Che il bacio dato in un certo modo e senza consenso fosse considerato un atto da condannare è regola che si perde nella notte dei tempi. In determinati periodi storici, un tale bacio era punito addirittura con la pena di morte! Si narra che tale Pietro Lando, doge di Venezia, abbia fatto tagliare la testa a suo figlio reo di avere baciato una donna per strada.
Sussistendo una grande varietà di baci, da quello affettuoso dato in segno di amicizia, di fratellanza, di simpatia, a quello lascivo, la Cassazione si è trovata nella necessità di dettare una regola di ordine generale per individuare il discrimine tra bacio lecito e bacio illecito. La Cassazione penale, Sez. III, 27 aprile 1998 n. 6651 ci insegna che nella fattispecie del bacio come oggetto di controversia legale occorre considerare le circostanze di tempo e di luogo in cui viene dato, le modalità del bacio e la zona baciata, nonché le condizioni di attività e passività dei due soggetti implicati.
Quando il bacio è manifestazione di amicizia, di riverenza,di devozione, come poeticamente descritto dal Manzini nel suo monumentale trattato di diritto penale, «il bacio sfiorante la mano di una signora, dato per etichetta o per cortesia, non ha carattere essenzialmente diverso da quello impresso sull’anello di un vescovo e sul piede del Papa», nessuno ovviamente si sognerebbe di punire il baciatore! Ma siccome tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, succede che modi, tempi e luoghi del bacio, vengano interpretati in maniera molto difforme dai vari giudici di merito e dalla stessa Corte Suprema.
Prendendo in considerazione il ‘sito’ oggetto del bacio, si rinvengono varie sentenze fra loro discordanti. Generalmente è stato sempre ritenuto reato il bacio sulla bocca dato a qualcuno contro la sua volontà. A volte specificando «anche a labbra chiuse», come fa la Cass. pen., Sez. III, 4 dicembre 1998 n. 1137.
Per ciò che attiene invece altri ‘siti’ suscettibili di essere oggetto di baci, la giurisprudenza ha escluso che possa integrare il reato di violenza sessuale il bacio sull’avambraccio, ritenendolo tuttavia idoneo a concretizzare il reato di violenza privata, che consiste nell’obbligare qualcuno a fare o a subire qualcosa, giusta una sentenza del tribunale di Piacenza: «Integra il reato di cui all’art. 610 c.p. – violenza privata – e non quello di cui all’art. 609 bis – violenza sessuale – il bacio dato sull’avambraccio a donna non consenziente, se difetti la finalità di appagamento di un istinto sessuale ed il bacio sia espressione, invece, di un inganno ed incontrollato sentimento d’amore» (Trib. Piacenza, 4 giugno 1998).
Curiosa la sentenza della Cassazione 15 novembre 1996 n. 1040, non già per il contenuto, quanto per il ragionamento sviluppato in ordine alle zone erogene oggetto del reato, affermando il solenne principio che «un soggetto connotato da una sessualità particolare potrebbe eccitarsi, per esempio, anche attraverso il bacio delle scarpe calzate dalla persona concupita». E in tal caso – questo è l’insegnamento della Cassazione – un comportamento siffatto non potrebbe certamente ricondursi alla previsione incriminatrice in esame.
La Cassazione si è poi dovuta occupare di un bacio… deviato: diretto cioè verso una zona erogena (la bocca), ma deviato, come da un ottimo portiere, dalla destinataria, evidentemente per niente entusiasta di riceverlo. Nel caso in ispecie, esaminato dalla Suprema Corte con Sent. 27 aprile 1998 n. 66551, la ‘deviazione’ ha fatto finire il bacio sulla guancia. E ciononostante il reato è stato ritenuto sussistente.
Capita a volte che il limite tra il reato sessuale e altri reati non appaia sufficientemente chiaro. Si è visto sopra come il bacio sull’avambraccio sia stato giudicato violenza privata. Ebbene, la Suprema Corte è stata chiamata a stabilire se anche la sola richiesta di bacio potesse costituire reato e, in caso positivo, quale reato. La risposta della Corte è stato negativa, avendo avuto però cura di specificare che deve trattarsi di una sola richiesta e per giunta fatta con galanteria, come recita il testo: «È esclusa la sussistenza del reato di molestia in un caso in cui l’agente si era limitato a chiedere, una solo volta, un bacio ad una donna, dopo aver detto a quest’ultima che era una bella signora» (Cass. pen., Sez. I, 25 ottobre 1994).
Ma se la semplice richiesta non costituisce reato, né di natura sessuale, né di molestia, tale condotta è sempre sconsigliabile, anche se la Cassazione ha ritenuto che un’eventuale reazione della persona destinataria della proposta (o di un suo familiare) non meriti alcuna attenuante, specie quando la reazione alla richiesta di un bacio si esprime a… colpi di fucile, dal momento che manca del tutto un rapporto di proporzione e di adeguatezza tra fatto provocante (richiesta di bacio) e fatto provocato (fucilata), e che in mancanza di tale rapporto difetta l’indispensabile nesso causale tra i due episodi richiesto dall’art. 62, n. 2. Il caso di specie riguardava un ferimento, con arma da fuoco, compiuto per reazione al tentativo della vittima di baciare la cognata dell’agente, e la sentenza della Cassazione che ne ha escluso l’attenuante risale al 1982. È vero che si tratta di una sentenza molto datata, ma in alcune parti d’Italia ancora oggi l’offesa si lava col sangue e non con la querela.
Quanto al bacio in bocca, tuttavia, esso non sempre può costituire reato: non quello tra parenti, per esempio, che «è solo un segno di affetto, privo di connotazioni sessuali penalmente rilevanti». Né quello che si danno in segno di saluto nei Paesi dell’Est. Memorabili le scene dei baci in bocca che si scambiavano ‘politicamente’ il Capo del Soviet supremo dell’URSS e il Presidente della Germania dell’Est quando si incontravano negli anni Sessanta del Novecento. Ebbene, la Cassazione ha escluso che siffatto bacio possa costituire reato, proprio perché privo dei connotati della ‘sessualità’.
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