Tra gli altri, l’art. 116 del Codice del Consumo ha individuato nel fornitore un potenziale ulteriore soggetto responsabile nei confronti del consumatore.
Si è, quindi, assistito ad un coinvolgimento sempre più ampio del fornitore, spesso però dettato da una non corretta esegesi delle norme di riferimento.
Il Tribunale di Roma, forte di un autorevole precedente della Suprema Corte di Cassazione (la sentenza del 20 maggio 2009 n. 11710) che ha chiarito la corretta applicazione delle norme contenute nel D.P.R. n. 224/1988, successivamente confluite nel Codice del Consumo, sulla legittimazione passiva a contraddire nel giudizio promosso dal consumatore per il risarcimento del danno da prodotto difettoso, ha recentemente affrontato sul piano pratico tale argomento.
La vicenda all’origine della decisione dei giudici di legittimità aveva ad oggetto un sinistro stradale causato dall’improvvisa ed ingiustificata apertura degli airbags all’interno di un autoveicolo, sinistro a seguito del quale lo sfortunato conducente ha riportato diversi danni biologici.
Il consumatore danneggiato ha, pertanto, citato in giudizio la società importatrice in Italia dell’autoveicolo in discussione per chiederne la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti.
La società convenuta, costituitasi in giudizio, ha eccepito in via preliminare la sua carenza di legittimazione passiva, rivestendo unicamente il ruolo di importatrice in Italia del prodotto in questione, fabbricato invece da una differente società stabilita in un altro paese dell’Unione Europea.
Ciononostante il giudice di primo grado, accertate le cause del sinistro all’esito dell’istruttoria, ha condannato la società distributrice.
Avverso tale decisione ha, quindi, proposto appello la società soccombente, reiterando le difese già svolte in primo grado.
La decisione impugnata, tuttavia, seppur limitando la misura del risarcimento del danno stabilita dal primo giudice – per essere applicabili alla fattispecie le disposizioni dettate dall’art. 123 del Codice del Consumo, in forza del quale è escluso il diritto al risarcimento del danno subito dal prodotto difettoso -, è stata confermata nel secondo grado di giudizio.
La società ha deciso, quindi, di sottoporre al vaglio della Corte Suprema la questione concernente la carenza di legittimazione passiva del distributore per l’Italia di un prodotto fabbricato in uno dei Paesi dell’Unione Europea nel giudizio di responsabilità per danno da prodotto difettoso.
Sulla base di una corretta esegesi della normativa applicabile, la Suprema Corte ha accolto integralmente l’impugnazione della società.
Dalle evidenze contenute in atti è risultato, infatti, pacifico il ruolo di mero distributore della società ricorrente, nonché chiara l’identità del produttore europeo.
Non si è potuto, pertanto, prescindere dal prendere in considerazione che, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 116 e ss. del Codice del Consumo, la responsabilità del distributore è di tipo solidale con quella del produttore, unicamente laddove quest’ultimo non sia identificabile e comunque non risieda in uno dei Paesi dell’Unione Europea.
La decisione è da ritenersi, altresì, pienamente condivisibile in quanto si pone perfettamente in linea con il più recente orientamento della Corte di Giustizia UE che, con la sentenza del 2 dicembre 2009 resa nel procedimento C-358/2008, ha chiarito che l’art. 11 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, deve essere interpretato nel senso che, qualora il soggetto danneggiato da un prodotto che si asserisce essere difettoso non abbia ragionevolmente potuto identificarne il produttore prima di esercitare i suoi diritti nei confronti del fornitore del medesimo, detto fornitore deve essere considerato «produttore», segnatamente ai fini dell’applicazione dell’art. 11 della detta direttiva, ove non abbia comunicato al danneggiato, diligentemente e di propria iniziativa, l’identità del produttore o del suo proprio fornitore, cosa che spetta al giudice nazionale accertare alla luce delle circostanze della fattispecie.
Ebbene, analogamente a quanto previsto dall’art. 116 del Codice del Consumo, affinché il distributore possa essere ritenuto responsabile per il danno cagionato al consumatore dal prodotto difettoso, occorre che quest’ultimo non sia stato posto in condizione di identificare il produttore del bene.
Come si è anticipato, la cosiddetta dissociazione tra produzione e distribuzione, seppur criticata in dottrina, è stata più di recente affrontata dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 15050/2010 depositata il 7 luglio 2010 con la quale è stata dichiarata la carenza di legittimazione passiva della società distributrice.
In effetti, la società convenuta dal consumatore per il risarcimento del danno, limitandosi unicamente ad organizzare la distribuzione del bene in Italia, non aveva in alcun modo preso parte al processo di produzione.
Essendo, inoltre, il produttore un soggetto comunitario, il Tribunale di Roma ha correttamente concluso di non poter applicare al distributore le disposizioni contenute nella Parte IV del Titolo II del Codice del Consumo.
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