Già con un precedente articolo avevamo illustrato che il “decreto Balduzzi” (D.L. 158 del 13 settembre 2012), all’art. 8 comma 14 ha reintrodotto l’applicazione agli imprenditori agricoli della tariffa per i controlli delle ASL, almeno al di sopra di determinati limiti dimensionali. Nella relazione illustrativa del decreto si legge che la modifica è stata introdotta al fine di evitare una procedura d’infrazione per violazione dell’art. 27 del Regolamento CE.
Infatti già da diversi anni il Regolamento CE 882/2004, in materia di controlli ufficiali delle ASL per la sicurezza degli alimenti, comprendeva nei controlli, e quindi nel campo dell’applicazione della “tassa”, anche la produzione primaria, e quindi gli imprenditori agricoli.
Subito dopo l’emanazione del decreto legislativo 194/2008, di attuazione del regolamento comunitario, il Ministero della Salute, con la circolare n. 11000-P- del 17 aprile 2009, affermava che “la produzione primaria deve ritenersi esclusa dal campo di applicazione del decreto, come pure la produzione e la commercializzazione al dettaglio, i sottoprodotti di origine animale ed il settore mangimistico”. La circolare poi provvedeva anche ad indicare le attività che ricadono nella produzione primaria, secondo le definizioni contenute nelle Linee guida applicative del Regolamento (CE) 852/2004 recepite nell’Accordo Stato–Regioni, Rep. n. 2470 del 9/02/2006.
Per sancire l’esclusione del settore primario dall’applicazione del decreto 194/2008, con la legge comunitaria 2009 (L.96/2010) fu introdotto il comma 3-bis all’articolo 1, che esplicitamente escludeva dal campo di applicazione del decreto gli imprenditori agricoli. Tale intervento legislativo, è stato considerata comunque una novella, e non una mera interpretazione, difatti alcune Regioni hanno anche deciso di recuperare le tariffe relative al periodo antecedente alla L. 96/2010.
Ma molte delle tariffe previste dal decreto legislativo (sezioni da 1 a 5 dell’allegato A) erano imposte dal Regolamento comunitario, e quindi sono state parzialmente reintrodotte con il decreto Balduzzi, per evitare, si legge nella relazione illustrativa, una procedura d’infrazione.
Con recente nota il Ministero della Salute sottolinea che, come previsto dal decreto Balduzzi, le tariffe del decreto legislativo 194/2008 si applicano agli imprenditori agricoli che sono al di sopra di determinati limiti dimensionali, ma contemporaneamente ribadisce che restano fatte salve le indicazioni della circolare n. 11000-P- del 17 aprile 2009, “in particolare, rimane ferma l’esclusione dalle tariffe della produzione primaria”.
Orbene, la produzione primaria dai Regolamenti CE 178/2002 e 852/2004 , dalle Linee guida applicative del Regolamento (CE) 852/2004 recepite nell’Accordo Stato–Regioni, Rep. n. 2470 del 9/02/2006, è così definita: “tutte le fasi della produzione, dell’allevamento o della coltivazione dei prodotti primari, compresi il raccolto, la mungitura e la produzione zootecnica precedente la macellazione e comprese la caccia, la pesca e la raccolta di prodotti selvatici” (Reg. 178/2002 art. 3 punto 17).
La definizione di imprenditore agricolo di cui all’art. 2135 del codice civile è la seguente: “è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.” La nozione quindi di imprenditore agricolo della legislazione italiana, è più ampia di quella comunitaria, poiché comprende anche le attività connesse (trasformazione e commercializzazione) alla produzione primaria (allevamento e coltivazione), ma da quest’ultima non può prescindere. Infatti si intendono comunque connesse le attivita’, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali perché
Ora è evidente che includere l’imprenditore agricolo nel campo di applicazione del decreto 194/2008, e immediatamente dopo affermare che il citato decreto non si applica alla produzione primaria, è come dire che una legge si applica ai commercianti ma non al settore terziario, oppure all’industria ma non al settore secondario.
Sembra una contradictio in terminis o un ossimoro. Con la grande differenza che qui non siamo in presenza di un’orazione di Quintiliano o Cicerone che deve suscitare una reazione emotiva nell’uditorio ricorrendo alle citate figure retoriche, ma in presenza di disposizioni di legge (decreto 194) e circolari, che dovrebbero essere di facile e sicura interpretazione, per un’esigenza di certezza del diritto.
Si potrebbe tentare di immaginare quali attività svolgano gli imprenditori agricoli diverse della produzione primaria, e soprattutto quali possano essere i criteri di quantificazione. In ogni caso, però, l’applicazione della norma, già abbastanza travagliata e complessa, rischia di diventare impossibile o foriera di indirizzi non uniformi sul territorio nazionale.
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