Al giovane writer è stata così scontata la reclusione a vantaggio del pagamento di un’ammenda pari a 6mila euro: la condotta contestata dunque arriva a configurare non più reato, bensì ‘semplice’ illecito amministrativo. L’orientamento morbido promosso dalla Suprema Corte costituisce “un piccolo passo in avanti e una grande soddisfazione” per tutte le quelle ‘anime creative’ che, con azzardo, fanno della segnaletica stradale una tela bianca su cui esibire la propria arte. A fare da portavoce di questo popolo di street artists, è intervenuto il visionario artista francese, trapiantato a Firenze, che porta la firma di Clet. E’ con pacato compiacimento, infatti, che il writer d’oltralpe, famoso per i messaggi di denuncia con cui ha rivisitato in chiave romantica la segnaletica stradale, giudica la decisione della Cassazione.
“Trovo offensivo usare il termine ‘imbrattamento’ quando si tratta di arte e libertà di espressione” ha spiegato l’artista. A Pistoia, ha proseguito Clet, “è in corso un processo per aver modificato i cartelli, mentre Siena è stata teatro di una singolare querelle: la notte modificavo i cartelli che il Comune, all’indomani, sostituiva. Sempre a Pistoia mi hanno fatto una multa, che non pagherò: ma la cosa che mi dà più fastidio è che il giudice mi abbia definito imbrattatore”. Al di là delle polemiche che ancora oggi continuano a bollare i vari profili della street art, i cartelli stradali ‘ritoccati’ dalla mano creativa di Clet sono tenuti in costante ‘esposizione’ nelle strade di Firenze, Milano, Roma, ma anche nelle piazze di Parigi, Londra e Barcellona. “Oggi il ricorso in Cassazione, -ha ribadito Clet- nel quale la Corte dà ragione al writer, annullando la “sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato”, ma “costituisce illecito amministrativo” , mi regala nuovi impulsi”.
Interrogato poi sui reali obiettivi che porta avanti chi sfrutta la strada come principale mezzo espositivo, l’eclettico artista risponde: “Il primo? Far capire che occorre prendere il potere meno sul serio, magari dimostrando che i cartelli stradali non sono un tabù: l’autorità è relativa e non assoluta. I miei sono messaggi di libertà”. Da non tralasciare infine la portata simbolica e valoriale dell’opera realizzata. In tal senso la ‘linea morbida’ promossa dalla Cassazione sembra aver poco a che fare con la valenza intrinseca all’arte di strada, pur tuttavia, ha ammesso Clet “aiuta chi, come me, sviluppa veri e propri progetti per modificare la segnaletica”. L’alfabeto immaginifico di questi wrtiters sembra non conoscere limiti: un cartello di strada senza uscita assume la forma di un Cristo crocifisso, un divieto di accesso diventa la sagoma di un “poliziotto innamorato” e la faccina infastidita che fa la linguaccia nasconde tra le righe la segnalazione di una strada dissestata. Lo scenario urbano assume così toni ironici, indiscutibilmente suggestivi. Occhio, però, a non distrarsi troppo dalle ‘opere d’arte’ che puntellano le vie, rimangono pur sempre dei cartelli stradali…
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