Accade di frequente che morta una persona la sua vita virtuale prosegui prescindendo da quella fisica. Gli studi sociologici contemporanei dimostrano come oggi si possa parlare di un’identità virtuale e dunque di una vita virtuale scissa da quella reale.
La vita sul web non può che essere indipendente da quella naturale in primo luogo perché non è rappresentativa di tutto ciò che ci coinvolge nella realtà, in secondo luogo perché essa sfugge al nostro controllo ed alla nostra volontà seguendo le logiche e gli sviluppi degli algoritmi di internet.
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Profili social: cosa accade dopo la morte?
Se tale fenomeno pone nuove sfide per la gestione della propria vita virtuale durante la propria vita naturale occorre interrogarsi su cosa accada una volta che la persona muoia.
A dimostrazione di quanto sia delicato e attuale ciò di cui si sta parlando basta pensare a quanti sono i messaggi di condoglianze che affollano le bacheche dei profili Facebook di chi ci lascia; o ancora ai profili e le pagine di chi muore che spesso non vengono chiuse dai parenti come se attraverso di esse la persona continuasse a vivere almeno virtualmente; o ancora agli amici del defunto che anche a distanza di anni dalla morte di quest’ultimo continuano ad avere immagini del profilo che li raffigurano in sua compagnia.
Tali usi pongono delle problematiche non solo sociologiche ma anche giuridiche.
Le domande a cui si proverà a rispondere sono: esiste un interesse di chi muore alla “cancellazione della sua persona” dalla comunità virtuale? Esiste un interesse dei parenti di chi scompare a tale cancellazione?
Ragionevolmente nei casi concreti tali interessi possono sussistere così come potrebbero sorgere gli opposti interessi del de cuius o dei suoi parenti a mantenere in vita la sua esistenza virtuale (ma non è questa la sede per occuparsi di tale differente problematica).
Strumenti giuridici posti dall’ordinamento per la cancellazione dal web
Il problema allora sta nel capire se esistono strumenti giuridici posti dall’ordinamento a tutela dell’interesse alla cancellazione dal web. A tal fine occorre innanzitutto esaminare le caratteristiche di tale interesse.
Probabilmente quest’ultimo ha normalmente carattere non patrimoniale ma può ben darsi il caso in cui abbia anche un riflesso patrimoniale (tuttavia si precisa non essere questa la sede per approfondire questa diversa tematica). Si pensi al caso in cui il de cuius sia una persona di particolare fama che lasci una pagina Facebook, video su YouTube etc. particolarmente remunerativi: da questo punto di vista il codice civile ci aiuta essendo ben disciplinati gli aspetti patrimoniali della successione mortis causa.
L’Interesse alla cancellazione dei propri dati dal web ha natura patrimoniale?
L’interesse alla cancellazione dei propri dati dal web avrebbe quindi carattere non patrimoniale perché nasce da un’esigenza morale e non economica della persona. Se è vero che tale interesse ha rilevanza giuridica forse potrebbe ricondursi alla categoria dei diritti della personalità come il diritto al nome o d’immagine. Proprio il paragone con il diritto d’immagine appare pertinente avendo quest’ultimo come l’interesse alla cancellazione dal web un’eventuale rilevanza economica (come detto poco più su).
Avendo natura non patrimoniale tale interesse potrebbe essere oggetto di disposizioni testamentarie ai sensi dell’art. 587 c.c..
In linea teorica quindi il problema della gestione post mortem dell’identità virtuale del defunto potrebbe risolversi a mezzo di espresse disposizioni per testamento.
Quale sorti subirà il profilo Facebook?
Tuttavia se il de cuius muore senza aver fatto testamento quali devono essere le sorti ad esempio del suo profilo Facebook?
Il codice civile non offre particolari chiarimenti al riguardo: il legislatore in assenza di testamento si preoccupa solo di disciplinare le sorti del patrimonio del de cuius non i rapporti di natura personale. Un aiuto lo offrono forse le norme in materia di diritto d’autore: gli aspetti patrimoniali di quest’ultimo seguono una speciale disciplina, il diritto morale d’autore invece si trasmette iure proprio ai parenti più stretti del defunto. Ciò significa che gli interessi morali dell’autore di un’opera al riconoscimento e alla tutela della paternità e dell’integrità della stessa (non dunque l’interesse al suo sfruttamento economico) si trasmettono ai parenti più stretti non perché questi succedano al de cuius ma perché tali interessi appartengono loro di diritto.
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Non essendo molte le norme che si occupano della trasmissibilità mortis causa degli interessi non patrimoniali del de cuius si ritiene che la disciplina del c.d. diritto morale d’autore si possa adattare anche all’interesse che il defunto ha alla cancellazione dal web: in assenza di testamento contenente indicazioni circa le sorti dei propri account ben potrebbe ammettersi che tale interesse si trasmetta in automatico ai parenti più stretti del de cuius. Se si trasmette l’interesse che quest’ultimo ha all’essere riconosciuto come autore di un’opera non si vede perché non debba riconoscersi il medesimo meccanismo all’interesse ben più rilevante a quella che potrebbe definirsi morte virtuale.
Secondo tale ricostruzione quindi è vero che sarebbero interessi disponibili per testamento ma è altrettanto vero che se si trasmettono automaticamente ai parenti più stretti del de cuius quest’ultimo ne avrebbe una disponibilità limitata. Tuttavia il testatore può facilitarne la gestione: qualunque account per il suo controllo necessita di password. Al riguardo si parla di legato c.d. di password con il quale è possibile lasciare per testamento la password ad un parente ed in aggiunta delle istruzioni per la gestione degli account.
Se tale ricostruzione è corretta l’interesse del de cuius dovrebbe trasmettersi ai parenti più stretti ovvero al coniuge e ai figli. Tale criterio permette di comporre almeno in parte eventuali conflitti tra parenti circa le sorti della vita virtuale del deceduto.
Tuttavia cosa accade nel caso in cui in assenza di indicazioni testamentarie circa la cancellazione o meno dal web da parte del de cuius sorga un conflitto tra coniuge e figli sulla cancellazione (voluta ad esempio dal coniuge e non dai figli)? Oppure nel caso in cui sorga il medesimo conflitto tra il coniuge, i figli e uno dei genitori del defunto, il quale essendo pur sempre il genitore perché non dovrebbe essere titolare di un interesse tutelabile? Oppure nel caso in cui il de cuius abbia disposto per testamento la cancellazione di tutti i suoi account e i parenti vogliano invece lasciarlo virtualmente in vita?
A tali domande in questa sede non possono offrirsi idonee risposte giuridiche. Ad ogni modo si può accennare che nell’ultimo dei casi proposti sarebbe opportuno che il testatore nomini un esecutore testamentario che garantisca la corretta esecuzione delle sue volontà relative alla sua vita virtuale dovendosi riconoscere la prevalenza dell’interesse del defunto su quello dei suoi parenti anche se destinatari post mortem del suo interesse alla cancellazione dal web.
Forse tale interesse potrebbe essere qualificato come un vero e proprio diritto alla morte virtuale. In epoca recente il diritto ad essere cancellati dalla rete è stato qualificato come diritto all’oblio, espressamente disciplinato dall’art. 17 del Regolamento (UE) 679/2016. A ben vedere come riconosciuto dal Regolamento (UE) tale diritto consente la cancellazione dei propri dati personali dal web in forza di determinati presupposti quando la persona è in vita: il diritto alla morte virtuale invece sarebbe riferito alla generale identità virtuale di un soggetto e alla sua gestione post mortem.
Non molte sono quindi le normative in materia: molto è lasciato all’autonomia privata e all’autoregolamentazione.
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