Giuristi millennials e il rapporto con impegni e contratti

Luigi Nastri 11/11/17
Con il presente contributo si proverà ad immaginare il ruolo che nel futuro prossimo potrà rivestire il contratto alla luce della società contemporanea e dell’uso che potrebbero farne i c.d. millennials.

Con il termine millennials si indica la generazione di persone nata tra gli anni 80 e 2000 che ha conosciuto il benessere della fine del secolo ma che ha vissuto la crisi economica del 2008 subendone ancora gli effetti.

Si tratta dei principali fruitori della c.d. sharing economy ovvero di quell’economia basata sulla condivisione e non sulla proprietà dei beni. La musica si ascolta in streaming, i film si guardano su internet e le case e le stanze si condividono affinché ognuno possa girare il mondo.

Si preferisce l’esperienza all’acquisto definitivo di un bene materiale.

Senza dubbio questo è in parte una preferenza di questa generazione in parte una necessità dovuta alla precarietà economico-sociale della realtà contemporanea.

A prescindere però dall’eziologia del fenomeno può dirsi che la tendenza dei millennials è a non impegnarsi: evitare vincoli di lunga durata per mantenere sempre la libertà di sfruttare nuove opportunità. Non si possono fare programmi a lungo termine perché da un anno all’altro la città dove si svolge il proprio lavoro potrebbe cambiare.

In tale contesto quale può essere il futuro del contratto che rappresenta l’impegno per antonomasia?

Posto che i millennials guardano con diffidenza all’impegno e all’assunzione di responsabilità potrebbe sembrare naturale conseguenza che il contratto sia effettivamente destinato a morire.

A ben vedere non è così: sin dalla seconda metà del 900 si è parlato di morte del contratto (Gilmore) eppure ancora oggi si concludono negozi giuridici. Basta pensare ai termini e condizioni d’uso che tutti noi quotidianamente accettiamo navigando su internet, per capire come lo strumento contrattuale sia essenziale per la società.

La conseguenza di quanto detto sopra è che le aziende promuovono sempre più di frequente servizi come ad esempio lo streaming televisivo “senza contratto”. Un prodotto rivolto per lo più ai giovani che risulta senza dubbio più appetibile se non è vincolante.

Offerte di questo tipo, in considerazione del contesto in cui sono fatte, possono essere pericolose e fuorvianti: dei servizi streaming non si può beneficiare senza aderire ad un contratto. Da un punto di vista giuridico più che di “offerta senza contratto” si tratta di un contratto con disdetta/recesso flessibile per l’utente. Le aziende in tali casi infatti propongono dei termini e condizioni ben dettagliati che possono includere in taluni casi anche rilevanti penali le quali costituiscono il  “prezzo” della flessibilità.

Quel che quindi in questa sede preme sottolineare è che la generazione che non vuole impegnarsi proprio per i servizi ad essa più cari non può fare a meno di concludere un contratto: in sostanza anche per i più semplici beni di consumo l’impegno è inevitabile. Ciò che può evitarsi è l’impegno di lunga durata.

Ciò fa ben sperare per il futuro del contratto ma allo stesso tempo occorre che il giurista si faccia carico di questo fenomeno, in particolare il giurista che appartiene alla generazione dei millennials il quale ancor di più dovrebbe capire le esigenze dei coetanei.

Ad esempio al fine di consentire una rapida risposta ai quesiti giuridici che potrebbero derivare dai servizi sopra citati il giurista del nuovo millennio potrebbe fornire una micro-assistenza legale in pillole alla stregua delle c.d. FAQ (frequently asked questions).

Stante quanto detto sopra occorrerà inoltre sviluppare quegli strumenti giuridici già esistenti che consentono lo sfruttamento dei beni immateriali: basta pensare a titolo meramente esemplificativo alla cessione del marchio o del brevetto.

Quanto invece ad operazioni economiche di maggiore rilevanza particolare attenzione merita l’esame della compravendita immobiliare: considerando che si tratta di un contratto che comporta un importante impegno economico e che la proprietà di un immobile determina responsabilità e stabilità in una città potrebbe essere poco usata dai millennials.

Come si è detto i millennials preferiscono condividere le case e affittare appartamenti per mantenere la possibilità di spostarsi e sfruttare nuove esperienze lavorative. Appare dunque inevitabile che il giurista a questo si adegui: occorrerà promuovere modalità di godimento degli immobili diverse dalla “piena ed esclusiva proprietà”.

Queste modalità sono già attuali: basta pensare al contratto di multiproprietà, che assicura a più persone il c.d. godimento turnario dell’immobile, o al contratto di locazione, il cui uso è sempre più frequente.

Lo stesso giurista millennial che si è specializzato nelle compravendite di immobili non potrà che adeguarsi al mutamento delle forme di ricchezza venendo incontro alle esigenze della sua generazione.

Luigi Nastri

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