Guida ai referendum: il quesito sul “legittimo impedimento”

E’ arrivato il momento di chiarire – in termini sintetici, semplici ma sopratutto comprensibili anche da parte del meccanico sotto casa mia che me ne ha fatto espressa richiesta – cosa significa “legittimo impedimento”.

Per comprendere l’istituto del “legittimo impedimento” dobbiamo considerare che nel nostro processo penale, l’imputato ha un duplice diritto: a) di partecipare all’Udienza Preliminare o al Dibattimento; b) di non parteciparvi.

Sul piano pratico, non muta assolutamente nulla perché uno dei principi fondamentali del nostro diritto processuale penale è il divieto dell’autodifesa, con il conseguente obbligo di essere assistito e rappresentato, sempre, anche contro la propria volontà, da un difensore. A chi non ne ha uno di fiducia, il Giudice deve nominarne uno di ufficio.

Altra regola fondamentale è che il processo penale deve essere celebrato, e deve esserlo in tempi quanto più brevi possibili, sia nell’interesse dell’imputato, sia nell’interesse dello Stato che – ovviamente – ha il diritto di sapere se uno dei suoi cittadini deve essere punito, interdetto, allontanato da cariche pubbliche o private, etc.etc.

Il perfetto equilibrio di un giusto processo penale all’interno di Stato moderno e garantista è dato dal bilanciamento tra questi due fondamentali diritti: quello della collettività, di processare ed eventualmente punire uno dei propri componenti; quello dell’imputato, di essere giudicato in base a delle giuste ed uniformi per tutti.

Ciò premesso, il nostro sistema riconosce all’imputato il diritto di chiedere il rinvio del processo a suo carico, ad altra udienza, ove dimostri di non potere comparire per “caso fortuito”,  “forza maggiore”, o  “assoluto legittimo impedimento”.

Sulla interpretazione dell’ “assoluto legittimo impedimento”, la nostra giurisprudenza è stata sempre – consideriamo i soli 60 anni del dopoguerra – di una rigidità assoluta tanto quanto lo stesso “legittimo impedimento”. Le situazioni legittimanti il rinvio sono, quasi esclusivamente, quelle legate a problemi di salute estremi, con la conseguenza che le istanze di rinvio vengono normalmente negate anche nelle evenienze più impensabili secondo il comune sentire: di fronte ad una febbre alta che però non imponga di stare fisicamente a letto; in presenza di una colica che possa essere affrontata con un analgesico o con un antidiarroico; dinanzi ad una sciatalgia che possa essere curata con gli antinfiammatori o ad un’ernia del disco che lasci lo spazio per camminare con un bastone.

Chi frequenta – come me – le aule giudiziarie sa bene che a volte si arriva al paradosso di negare la legittimità dell’ impedimento anche ai moribondi….!

E andiamo alla questione degli impegni professionali degli imputati.

Di imputati professionisti che svolgono  mansioni importanti e di rilievo i Tribunali ne sono a dir poco stracolmi: ingegneri; maestri di scuola e professori universitari; medici e chirurghi; sindaci e assessori; dirigenti e imprenditori; di tutto e di più.

Bene, a nessuno di loro viene mai riconosciuta la legittimità di un impedimento per ragioni di lavoro se non in casi rarissimi ed eccezionali. L’usuale risposta è: “il processo deve andare avanti. Si faccia le sue cose e sarà assistito dal suo difensore“.

Se questa è la Legge che noi tutti dobbiamo rispettare e subire – e siamo stati noi,   per la nostra salvaguardia sociale, a volere che fosse così rigida dando la priorità assoluta agli interessi della collettività rispetto a quelli del singolo – io mio chiedo: sulla base di quale accettabile principio, logico-giuridico-sociale, un nostro rappresentante politico dovrebbe usufruire di un trattamento processuale diverso e di favore?

O, è forse colpa della collettività – tanto da doverne pagare ingiustamente “il fio” – che lo stesso rappresentante rivesta lo scomodo ruolo di imputato?

O, è forse colpa della collettività se un rappresentante politico deve dividersi tra decine di processi a suo carico, a destra e a manca?

O, dobbiamo continuare a credere che la colpa è solo dei talebani togati che lo hanno messo sotto processo?

La legge su cui oggi, in sede referendaria, siamo chiamati a pronunciarci – per dire se vogliamo che continui ad esistere o se invece chiediamo che sia abrogata – è la n. 51 del 7 aprile 2010 n. 51 con la quale, all’art. 1, viene disposto: “Per il Presidente del Consiglio dei Ministri costituisce legittimo impedimento, ai sensi dell’articolo 420-ter del codice di procedura penale, a comparire nelle udienze dei procedimenti penali, quale imputato, il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti…… delle relative attivita’ preparatorie e consequenziali, nonché di ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di Governo”.

Che in soldoni significa: il Presidente del Consiglio, a differenza di tutti i comuni cittadini d’Italia, può farsi rinviare il processo a suo piacimento adducendo qualsiasi presunto motivo o funzione di governo.

Che in altri termini vuol anche dire: i comuni cittadini, che lo vogliano o no, devono essere processati; il  Presidente del Consiglio, se vuole, può non essere processato.

Io personalmente non voglio tutto questo, non voglio che qualcuno usufruisca di una legge e di regole diverse, non voglio che i cittadini siano trattati come un gregge preso a bastonate da un pastore capriccioso.

E voto SI, io, con le mie stesse mani, con la mia stessa penna, a costo di mettere quella croce con la lingua imbevuta nell’inchiostro, perché non mi fido più del nostro odierno parlamento.

E talmente non mi fido più di questo parlamento che non mi sento neanche di scriverlo con la p maiuscola …

Franzina Bilardo

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