La perdita di radiazioni e le evacuazioni di massa hanno rafforzato il terrore nell’opinione pubblica sulle centrali, fino ad arrivare al punto che tutte le unità fermate per le verifiche di routine non sono più ripartite, a causa delle forti resistenze registrate tra le comunità locali. L’attività dell’ultimo reattore rimasto in azione è stata arrestata il 5 maggio scorso.
La normativa giapponese prescrive, da molto tempo a questa parte, che ogni centrale nucleare debba ordinariamente essere fermata per un periodo di 13 mesi ( strettamente necessari ai controlli ed alle manutenzioni di routine ).
Effettuate le opportune verifiche, spetta ad un’apposita AUTHORITY SULLA SICUREZZA NUCLEARE riavviare il processo amministrativo per la rimessa in funzione delle singole centrali. Tale processo prevede, però, che la riattivazione di questi reattori venga preceduta dal consenso degli Enti locali (una sorta dei nostri Comuni e Prefetture ) che ospitano l’impianto revisionato. Finora, nessuno di tali Enti ha concesso alcuna approvazione: neppure in quelle zone a forte vocazione nucleare, come la prefettura di Fukui ( denominata “ il cuore atomico del Giappone “, munita di ben 14 reattori su una superficie non più vasta di quella della città di Roma ).
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