Ripercorriamo brevemente la vicenda per come si è evoluta negli ultimi giorni: tutto deriva dalla decisione del Tar che, esaminando la sospensiva sul decreto che modificava i criteri per il pagamento dell’imposta nei Comuni di montagna, aveva deciso di annullare il blocco al pagamento.
Dunque, a rigore di logica, in un primo momento era apparso evidente il ritorno in vigore della precedente disposizione, che obbligava il pagamento per i territori i cui centri municipali si trovassero al di sopra dei 601 metri di altitudine, così come le modifiche apposte dal governo a fine 2014 stabilivano.
E invece, a ruota della pronuncia del Tribunale amministrativo, si è scoperto che, in realtà, la data per il pagamento sarebbe slittata almeno fino al prossimo 4 febbraio, quando sarebbe finita sul tavolo dei giudici una nuova sospensiva al decreto, anch’essa in grado di congelare gli obblighi di saldo da parte dei contribuenti.
Dunque, un caos in piena regola, a cui ci si attendeva, il governo avrebbe posto rimedio in fretta. Senonché, nel pomeriggio di giovedì l’esecutivo, visti gli impegni di Renzi – a Firenze per la visita di Angela Merkel – e di altri ministri, si era visto costretto a rinviare ulteriormente il Consiglio dei ministri, nel quale erano già annunciate le urgenti misure anti terrorismo. La data fissata per la presentazione dei nuovi provvedimenti da parte del governo è quella di mercoledì 28, cioè dopodomani.
Cosa è cambiato venerdì
Poi, venerdì pomeriggio, il colpo di scena: forse in un Consiglio dei ministri via conference, con i vari esponenti del governo, Renzi incluso, collegati da diverse località, si è definita l’esenzione totale per 3456 Comuni, mentre per 655 sarebbe solo parziale.
La decisione è arrivata, dunque, in tutta fretta nella tarda giornata di venerdì, dopo l’ennesimo appello, promosso anche da parlamentari dello stesso Pd, a rivedere immediatamente i criteri di pagamento, per salvare i contribuenti, colpiti a ridosso della scadenza da un nuovo onere, ritenuto ingiusto anche dall’Anci.
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