere quindi condannata al risarcimento dei danni patrimoniali, per le spese inerenti la degenza, dei danni non patrimoniali, per la lesione del rapporto parentale, poiché non è ammissibile che lo Stato consenta ai suoi organi ed enti, come la Regione Lombardia, di ignorare le sue leggi e l’autorità dei suoi tribunali perché questo comporterebbe la rottura insanabile dell’ordine costituzionale. Né la Regione Lombardia può invocare motivi di coscienza perché solo gli individui hanno una “coscienza” mentre la coscienza” delle istituzioni è costituita dalle leggi che le regolano.
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