Impatriati, regime agevolato non si applica alle imprese italiane all’estero

Esclusa l’agevolazione fiscale sugli impatriati (art. 16, co. 1, del D.Lgs. n. 147/2015) ai redditi erogati al dipendente estero assunto in Italia che per la maggior parte del 2020 ha svolto l’attività lavorativa in “smartworking” nel suo Paese. Tali redditi, infatti, non si possono considerare prodotti nel territorio dello Stato. Di conseguenza, per il periodo di imposta 2020, l’attività lavorativa non è stata svolta prevalentemente in Italia come prevede la normativa.

Si tratta di uno dei chiarimenti forniti dall’Agenzia con la Risposta n. 621 del 23 settembre 2021. In particolare, l’istante ha chiesto se per il lavoratore estero dipendente della sua società che nel corso del 2020 ha lavorato in remoto all’estero più di 184 giorni, il reddito relativo ai giorni di lavoro svolti nei Paesi Bassi si possa considerare reddito prodotto in Italia, circostanza che consentirebbe la fruizione dell’agevolazione nonostante il mancato rispetto del requisito della prevalenza dell’attività svolta in Italia. È stato chiesto, inoltre, nel caso in cui il reddito fosse imponibile nel Paese estero, se il dipendente, effettivamente residente in Italia in base all’art. 2 del TUIR, possa fruire del credito per le imposte estere, anche in caso di applicazione del regime degli impatriati.

Impatriati, agevolazioni fiscali valgono anche per smart working

Regime agevolato impatriati: cosa prevede

L’Agenzia, ricorda la disciplina sui lavoratori impatriati che prevede una tassazione di favore per i redditi dei professionisti che rientrano in Italia (articolo 16 del Dlgs n. 147/2015).

Si tratta di un regime di tassazione agevolata temporaneo, riconosciuto ai lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia. Esso è applicabile quando sussistono due presupposti:

  • il lavoratore non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni
  • l’attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano.

Per i contribuenti che si trovano in tali condizioni, nel periodo d’imposta in cui la residenza viene trasferita e nei successivi 4, il reddito di lavoro dipendente (o a esso assimilato) e di lavoro autonomo prodotto in Italia concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% dell’ammontare ovvero al 10% se la residenza è presa in una delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.

I benefici si applicano per altri cinque periodi d’imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico e a quelli che diventano proprietari di almeno un’unità immobiliare residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti. Per il periodo di prolungamento, i redditi agevolati concorrono alla formazione dell’imponibile per il 50% del loro ammontare ovvero per il 10% in caso di lavoratori con almeno tre figli minorenni o a carico.

Scarica la Risposta n. 621 del 23 settembre 2021

Regime agevolato impatriati: requisito dell’attività lavorativa

Ai fini del requisito dell’attività lavorativa è necessario che:

  • sia svolta prevalentemente nel territorio dello Stato;
  • sia verificato rispetto a ciascun periodo d’imposta e risulti soddisfatto se l’attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’anno.

Fatta questa premessa, l’Agenzia chiarisce che per “luogo di prestazione” dell’attività lavorativa, nella particolare ipotesi dello smartworking, rileva il luogo dove il lavoratore dipendente è fisicamente presente quando esercita le attività per cui è remunerato.

Nel caso in esame, quindi, considerato che i redditi non sono stati prodotti nel territorio dello Stato e che per il periodo di imposta 2020 il lavoro è stato svolto prevalentemente all’estero, i redditi del dipendente non potranno beneficiare dello sconto previsto dal regime sugli impatriati.

“Impatriati”: come prolungare l’utilizzo dell’opzione

Regime agevolato impatriati: imposizione fiscale

Con riferimento al secondo quesito, l’Agenzia precisa che, se il reddito in esame derivante dall’attività di lavoro dipendente prestato all’estero (Olanda) si deve assoggettare a imposizione in tale Paese in base alla Convenzione contro le doppie imposizioni, il contribuente, considerato fiscalmente residente in Italia secondo le previsioni dell’articolo 2 del Tuir, potrà fruire del credito per le imposte estere nei limiti e alle condizioni previste nell’articolo 165 del Tuir.

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Daniele Bonaddio

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