Per Papa Cappellari il liberalismo era prima di tutto laicismo che comportava, non tanto e non solo la distruzione del potere temporale della Chiesa, ma soprattutto il predominio del razionalismo e del materialismo. Nella famosa lettera enciclica Mirari vos, pubblicata il 15 agosto 1832, ove veniva definita “deliramentum” la libertà di coscienza, non era condannata l’idea secondo la quale prima di ogni forma di ordinamento giuridico esistono dei diritti nell’uomo stesso a partire dalla sua natura, ma che all’origine delle dichiarazioni dei diritti dell’uomo era riconoscibile l’influenza esercitata dal razionalismo sulla politica e sulla scienza giuridica con la creazione di quelle geometrie politico-legali proprie del pensiero moderno. Il riconoscimento dei diritti dell’uomo non era e non poteva essere solo strumento contro l’assolutismo dello Stato e contro l’arbitrio del positivismo giuridico, ma soprattutto, ed in questo stava la condanna del Cappellari anche nei confronti delle tesi di Lamennais (1782-1854), un’idea metafisica: nell’essere stesso dell’uomo si fonda una pretesa etica e giuridica. In fondo è il concetto di natura che si trova in Romani 2,14, ispirato alla Stoa e trasformato dalla teologia della creazione di Paolo. La lezione di Gregorio XVI è, quindi, quanto mai attuale, soprattutto in un’epoca caratterizzata dalla moltiplicazione sfrenata dei diritti: se l’uomo, come tale, per il fatto cioè di appartenere alla specie uomo, è soggetto di diritto, egli porta con sé valori e norme che si devono trovare, non certamente inventare ex nihlo. Del resto, lo scrive uno dei campioni del laicismo giuridico, Gustavo Zagrebelski nel suo Il diritto mite (1992), “la Chiesa cattolica non si è mai convertita ai diritti della tradizione laica e non ha mai annullato le sue riserve radicali sui diritti della rivoluzione francese”.
in collaborazione con Michelangelo De Donà
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento