Infatti, con la sentenza n. 151 del 14 giugno 2012 la Suprema Corte riconosce la bontà dell’operato del legislatore statale in merito ai provvedimenti adottati inerenti ai tagli del costo della politica, seppur con qualche precisazione importante. Al riguardo sarà sufficiente ricordare il monito per lo Stato di rispettare in ogni caso i principi fondamentali posti dalla Costituzione, non potendosi accettare deroghe ad essi basate sul principio salus rei publicae suprema lex esto. In caso contrario, si correrebbe il rischio di sospendere le garanzie costituzionali di autonomia degli enti territoriali, non giustificabili neppure per far fronte con urgenza ad una gravissima crisi finanziaria, tale da mettere in pericolo la salus rei publicae.
Quanto alle singole ipotesi ritenute illegittime costituzionalmente da parte delle Regioni Valle d’Aosta, Liguria, Emilia Romagna e Puglia, la Corte Costituzionale nega il fondamento delle ragioni motivate punto per punto.
Infatti, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1 del D.L. n. 78/2010 in merito alla previsione per gli anni dal 2011 al 2013 della destinazione al Fondo per l’ammortamento dei titoli di stato degli importi corrispondenti a riduzioni di spesa che saranno deliberate dalle Regioni con riferimento ai trattamenti economici del Consiglio regionale, della Giunta e del Presidente della Regione. Ciò che viene messo in evidenza dalla Corte è che la disposizione non determina un obbligo di adottare deliberazioni di riduzione della spesa da parte delle Regioni, ma che nel caso siano determinati dei risparmi dalle stesse Regioni nell’esercizio della loro autonomia, essi saranno rassegnati al Fondo, senza alcuna lesione delle loro competenze legislative.
Del pari non fondata risulta la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 5, comma 4 del citato d.l.del 2010 nella parte in cui prevede la riduzione del 10 per cento dell’importo previsto a titolo di rimborso a spese elettorali a decorrere dal primo rinnovo dei Consigli regionali. Ciò in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la disposizione oggetto di giudizio rientra nella materia relativa al sistema di elezione, che si riferisce necessariamente anche alle campagne elettorali dei consigli regionali e che lo Stato si limita ad incidere stabilendo i principi fondamentali direttivi della potestà legislativa regionale.
Non fondate, inoltre, anche le questioni di legittimità costituzionale della disposizione di cui al comma 5 dell’articolo 5 del d.l. n. 78/2010 che prevede il principio di gratuità per tutti gli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni indicate nel comma 3 dell’art. 1 della legge n. 196 del 31 dicembre 2009 ai titolari di cariche elettive. Né vale certo a superare detta gratuità la previsione dl limite massimo degli eventuali gettoni di presenza in 30 euro a seduta o nel mero rimborso spese. In buona sostanza l’intervento del legislatore in materia si inquadra nel fondamentale principio di coordinamento della finanza pubblica, di stretta determinazione da parte dello Stato.
Analogamente non merita la censura di illegittimità neppure il comma 7 dell’articolo 5 in questione laddove prevede che agli amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti in qualsiasi forma siano essi percepiti. Infatti, in questo modo lo Stato intende perseguire l’obiettivo della riduzione della spesa pubblica, intervenendo in materia di coordinamento della finanza pubblica, di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni .
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