Un ragazzo, ormai divenuto maggiorenne, a seguito di peculiari avvenimenti che riguardano la sua vita, decide di cambiare cognome. Tale decisione matura con forza nel giovane, dopo essere venuto a sapere che il cognome posseduto lo lega ad un uomo, ad un presunto padre, che nella realtà dei fatti ‘’non lo è’’. Il ragazzo, infatti, viene cresciuto dalla madre naturale e dal suo compagno, quest’ultimo reale punto di riferimento del giovane e quindi reale figura paterna. Il giovane, neo maggiorenne, si trova così a dover far fronte ad una verità diversa! Risultano essere due le iniziative che il giovane protagonista decide di intraprendere: in primis, promuovere l’istanza per il mutamento del cognome (appare doveroso, a parere del ragazzo, assumere il cognome di colui che da sempre si è mostrato un vero padre, ovvero il compagno della madre!) e, in contemporanea, l’azione di disconoscimento di paternità.
Ebbene, prima di analizzare la normativa che disciplina il caso descritto, è bene volgere l’attenzione alla Carta Costituzionale, ove risulta essere espressamente tutelata l’identità personale, ex art. 2 Cost.. L’identità personale è un mero diritto soggettivo, inteso come diritto ad essere se stessi e a far sì che venga rispettata l’immagine di partecipe alla vita associata, nonché le proprie idee, esperienze, convinzioni e quindi tutto ciò che contribuisce a formare l’individuo. Il diritto al nome, nello specifico, costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun individuo, ex artt. 2, 22 Cost.. Costituzionalmente parlando, si individua, quindi, un’espressa difesa della personalità nella sua ‘’complessità’’ ed ‘’unitarietà’’.
L’art. 6 c.c., rubricato ‘’diritto al nome’’, sancisce chiaramente il principio dell’immutabilità del nome e del cognome: ‘’ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome. Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati’’. Per cui il cambio e la modifica del nome e del cognome rivestono caratteri eccezionali e possono essere ammessi solo in presenza di ‘’situazioni cc.dd. rilevanti’’. Si pensi ad un cognome ridicolo o vergognoso o perché rivela l’origine naturale o ‘’per motivi diversi’’ (…). Il D.P.R. – 3 novembre 2000, nr. 396, ex artt. 84 et ss., disciplina l’iter amministrativo necessario per promuovere l’istanza relativa al cambiamento del nome e/o cognome. Quest’ultima, infatti, va inoltrata al Prefetto del luogo di residenza o nel cui territorio è situato il comune che ha l’atto di nascita trascritto. Istanza che verrà accolta solo in caso di motivazioni significative e profonde, per poi essere trasmessa al Ministero dell’Interno. Il Prefetto, pertanto, in un’iniziale fase di valutazione dell’istanza, dovrà assumere essenziali informazioni e successivamente esprimere un proprio parere tecnico da trasmettere al Ministro competente. Per quanto concerne l’eventuale, contemporanea, azione di disconoscimento della paternità si rinvia all’articolo di recente pubblicato. In questa sede vi è solo da rilevare il termine di decadenza all’esercizio dell’azione, la quale potrà essere intrapresa (ex art. 244 c.c.): dal figlio, entro 1 anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui venga successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento.
Non di recente, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12641 del 26 maggio 2006, ha affermato, con enfasi, che ”bisogna avere essenziale riguardo all’identità personale posseduta dal minore nell’ambiente in cui è cresciuto (…)”. Il minore, o il ragazzo, a dir della Corte, prende consapevolezza della sua identificazione cognominale, frequentando le organizzazioni educative scolari, maturando una precisa identità personale per il fatto di essere conosciuto nella cerchia sociale dove vive (con il cognome posseduto!)”.
Insomma, partendo da queste basilari ragioni normative e giurisprudenziali, di regola, non è ammesso il mutamento del nome e/o cognome! Se ciò avvenisse, con facilità ed automaticità, si assisterebbe ad un palese nocumento alla serena ed equilibrata crescita psicofisica della persona ed alla sua vita di relazione. Ma ci si chiede: se il cognome si è radicato nel contesto sociale in cui il giovane, ora maggiorenne, si trova a vivere (identificandolo personalmente), permettere il mutamento del cognome significherebbe, sempre e comunque, concretizzare una privazione di un elemento essenziale della personalità? Oppure, in qualche modo, gioverebbe all’interessato rispetto, per esempio, ad una ‘’verità diversa’’ che lo riguarda direttamente e che potrebbe condizionarlo maggiormente nel futuro?
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