Giovedì scorso l’incontro al bar mi ha lasciato l’amaro in bocca, e non era quello del caffè. A tenere banco, come è solito ormai da un po’ di tempo, è stato il pediatra. Proprio ora che sta andando in pensione sembra in preda ad un moto perpetuo. Ci ha raccontato, tutto infervorato, dell’ultimo congresso cui aveva partecipato. Il titolo? 03 Prefisso per la vita. Ma di che diamine parlava? gli chiedemmo all’inizio con un sorriso annoiato. 03 si riferiva ai primi tre anni di vita del bambino. Il congresso ruotava intorno ad una tesi precisa e dimostrata: se una famiglia, una comunità, un paese investe i suoi beni sulla crescita dei suoi figli nei primi anni di vita, in strutture educative, sociali, sanitarie, i beni investiti saranno restituiti nel tempo a quella comunità aumentati di dieci, venti volte. E se i beni da investire sono invece assorbiti dagli anziani, che in quella comunità prevalgono di numero? replicò lo psichiatra. E se quella comunità non ha più beni da investire perché è povera, non c’è più lavoro e non c’è più nessuno che produce ricchezza, sicchè è a rischio non solo la scuola o la cura ma il cibo stesso per i bambini? aggiunse il professore di filosofia. Lo guardammo stupiti. Ma lui continuò. Mi sembra, disse, che i nostri ragionamenti e i nostri comportamenti si ostinino ad ignorare che il mondo è cambiato, che la ricchezza ritagliata nel mondo dal nostro paese non è più quella degli anni ’80. Siamo poveri e continuiamo a ragionare da ricchi. Il Titanic affonda e continuiamo a ballare sul ponte della nave, con la differenza che quelli del Titanic non vedevano la minaccia incombente, mentre noi la vediamo e facciamo finta di niente.
Finta di niente? Non è vero, gli risposi irritato. Allora il professore mi volle dimostrare che avevo torto e mi domandò se avevo visto chi faceva l’elemosina davanti alla stazione. Certo, risposi, la solita zingarella col suo bambino in braccio, a piedi nudi e malvestito. Ripassa davanti alla porta e guarda meglio, mi disse il professore mentre si allontanava per prendere il treno coi due dottori. Uscii dalla stazione e mi fermai alla porta a guardare. A destra c’era la zingarella col suo bambino. Ma a sinistra c’era un’altra donna, bionda, con un bambino in braccio, biondo, con una camicetta bianca e con le scarpe. Faceva l’elemosina. Tirai fuori il borsellino, dalla colazione al bar mi era rimasto solo un euro e non potevo tagliarlo a metà per le due madri. Lo rimisi in tasca e tirai dritto con la mia bici, vergognandomi un po’. Per la settimana dopo, e quella dopo ancora, mi ripromisi che al bar avrei preso solo il caffè rinunciando alla pasta, così che il resto mi bastasse per le due madri.
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