Il processo emblema della maxi-inchiesta tenta di far luce sulle responsabilità che ci sono state dietro al terremoto che il 6 aprile 2009 ha piegato il capoluogo abruzzese. Frangibilità e inadeguatezza sono gli aggettivi idonei per descrivere lo stato della Casa dello studente prima e dopo la ristrutturazione promossa e voluta dall’ente pubblico regionale, in vista della conversione dell’edificio in alloggio studentesco.
Quattro anni sono stati inflitti, come chiesto dal pm, a Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, gli ingegneri autori dei lavori di restauro del 2000, i quali secondo l’accusa, avrebbero concorso ulteriormente all’appesantimento architettonico della sede. Due anni e sei mesi invece toccherebbero a Pietro Sebastiani, il presidente della commissione collaudo del risanamento. L’imputazione per tutti i quattro condannati era e resta quella di omicidio colposo, disastro e lesione colpose.
Il giudice dell’Aquila, Giuseppe Grieco, ha deliberato nei loro confronti l’aggiuntiva interdizione dai pubblici uffici per un periodo quinquennale. Spetterà loro, inoltre, il pagamento di prefissate provvisionali ai parenti delle giovani vittime : 100 mila euro a ciascun genitore e 50 mila euro a ogni fratello o sorella. Consistenti sono state anche le parti civili che si sono viste avallare un risarcimento provvisionale: tra esse il Codacons, Cittadinanza attiva e il Comune dell’Aquila, a cui sono stati riconosciuti 5 mila euro ciascuno.
Tra gli assolti, su richiesta della stessa Procura, figurano Luca D’Innocenzo, presidente Adsu dell’epoca; Luca Valente, direttore Adsu nel 2009; Massimiliano Andreassi e Carlo Giovani, tecnici responsabili di interventi secondari. Non luogo a procedere per Giorgio Gaudiano, garante dell’acquisto per conto dell’Ateneo aquilano della struttura da un privato; e Walter Navarra, autore di precedenti operazioni marginali. Si è stabilito il non luogo a procedere anche per le quattro persone morte nelle more del processo. Stralcio, invece, per Claudio Botta, memorabile progettista dello stabile, perché considerato inabile a sostenere il processo a causa del rispettivo stato di malattia.
Sabato, nell’aula container del palazzo temporaneo di giustizia dell’Aquila, molti sono stati i genitori e i familiari delle vittime presenti. “Non appare possibile invocare, in tal caso, la buona fede degli imputati -ha sottolineato in requisitoria il pm Fabio Picuti– quando essa si traduce in colpevole ignoranza sullo stato preesistente dell’edificio: non si trattava, infatti, di debolezze intrinseche che solo la prova del terremoto avrebbe potuto evidenziare. Si trattava, invero, di debolezze evidentissime e agevolmente verificabili nell’anno 1999 all’epoca della progettazione e dell’esecuzione dei lavori di ridistribuzione interna delle camere”.
Il crollo della Casa dello studente non è stato dunque cagionato unicamente dalla forza sismica, ma vengono altresì in rilievo le carenti modalità progettuali ed esecutive della struttura costruita nel 1965, così come l’aumento dei carichi verticali della ristrutturazione del 2000. Questi, gli elementi prominenti alla base dell’emanazione delle quattro condanne.
La comunicazione della sentenza ha generato grande commozione tra i partecipi; non si è eclissata la rabbia, tuttavia, per una sentenza da alcuni non ritenuta equa: “Gli studenti dovevano farli uscire”, hanno ribadito più volte i parenti e gli amici che auspicavano dieci condanne.
L’arringa del pubblico ministero Picuti al riguardo non si è fatta attendere “Mi trovo nel mezzo tra parti civili, che chiedono la condanna di tutti, e difensori, che chiedono l’assoluzione di tutti. Quale di questi è l’ideale di giustizia? Non si tratta di questo, ma solo di applicare la legge e le norme“, conferma in un passaggio nodale per spiegare la richiesta di assoluzione e il non luogo a procedere.
In seguito all’esito del verdetto si è espresso anche il sindaco del capoluogo abruzzese, Massimo Cialente, manifestando la speranza “che questa sentenza possa in parte, e ripeto in parte, se mai possibile, restituire un minimo di serenità alle famiglie dei ragazzi”. ”Questa sentenza, come probabilmente le altre che seguiranno per altri crolli ingiustificabili, credo abbia un valore più ampio di questa vicenda – ha proseguito il primo cittadino- soprattutto credo possa richiamare la massima attenzione sul fatto che gli interventi sbagliati di costruzione o ristrutturazioni, come in questo caso, portano stragi”.
Sotto le macerie dell’edificio studentesco morirono infatti ben otto giovani universitari: Luca Lunari, Marco Alviani, Luciana Capuano, Davide Centofanti, Angela Cruciano, Francesco Esposito, Hussein “Michelone” Hamade e Alessio Di Simone. Quella fatidica notte di aprile, complessivamente, spezzò le vite di 309 persone. I difensori dei condannati hanno già invocato il ricorso in appello che potrà presentarsi soltanto dopo la pubblicazione delle spiegazioni della sentenza attesa tra 90 giorni.
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