Nuovo codice doganale, aspettando il 2020
<Si è svolta il 25 novembre a Milano, la tavola rotonda “Nuovo codice doganale comunitario, un’opportunità?” organizzata dall’International Propeller Club Port of Milan. L’incontro ha visto la partecipazione di oltre cinquanta fra soci ed ospiti ed ha avuto un taglio molto pratico e concreto. Ha aperto i lavori Riccardo Fuochi, presidente del Propeller del capoluogo lombardo, ricordando che il Codice Doganale Europeo entrerà in vigore in modo completo nel 2020. “Ma già dall’anno prossimo – ha sottolineato Fuochi – si apre una finestra strategica importante poiché la Commissione Europea dovrà emanare le disposizioni di applicazione e i regolamenti attuativi del Codice stesso. Vi saranno quindi quattro anni per sottoporre alla Commissione proposte e suggerimenti. Questo è un punto importante perché su questioni del genere i singoli Stati dell’Unione si sono sempre mossi in maniera compatta”. Alla luce di tali elementi, risulta quindi opportuno che anche in Italia, le diverse associazioni di categoria, elaborino proposte concrete e si adoperino per sostenerle con forza e determinazione in maniera unitaria. “Per fare ciò – aggiunge Fuochi – bisogna muoversi in logica di squadra: il tempo c’è e il Propeller può essere il luogo ideale di confronto dove analizzare le diverse tematiche e trovare una sintesi che tuteli gli interessi di tutti gli operatori del settore logistico e dei trasporti terra, mare e aria”.
Per Giancarlo Saglimbeni, presidente della Carioni Spedizioni Internazionali, “è comunque auspicabile che nel periodo che va dal 2014 fino alla piena entrata in vigore del nuovo Codice Doganale Europeo sia impostata un’applicazione uniforme, per non alterare i flussi di traffici e favorire alcuni paesi a discapito di altri”. Italo Antelli del CAD Antelli, dopo aver evidenziato come il numero delle operazioni doganali in Italia sia oggi di 17milioni nei confronti dei 55milioni di Olanda e dei 67milioni della Germania, ha posto l’accento sui diversi aspetti positivi del Codice fra cui il nuovo ruolo delle dogane come “guida nella catena logistica”, la “necessità di associare le nuove tecnologie a un’applicazione armonizzata e standardizzata dei controlli doganali” e l’Autovalutazione prevista dell’art. 185.
Giuseppe Castorina, Doganalista e già Dirigente Doganale Incaricato e Direttore della Dogana di Malpensa, ha dichiarato invece che “l’entrata in vigore del Codice Doganale Europeo è un’occasione anche per riflettere su alcune disposizioni di quello italiano, in particolare, è auspicabile fare sistema per modificare l’articolo 303 che è totalmente vessatorio in quanto disconosce la buona fede e prevede per gli errori dichiarativi sanzioni addirittura superiori a quelle previste dal contrabbando. Bisogna agire per eliminare questa situazione e allinearci con gli impianti sanzionatori degli altri Paesi: molti di questi partono dal principio della buona fede e in caso di errori dichiarativi non prevedono alcuna sanzione”. L’avvocato Gregorio Leone, Co-fondatore e Senior Partner dello Studio Leone Torrani e Associati, ha dichiarato di “auspicare, con riferimento alla materia doganale, l’Istituzione di una Corte di Cassazione “Europea” , con sede in Lussemburgo e composta da un Giudice designato da ciascuno Stato membro, onde consentire ai cittadini dell’Unione di impugnare in sede di legittimità le sentenze di appello o comunque di ultimo grado dei giudici tributari nazionali. L’avvocato Marco Lenti dello Studio Legale Mordiglia ha inoltre dichiarato che “il nuovo Codice Doganale prevede che le garanzie prestate per le obbligazioni doganali possano estendersi non solo all’importo dei dazi all’importazione e all’esportazione risultanti dalla dichiarazione, ma anche a quelli che possono sorgere a seguito di verifica a posteriori”.
Ha concluso l’incontro Alessio Fiorillo, già direttore regionale per le Dogane della Lombardia che ha sottolineato come “i due anni di tempo dall’entrata in vigore del Codice e gli ulteriori due per la sua applicazione completa sono un’opportunità importante per perseguire quanto evidenziato dal Presidente Fuochi e cioè che le Associazioni di categoria sia di settore che extra settore siano presenti in tutte le sedi politiche nazionali e comunitarie in modo compatto per definire e rappresentare i loro obiettivi in un’ottica di sistema”.>
Noi per completezza di informazione, anche sotto il profilo della ricostruzione storica di fondamentali istituti doganali, confluiti poi del Codice doganale comunitario soggetto ad evoluzione progressiva e sistematica, aggiungiamo quanto in appresso.
La tariffa doganale Comune, instaurata col 1-7-1968, non avrebbe raggiunto appieno lo scopo di assicurare, nell’ambito del Mercato Comune, la libera circolazione daziaria delle Merci Comunitarie (merci originarie degli Stati Membri e merci terze immesse in libera pratica nella Comunità) se le procedure doganali al passaggio delle frontiere interne non fossero state uniformate. Nacque, allora, l’idea del Transito Comunitario.
L’obiettivo che si voleva raggiungere con l’istituto del «Transito Comunitario» era quello di semplificare le formalità di attraversamento delle frontiere interne grazie ad un documento comunitario con il quale le merci potessero essere spedite direttamente dall’ufficio di partenza di uno Stato Membro a quello di destinazione di altro Stato Membro, senza dover espletare le formalità doganali al momento del passaggio di ogni frontiera interna, ferme restando le formalità nazionali di esportazione e di importazione, le quali ultime conservavano la loro autonomia rispetto al documento di transito comunitario.
In altre parole la uniformità riguardava solo al fase del transito alle frontiere e non anche le fasi dell’esportazione a partenza e dell’importazione a destino.
Così il Reg. CEE n. 542 del 1969 stabilì che per l’attraversamento di una frontiera interna terrestre della Comunità le merci dovevano essere obbligatoriamente vincolate, prima dell’attraversamento, alla procedura del transito comunitario.
E poiché la libera circolazione daziaria era stata assicurata sia alle merci originarie della Comunità sia alle merci terze poste in libera pratica nella Comunità, necessariamente la procedura del transito comunitario fu articolata in:
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procedura del transito comunitario interno (T2) al quale venivano vincolate le merci originarie degli Stati Membri CEE e quelle poste in libera pratica nella Comunità, cioè a dire le merci che soddisfacevano alle condizioni fissate dagli artt. 9 a 10 del Trattato di Roma del 1957;
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procedura del transito comunitario esterno (T1)al quale venivano vincolate le merci che non soddisfacevano alle condizioni fissate dagli artt. 9 e 10 citati.
Sul piano pratico ciò significava che se una merce proveniente dagli USA e destinata in Germania veniva sbarcava a Trieste, poteva seguirsi, a scelta dell’operatore, l’una o l’altra procedura con effetti finali equivalenti;
la merce, rimasta giuridicamente allo stato di merce «terza», senza assolvimento di alcun tributo, veniva spedita da Trieste in Germania sotto il regime del Transito Comunitario esterno con la presentazione alla Dogana Italiana di partenza della dichiarazione o formulario denominato «T1»; tale documento «T1» metteva a conoscenza la Dogana Tedesca di destinazione del particolare status giuridico doganale della merce, per cui la Dogana Tedesca doveva sottoporre la merce stessa a dazio doganale (risorsa propria CEE) e alle fiscalità interne di quel Paese;
la merce veniva sottoposta dalla Dogana Italiana al solo pagamento del dazio doganale, con esclusione di ogni fiscalità interna, così assumendo la posizione giuridica di merce in libera pratica, e indi veniva spedita da Trieste in Germania sotto il regime del transito comunitario interno con la presentazione alla Dogana di partenza della dichiarazione o formulario denominato «T2»; tale documento «T2» metteva a conoscenza la Dogana Tedesca di destinazione che quella merce di origine USA era già stata posta in libera pratica in Italia, per cui la Dogana Tedesca poteva procedere all’importazione riscuotendo le sole fiscalità interne della Germania.
In ambedue le ipotesi il regime del transito comunitario costituiva una specie di ponte che permetteva alle merci di varcare le frontiere interne e di raggiungere, dalla partenza, direttamente la destinazione finale senza effettuare, ai confini interni CEE, alcuna formalità doganale di passaggio (come, invece, avveniva prima della introduzione dell’istituto del Transito Comunitario).
Alla Libera Circolazione cartolare delle merci, di cui sopra, si giunge, invece, nel 1993, partendo da una prefase iniziata col 1-1-1988 e caratterizzata dalla semplificazione delle formalità cartolari, negli scambi di merci comunitarie tra gli Stati Membri CEE, con l’introduzione di un documento amministrativo unico, DAU, da utilizzare per la spedizione, il transito comunitario e la immissione in consumo.
Il Consiglio dei Ministri CEE partendo dai seguenti presupposti:
1) che prima del 1-1-1988 le formalità da espletare negli scambi di merci tra gli Stati Membri erano praticamente identiche a quelle richieste nell’ambito degli scambi con i Paesi Terzi;
2) che era fin dal 1988 necessario creare, per gli scambi di merci tra gli Stati Membri, condizioni che fossero per quanto possibile analoghe a quelle in cui erano effettuati gli scambi all’interno di uno Stato Membro;
3)che per consentire tali obiettivi era necessario in primo luogo sostituire un documento amministrativo unico (DAU) ai vari formulari comunitari e nazionali (circa 70) in uso negli scambi intracomunitari ai fini della spedizione, del transito comunitario, e della immissione in consumo delle merci nello Stato membro di destinazione;
-che la semplificazione globale dei documenti mercé l’introduzione del DAU rappresentava una prefase verso la soppressione di qualsiasi documentazione amministrativa negli scambi di merci tra gli Stati Membri, ha adottato il Regolamento CEE n. 678 del 18-2-1985, entrato in vigore il 1-1-1988.
L’art. 1 introduce negli scambi intracomunitari il documento unico da usarsi per la spedizione, il transito comunitario, l’immissione in consumo delle merci nello Stato Membro di destinazione (uniformità delle tre fasi di scambio).
L’art. 2 precisa che il regolamento si applica alle merci che soddisfano alle condizioni dell’art. 9, paragrafo 2, del trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (cioè a dire alle merci che si trovano nello status giuridico di merci in libera circolazione daziaria).
L’art. 3 ha carattere definitorio e stabilisce che si intende per «spedizione» il regime relativo all’invio di merci comunitarie da uno Stato Membro a destinazione di un altro Stato Membro.
Dal combinato disposto degli artt. 2 e 3 del Reg. CEE n. 678 si evince la formulazione di un principio basilare nella direzione del traguardo del 1993, e cioè che l’invio di merci comunitarie da uno Stato Membro all’altro è oggetto di spedizione e non di esportazione; così come all’arrivo la merce non è più oggetto di importazione ma di introduzione (immissione in consumo).
Il Documento Amministrativo Unico DAU denominato «COM» era composto (nel suo impiego completo) di otto esemplari:
– l’esemplare n. 1 custodito dalle Autorità doganali dello Stato Membro di spedizione;
– l’esemplare n. 2 per le statistiche dello Stato Membro di spedizione;
– l’esemplare n. 3 consegnato allo speditore, dopo essere stato vistato dalla Dogana dello Stato di spedizione,
-l’esemplare n 4 inerente il transito comunitario, consegnato pur esso allo speditore,
– l’esemplare n. 5 da rinviare alla Dogana di partenza nel regime di transito comunitario;
-l’esemplare n 6 custodito dalle Autorità doganali dello Stato membro di destinazione (formalità a destinazione per l’immissione in consumo delle merci o per l’assoggettamento delle merci stesse a qualsiasi altro regime nello Stato Membro di destinazione)
– l’esemplare n. 7 da usare per le statistiche dello Stato Membro di destinazione;
-l’esemplare n 8 consegnato al destinatario dopo essere stato vistato dalla Dogana dello Stato Membro di destinazione.
I primi tre esemplari si riferiscono alle formalità da espletare nello Stato Membro di spedizione, i restanti cinque esemplari concernono le formalità da espletare nello Stato membro di destinazione.
L’utilizzo completo del formulario COM prevedeva la sua compilazione integrale da parte dello speditore che avrebbe dichiarato a partenza anche alcuni elementi che sarebbero stati poi presi in considerazione dalla Dogana di destinazione.
A destino il destinatario avrebbe dovuto sottoscrivere gli esemplari 6, 7, 8, che erano stati in parte già compilati dallo stesso speditore. Per cui si sarebbero avute le seguenti fasi procedimentali del Documento Unico:
– lo speditore lo compila in tutti gli otto esemplari, sottoscrivendone solo quattro (1, 2, 3, 4);
– la dogana di spedizione appone il risultato del controllo su cinque esemplari (1, 2, 3, 4, 5);
– la dogana di spedizione trattiene per sé gli esemplari 1 e 2, e consegna allo speditore i restanti esemplari 3, 4, 5, 6, 7, 8; lo speditore a sua volta trattiene per sé l’esemplare n. 3 e consegna al trasportatore i restanti esemplari 4, 5, 6, 7, 8;
– il trasportatore consegna nello Stato Membro di destinazione i suddetti cinque esemplari (4, 5, 6, 7, 8) al destinatario o al suo rappresentante;
– il destinatario o il suo rappresentante sottoscrive gli esemplari 6, 7, 8 e li presenta alla Dogana competente assieme agli esemplari n. 4 e 5 inerenti al transito comunitario;
Con la sottoscrizione degli esemplari 6, 7, 8 il destinatario assume tutti gli obblighi che derivano anche da quanto dichiarato dallo speditore a partenza;
La dogana di destinazione effettua il controllo e restituisce l’esemplare n. 5 alla dogana di partenza; trattiene per sé gli esemplari 4, 6, 7 (il n. 4 è inerente al transito comunitario, il n. 6 funge da matrice della bolletta di immissione in consumo, il n. 7 serve per la statistica) e consegna al destinatario l’esemplare n. 8, a valere a tutti gli effetti di legge quale «figlia» della bolletta di «importazione»; meglio di «immissione in consumo».
Ogni fascicolo di otto esemplari è concepito in modo che, quando le caselle devono contenere una informazione identica nei due Stati Membri interessati (ad esempio massa netta e lorda) tale informazione viene annotata direttamente dallo speditore nell’esemplare n. 1 e, grazie al trattamento chimico della carta, risulta su tutti gli esemplari (negli altri casi le caselle sono desensibilizzate).
Accanto all’impiego completo del documento unico è stato previsto anche l’impiego frazionato dello stesso.
Infatti l’art. 12 del Reg. CEE 678 stabiliva che gli interessati possono utilizzare, per ogni fase di un’operazione di scambio di merci tra due Stati Membri, gli esemplari di dichiarazione necessari per l’espletamento delle formalità relative alla sola fase in questione.
Tuttavia le Autorità doganali del Paese Membro di spedizione possono prevedere che le formalità relative alle operazioni di spedizione e di transito comunitario siano espletate su un unico formulario, tramite gli esemplari del documento unico corrispondenti a dette formalità.
La facoltà, però, concessa alle Autorità doganali del Paese di spedizione di abbinare le formalità relative alle operazioni di spedizione a quelle del transito comunitario (art. 12, punto 2 seconda parte Reg. CEE 678/85) si trasforma in obbligo con l’art. 4 Reg. CEE n. 1062/87 del 27-3-1987. Rimarrebbe, pertanto, obbligatoria, nell’uso frazionato del formulario DAU, la combinazione della fase della spedizione con la fase di transito comunitario.
Da quanto finora detto discende, in linea di principio, che se lo speditore sceglie l’uso frazionato della spedizione + transito comunitario, nulla quaestio circa la libertà del destinatario di compilare autonomamente gli esemplari 6, 7, 8; ma se lo speditore opta per l’uso completo del formulario con la compilazione di tutti e otto gli esemplari, il destinatario sarebbe tenuto ad utilizzare gli esemplari 6, 7 e 8 inviati dallo speditore e non sarebbe a lui data la facoltà di ignorare tali esemplari e compilare autonomamente nuovi esemplari 6, 7, 8.
Il modello ufficiale del documento amministrativo unico -DAU- in fascicolo di otto esemplari- si trova in Allegato 31 al Codice doganale di applicazione- Regolamento CEE 2454/1993 di cui, unitamente al Codice doganale di base-Regolamento CEE 2913/1992
Quanto finora esposto vale per la presentazione in dogana delle dichiarazioni cartacee, che costituiva la regola fino al 1992.
Attualmente, la presentazione delle dichiarazioni doganali, sia in procedura normale che in procedura semplificata/domiciliata (“sdoganamento autogestito”), avviene in via telematica secondo il principio per cui le dichiarazioni elettroniche costituiscono la regola, e quelle cartacee l’eccezione, presente nel Codice doganale comunitario REG CE 450/2008 che lo ha stabilito nel quadro giuridico di attuazione della decisione n. 70 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15.1. 2008 (GUCE L n. 23 del 26.1.2008), concernente un “ambiente privo di supporti cartacei per le dogane ed il commercio” ; ma il Codice REG.CE 450/2008 è stato abrogato dal Novissimo Codice REG. UE 952/2013 (anch’esso ispirato al medesimo principio) applicabile col 1.6.2016, rimanendo in vigore medio tempore il Codice doganale comunitario ex REG. CEE 2913/1992 che non contempla il principio per cui le dichiarazioni elettroniche costituiscono la regola e quelle cartacee l’eccezione. ( vedi infra ).
Scaturisce di qui la illegittimità di quelle autorizzazioni alle procedure domiciliate, rilasciate dagli Uffici delle dogane a condizione che l’operatore richiedente utilizzi il Servizio doganale telematico c.d. E.D.I. relativamente alla esportazione definitiva, importazione definitiva, perfezionamento attivo e perfezionamento passivo, reimportazione, riesportazione.
Sotto l’imperio del Codice doganale REG. CEE 2913/1992 il Servizio telematico c.d. E.D.I. si trova sfornito di copertura legislativa, e l’azione di danno, che il sistema possa aver provocato all’operatore, è esperibile , a seconda dei casi, davanti all’AGO o alle Commissioni tributarie, le quali vanno, comunque, adite per l’annullamento delle autorizzazioni opposte, come sopra illegittimamente rilasciate e di qualsiasi altro atto doganale inficiato dall’illecito utilizzo del sistema E.D.I.
Infatti la legittimazione dell’obbligo, per gli operatori abituali o occasionali, dell’utilizzo del sistema telematico doganale poggia semplicemente su istruzioni interne all’amministrazione, (non vincolanti per il soggetto terzo) le quali, a loro volta, traggono origine dalla Comunicazione della Commissione CE del 24.7.2003 dal titolo “Un ambiente semplificato e privo di supporti cartacei per le dogane ed il commercio”.
La legittimazione che qui interessa può risiedere solo in un atto legislativo comunitario come può essere il Codice doganale Comunitario 952/2013, che, pur essendo già in vigore, è applicabile solo dal primo giugno 2016.!
A nulla valgono, perciò, le istruzioni impartite con le circolari n. 333/1995 e 230/2000, nelle quali si fa riferimento, come supporto giuridico del sistema telematico, all’art. 61 del Codice doganale comunitario ex Reg. CEE 2913/1992 e agli articoli 4bis, 183, e 222 del Regolamento di applicazione, n. 2454/1993.
La norma primaria dell’art. 61 del Codice comunitario stabilisce che la dichiarazione in dogana si fa per iscritto su supporto cartaceo oppure avvalendosi di un sistema informatico, e le norme secondarie del Regolamento di applicazione, 4bis, 183 e 222, si applicano quando l’operatore aderisce al sistema telematico, che non è la regola ma l’eccezione, tanto è vero che, in entrambe le circolari citate, per l’invio al sistema telematico doganale (E.D.I.- Electronic Data Interchange) della dichiarazione elettronica, si richiede una istanza di adesione in cui l’operatore deve dichiarare, tra l’altro, testualmente : ……A tal fine si impegna a riconoscere piena validità giuridica alle dichiarazioni doganali e agli elenchi presentati tramite l’EDI, quali risultano dai dati ricevuti e registrati dal sistema informatico con l’osservanza delle prescritte modalità…….Questo significa che la validità giuridica del sistema EDI non è in re ipsa, in quanto non è riconosciuta, in particolare per le procedure domiciliate, a valenza obbligatoria (come pretenderebbe l’Agenzia delle Dogane) dalla legge comunitaria ex art. 61 citato, ma è rimessa alla volontà dell’operatore economico.
Ciò in aperto contrasto con l’art. 13 della legge 241/1990 e succ. modifiche che vieta, per quanto riguarda gli atti autoritativi tributari, e tali sono le procedure doganali manuali o telematiche, la stipulazione di contratti per adesione, ex art. 11, tra amministrazione e soggetto interessato, sostitutivi del provvedimento : l’art. 13 non riconosce il diritto di partecipazione e, quindi, il diritto alla conclusione di atti negoziali tra amministrazione e utente del servizio pubblico, con riferimento ai procedimenti e provvedimenti tributari.
La legge nazionale generale sui procedimenti amministrativi è in questo caso da considerare prioritaria e di immediata applicazione anche se eventualmente contrastante con norma doganale comunitaria per la nota teoria dei contro/limiti costituzionali.
Tuttavia, crediamo si possa ritenere che il sistema telematico EDI, e suoi derivati, trovino, a partire dall’1.1.2014, una copertura legislativa indiretta sulla base del paragrafo 6 dell’art. 5 del Regolamento UE 608/2013 del 12.6.2013 [applicabile col 1.1.2014 e riguardante il settore specifico dell’intervento doganale per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale.)] il quale così recita:
-
“Se sono disponibili sistemi informatizzati per il ricevimento e il trattamento delle domande, queste, come pure eventuali allegati, sono presentate utilizzando tecniche di trattamento elettronico dei dati. Gli Stati membri e la Commissione sviluppano, mantengono e utilizzano siffatti sistemi in base al piano strategico pluriennale di cui all’articolo 8, paragrafo 2 della decisione n. 70/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente un ambiente privo di supporti cartacei per le dogane e il commercio” (GU L 23 del 26.1.2008, pag. 21).
C’è però da rilevare che la Decisione n. 70/2008/CE, destinataria della quale sono gli Stati membri, demanda, in virtù del principio di sussidiarietà, alla Commissione il compito di realizzare un ambiente privo di supporti cartacei, in ambito doganale, e di conseguenza fa riferimento, per l’adozione di misure necessarie all’attuazione della stessa Decisione 70, alle precedenti Decisioni n. 1999/468/CE del 28.6.1999 e n. 2006/512/CE del 17.7.2006 [entrambe destinate alla Commissione ( e non agli Stati membri)].
E poiché non risulta che la Commissione abbia dato attuazione alla più volte citata Decisione 70/2008, gli Stati membri, pur destinatari della stessa, non avrebbero potuto sviluppare e utilizzare su ampia scala un sistema telematico in cui la regola è quella della presentazione della dichiarazioni elettroniche, e la eccezione è quella della presentazione della dichiarazione cartacea.
<4.1.1. Introduzione delle dichiarazioni elettroniche e dello scambio elettronico di dati
Sia il codice doganale comunitario che le sue disposizioni di applicazione considerano le dichiarazioni elettroniche e lo scambio elettronico di dati un’eccezione, preferendo le dichiarazioni su carta e la trasmissione di documenti cartacei. La legislazione doganale andrebbe adeguata in modo tale da porre le comunicazioni elettroniche alla base delle transazioni di importazione ed esportazione, sia tra operatori e uffici doganali, che tra le stesse amministrazioni doganali. Ciò dovrebbe creare un ambiente in cui commercio e dogane gestiscono un unico flusso di informazioni, comprendente dati e interfacce comuni. Le dichiarazioni su carta andrebbero utilizzate soltanto in condizioni particolari; rimarranno, naturalmente, le semplificazioni, come le dichiarazioni orali dei viaggiatori.
4.1.7. Fornire una base giuridica per nuovi strumenti e metodi di lavoro
La riorganizzazione delle norme e delle procedure andrebbe accompagnata dall’inserimento nel diritto doganale comunitario di strumenti e metodi moderni ed efficaci, in modo da garantire l’efficienza del sistema e un livello di controllo analogo in tutti gli uffici doganali. Ciò comporta:
l’auto/valutazione e il successivo audit, quale normale forma di dichiarazione doganale per gli operatori autorizzati;
una metodologia comune e criteri comuni per la gestione del rischio;
standard comuni di audit e pre-audit;
standard comuni di accreditamento per la concessione delle agevolazioni, basati sul volume degli scambi, il tipo di procedura, i parametri di rischio, il rispetto della normativa e i risultati di un pre-audit (secondo il concetto di “scala”)>.
Queste indicazioni della Commissione sono state recepite col nuovo codice doganale comunitario ex Regolamento 450/2008 del 23.4.2008, abrogato dal successivo Regolamento 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (che istituisce il codice doganale dell’Unione) del 9.10.2013, applicabile dal 1.6.2016.
Il Reg. CEE 2913 del 12 ottobre 1992 fu emanato in vista dell’apertura, col 1.1.1993, del mercato unico interno della Comunità Economica Europea, assumendo un particolare valore
per la messa a sistema delle varie norme comunitarie sparse nei tanti regolamenti disciplinanti le diverse materie oggetto della politica doganale, attribuita dai singoli Paesi membri alla esclusiva competenza dell’ ente sovranazionale- Comunità Economica Europea.
E il Reg. CEE 2913/1992 rappresenta le fondamenta dell’edificio comunitario in costruzione, ad oggi non ancora ultimato, con tutte le conseguenze negative in termini di ricavi e di costi.
Tuttavia dal 1992 al 2013 il processo di integrazione europea, iniziato con l’Unione doganale, ha fatto, sia pure a fatica e in modo non sempre lineare, grandi passi in avanti, tanto che, per effetto dell’evoluzione del mercato unico, il vecchio codice doganale del 1992 è risultato obsoleto.
Così sulla GUCE L 269 del 10.10.2013 è stato pubblicato il “Novissimo” Codice doganale comunitario REG 952 del 9.10.2012, entrato in vigore il 30.10.2013 ed applicabile dal 1.6.2016, che ha abrogato col 30.10.2013 l’intermedio codice doganale di cui al regolamento UE n. 450/20083, il quale sarebbe stato applicabile, almeno in alcune sue parti, dal “ 1 novembre 2013” .
L’art. 187 del Codice 450/2008 fissava la data della sua entrata al 24.6.2008; il paragrafo 1 del successivo art. 188 precisava che si applicano a decorrere dal 24.6.2008 quelle disposizioni che prevedono l’intervento di normazione secondaria, successivo alla data di entrata in vigore del regolamento, secondo la procedura indicata nell’ art. 184, mentre il paragrafo 2 comma 1 (dell’art. 188) stabiliva che tutte le “altre disposizioni” sono applicabili al momento della adozione delle disposizioni secondarie di applicazione “sulla base degli articoli di cui al paragrafo 1” : le disposizioni sganciate dagli articoli del paragrafo 1, perché non necessitavano quanto ad efficacia di disposizioni di dettaglio, sarebbero state, invece, applicabili indipendentemente dalla adozione o meno delle disposizioni secondarie di attuazione.
Era il caso degli articoli da 66 a 71 relativi alla determinazione dell’importo dei dazi da pagare, alla notifica della obbligazione tributaria e alla contabilizzazione, ragione per cui sarebbe stata applicabile l’art. 68 del NCDC che al secondo paragrafo portava il termine di tre anni a anni 10 in casi di atti penalmente rilevanti.
Un tanto trovava riscontro nel comma 2 del paragrafo 2 dell’art. 188 secondo cui “Nonostante” l’entrata in vigore delle disposizioni di applicazione, da interpretare “Indipendentemente” dalla entrata in vigore delle disposizioni di applicazione, le disposizioni di base del Nuovo Codice che godono di autonomia implementativa , perchè non legate alla emanazione di normativa secondaria da parte del Comitato, si applicano al più tardi il 1 novembre 2013, il che non impediva una applicazione anteriore a tale data, avendo quelle disposizioni efficacia immediata : alla data di entrata in vigore- 24 giugno 2008- del Codice.
Significativa al riguardo è la tecnica legislativa usata nel vecchio CDC : ai sensi art. 253 il Regolamento CEE n. 2913 del Consiglio del 12.10.1992 è entrato il vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella GUCE del 19.10.1992, con applicazione dal 1.1.1994 in concomitanza con l’entrata in applicazione delle disposizioni di attuazione di cui al Reg. CEE 2454 del 2.7.1993; tuttavia il detto art. 253 ha disposto che i precedenti artt. 161 (regime delle esportazioni), 182 e 183 ( riguardanti la riesportazione) si applicavano fin dal 1.1.1993, evidentemente perché trattavasi di norme con autonomia implementativa che non necessitavano, per la loro applicazione, di norme secondarie di dettaglio.
Tutto questo è venuto meno con l’abrogazione del REG CE 450/2998 ad opera del “Novissimo” codice UE 952/2013, abrogazione che fa venir meno anche il comma 1bis dell’art. 17 del d.lgs. 472/1997 del seguente tenore “ All’accertamento doganale, disciplinato dall’art. 247 REG CEE 2454/1993 e dall’art. 117 REG. CE 450/2008, effettuato con criteri di selettività nella fase del controllo che precede la concessione dello svincolo, restano applicabili le previsioni dell’art. 16 del presente decreto” (Dl n.16/2012, conv. nella l. 44/2012, art. 9 comma3-undecies).
1 Voglio, quindi, dire che, allo stato dell’arte, nessuna fonte normativa legittima il sistema telematico doganale, pur ritenuta necessaria dalla stessa Commissione nella comunicazione del 24.7.2003.
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