Con questa massima le Sezioni unite civili della Corte di Cassazione hanno sancito la sindacabilità da parte del Tar del giudizio espresso dalla commissione sull’esame da avvocato nel caso in cui tale giudizio si riveli manifestamente illogico.
La Suprema Corte infatti, con la sentenza n. 8412 del 28 maggio 2012, ha rigettato il ricorso del Ministero della Giustizia che lamentava “l’invadenza” del Tar sulla bocciatura di una candidata all’esame da avvocato.
Per i giudici supremi, il sindacato del giudice amministrativo è legittimamente svolto quando il giudizio della commissione esaminatrice è affetto da «illogicità manifesta» o da travisamento del fatto in relazione all’articolazione dei criteri preventivamente individuati dalla commissione stessa.
Viene così confermata la decisione del Tar Calabria prima, e del Consiglio di Stato poi, con la quale era stato ammesso all’esame di abilitazione alla professione di avvocato un candidato bocciato dalla commissione esaminatrice.
Il ministero aveva sostenuto che i giudici amministrativi avrebbero posto in essere un ingiustificato eccesso di potere giurisdizionale: avrebbero cioè sostituito la propria volontà a quella della commissione, e in contrasto con la giurisprudenza della stessa Cassazione, avrebbero contestato valutazioni magari “opinabili”, ma, in ogni caso, attendibili.
Di avviso del tutto diverso la Cassazione, secondo cui i giudici del Tar sono stati in grado di smontare correttamente i punti chiave che avevano condotto alla bocciatura del candidato. In particolare, avevano riscontrato sia l’assenza di errori grammaticali sia l’assenza di incoerenze di forma in rapporto alla tipologia dell’atto giudiziario aggetto dell’esame. La Corte ricorda che la valutazione della commissione è comunque priva di discrezionalità perché deve piuttosto accertare il possesso di requisiti di tipo attitudinale – culturale in chi partecipa alla selezione. L’esistenza o meno di questi requisiti va poi tradotta in un punteggio o in un altro tipo di giudizio finale.
“Il giudizio — sottolinea la Cassazione — circa l’idoneità del candidato avviene dunque, secondo regimi selettivi di volta in volta scelti dal legislatore, che non precludono in alcun modo la piena tutela davanti al giudice amministrativo“. Una tutela che si concretizza sotto il profilo del vizio di eccesso di potere e, senza sconfinamenti nel merito da parte del giudice amministrativo “ma attraverso la verifica della logicità, della coerenza, e della ragionevolezza delle basi argomentative concernenti l’analisi dell’elaborato“. Nel caso approdato in Cassazione i giudici hanno accertato l’infondatezza dei presupposti della valutazione.
Qui il testo integrale della sentenza n. 8412/2012 della Cassazione
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