Giurisdizione del giudice ordinario in materia di impiego pubblico

Il caso di specie: Tizio adisce il Tribunale, giudice ordinario del lavoro, mediante ricorso, esponendo d’essere stato dipendente del Ministero X con qualifica di dirigente e, da ultimo, con incarico di direttore generale, nonostante avesse manifestato (più volte) la sua contrarietà ad accettare un diverso incarico.

Viene licenziato.

Chiama in giudizio oltre al Ministero X, l’Agenzia delle Entrate e la Presidenza del Consiglio dei Ministri e contro di loro propone più domande intese al pagamento dell’indennità e risarcimento dei danni.

I convenuti, costituitisi in giudizio, oppongono un’eccezione di difetto di giurisdizione (…). Il Tribunale dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. La Corte d’Appello conferma, a sua volta, la sentenza, impugnata dal Ministero e in via incidentale dall’attore. Proposto ricorso per Cassazione, la Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rimette alla Sezione lavoro la decisione.

In tema di giurisdizione, il G.A. è giudice del provvedimento ed il G.O. è giudice dell’atto di gestione: in tal senso, occorre verificare “quale pretesa” (quale petitum), nel caso specifico, venga introdotta nel giudizio per approvare quale sia la situazione giuridica soggettiva che si assume lesa (…). L’art. 63 del D.lgs. nr. 165 del 2001 (d’ora in avanti Decreto), parlando di “atti amministrativi presupposti/di organizzazione“, si dispone a soluzioni incerte e di eccezione rispetto ai principi generali che regolano i rapporti fra giurisdizioni. L’art. 63.1 del Decreto afferma che: “sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1.2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorchè vengano in questioni atti amministrativi presupposti. Quando quest’ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica se illegittimi (…)’’. Per macro-organizzazione si intende “l’applicazione sul piano organizzativo del principio di distinzione tra politica e amministrazione; in base a tale principio gli organi di vertice delle amministrazioni definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici individuando gli uffici di maggiore rilevanza, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi e le dotazioni organiche complessive“.

Ebbene, dall’art. 63 del Decreto si deduce che le controversie concernenti gli “atti di organizzazione” dell’Amministrazione rientrano nella giurisdizione del G.O. (con ammessa disapplicazione!) in tutti i casi in cui costituiscono provvedimenti presupposti di atti di gestione del rapporto di lavoro del pubblico dipendente. Più specificatamente, il potere di disapplicazione, previsto dall’art. 63.1 del Decreto, presuppone che sia dedotto in causa un diritto soggettivo, su cui incide il provvedimento amministrativo (e non una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo solo dopo la rimozione del provvedimento!). Secondo il Decreto, per radicare un potere di conoscenza, da parte del G.O., del provvedimento amministrativo di macro-organizzazione, deve rilevare non soltanto il rapporto di presupposizione ma anche il rapporto di rilevanza, cioè di influenza del provvedimento sull’assetto del rapporto di lavoro. L’art. 63 in questione ha, quindi, inteso concentrare, seppure in via non esclusiva, nel giudice civile il potere di cognizione degli atti amministrativi di organizzazione-presupposizione.

La Corte di Cassazione, Sez. Un., con sentenza del 15 maggio 2012, nr. 7626, afferma che: mentre le controversie aventi ad oggetto l’atto di nomina del dirigente pubblico appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo, le controversie che hanno origine da vicende che conducono allo scioglimento del rapporto appartengono alla giurisdizione ordinaria. Nel caso di specie, aggiunge la Corte, la controversia ha tratto origine da una vicenda che ha condotto allo scioglimento del rapporto e non da un provvedimento che ha avuto ad oggetto l’atto di nomina (…) (v. precedente, Cass. Sez. Un., 3 novembre 2011, nr. 22733).

Insomma, in caso di atti di organizzazione, per quanto concerne la relativa, eventuale impugnazione, non si ammetterebbe nessuna oppressione preventiva ed indispensabile da parte del giudice amministrativo. In caso di soluzione contraria si traviserebbe la concreta finalità di concentrazione perseguita dal Decreto.

Ma ci si chiede: sarebbe opportuno fornire alla normativa di riferimento maggiore certezza sistematica? Il Decreto, non appare forse poco coerente con le finalità di maggiore tutela del lavoratore?

Giovanna Cuccui

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