La vicenda prende le mosse da lontano ed ha già dato vita ad una serie di ricorsi contro la procedura applicativa adottata dal Ministero per i beni e le attività culturali (d’ora innanzi MiBAC), a partire dal 2009.
In estrema sintesi, il Codice dei beni culturali ha previsto tra i suo articoli anche uno (il famigerato 182) dedicato al regime transitorio del riconoscimento professionale del restauratore di beni culturali. Il dispositivo normativo è articolato e complesso, richiedendo un altrettanto complicato iter amministrativo di attuazione. Ciò con riferimento soprattutto alla verifica dei requisiti professionali richiesti per il conseguimento della qualifica e l’inserimento in elenchi di soggetti abilitati.
E’ possibile sintetizzare il nodo del problema snocciolando alcuni numeri. Il MiBAC ha indetto il 25 settembre 2009 una procedura di selezione pubblica, per via telematica, diretta a consentire a tutti gli interessati di presentare le dichiarazioni e la documentazione utile per il conseguimento della qualifica di restauratore e di collaboratore restauratore. Attraverso una reiterazione delle proroghe dei termini di scadenza delle dichiarazioni si è giunti ad 15000 domande (corredate da 500000 documenti) con tutta una serie di problematiche legate al mancato riconoscimento di professionalità per categorie di soggetti non considerati dall’art. 182.
Il 29 settembre 2010 la Commissione 7^ del Senato, ed il giorno precedente le Commissioni VII e VIII della Camera, hanno approvato risoluzioni che impegnavano il Governo a modificare la disciplina dell’articolo 182, ampliando i requisiti di accesso alle qualifiche, prendendo in considerazione anche le esigenze degli operatori più giovani esclusi dal regime previgente.
Il 7 luglio del 2011 il ministro Galan ha presentato il ddl in Consiglio dei Ministri per l’approvazione che è seguita. Da una prima occhiata al testo dell’articolo 182 novellato si vede chiaramente lo sforzo compiuto dal Ministro di adottare quei correttivi richiesti con un ampliamento dei requisiti necessari per l’accesso diretto alla qualifica, nonché dei requisiti temporali di accesso alla prova di idoneità spostati tutti in avanti alla data del bando.
Un ulteriore ampliamento dei requisiti temporali (e non solo) per il riconoscimento della figura di collaboratore restauratore dovrebbe consentire alla maggior parte degli operatori di settore di raggiungere una qualificazione professionale. Un aspetto trascurato in precedenza era quello dei dipendenti pubblici operanti nello stesso Ministero che erano stati lasciati inspiegabilmente fuori dal riconoscimento professionale e che fortunatamente vi rientrano nelle attuali previsioni.
Il ddl ha già ricevuto forti critiche da parte di chi ritiene ancora insufficienti gli ampliamenti dei requisiti di accesso diretto. Aspre critiche , inoltre, sono rivolte contro il mantenimento delle procedure di selezione e della necessaria attestazione della validità dei titoli da parte dell’Amministrazione. Al riguardo, data la specializzazione necessaria per gli interventi di restauro sembra del tutto inappropriato lasciare alla mera autocertificazione dei lavori compiuti in passato il compito di individuare la professionalità richiesta, al posto di una seria valutazione di idoneità da parte di commissioni tecnico-scientifiche.
Oggi (27 luglio) il testo del disegno di legge approda al primo tavolo di valutazione della Conferenza Stato-Regioni, per poi procedere nel proprio iter parlamentare davanti alle Commissioni.
La strada sembra ancora tutta in salita per i nuovi restauratori.
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