Il diritto al patrocinio trova fondamento nella Costituzione e riconoscimento anche a livello internazionale:
Nell’ art. 3 Cost., che sancisce il diritto di tutti i cittadini alla pari dignità sociale e assegna allo Stato il preciso compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana,
Nell’ art. 24 Cost. Che definisce il diritto alla difesa come diritto inviolabile dell’individuo ed afferma che “sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”( processo civile, penale, mediazione civile e commerciale).
Nonchè, a livello internazionale nell’art. 6, comma 3, lett. c) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma, 4 novembre 1950), e nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York del 19 dicembre 1966, art. 14, 3 comma, lett. d).
Possono richiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai sensi della legge che la regolamenta, il D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia).
– i cittadini italiani
– gli stranieri, regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare
– gli apolidi
– gli enti o associazioni che non perseguano fini di lucro e non esercitino attività economica
Altro requisito è che il richiedente conviva con il coniuge (o compagno) e/o altri familiari, nella determinazione del limite di reddito come sopra indicato si considerano anche i redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente del nucleo familiare, compreso l’istante.
Premesso ciò, la Corte di Cassazione con sentenza n. 33428 depositata il 29 luglio 2014 accoglieva il ricorso presentato da un soggetto contro il decreto emesso dal Tribunale di Padova che gli revocava il provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio.
A detta del Tribunale era da accogliere l’istanza avanzata dall’Agenzia delle Entrante perchè soggetto fiscalmente a carico dei genitori, e il cumulo dei redditi derivati dalla situazione familiare non gli dava il diritto di usufruire del gratuito patrocinio.
La ratio giustificatrice a cui era pervenuta la Suprema Corte si fondava sull’erronea interpretazione dell’Agenzia delle entrate che aveva fatto perno sul soggetto convivente mentre nel caso di specie non poteva considerarsi convivente, in quanto il soggetto risiedeva in luogo diverso dal nucleo familiare di origine.
A parere delle Suprema Corte: ai fini dell’ ammissione e conservazione del beneficio la situazione reddituale da considerare non era quella di familiare a carico bensì quella di familiare convivente.
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