La Suprema Corte ha stabilito che i rapporti di lavoro formalmente attivati presso due società, devono essere considerati come riconducibili a un unico centro di imputazione, qualora tra le stesse vi sia un collegamento economico-funzionale, talmente rilevante da non riuscire a distinguere nell’interesse di chi le prestazioni lavorative sono rese, con la conseguenza che entrambi i soggetti devono essere considerati solidalmente responsabili delle obbligazioni che scaturiscono dal rapporto di lavoro (ai sensi dell’articolo 1294 c.c. che stabilisce una presunzione di solidarietà in caso di pluralità di debitori, qualora dalla legge o dal titolo non risulti diversamente).
Ma perché si riconducano tutti i rapporti di lavoro a un singolo centro di imputazione è necessario riscontrare l’intento fraudolento di separare un’unica attività imprenditoriale fra vari soggetti in collegamento economico-funzionale.
Questo può desumersi grazie a una serie di indici sintomatici:
- Unicità della struttura organizzativa e produttiva;
- Integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo;
- Coordinamento tecnico amministrativo e finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo;
- Contemporaneo utilizzo della prestazione lavorativa da parte delle varie società.
In presenza degli indici citati, i rapporti di lavoro formalmente attivati presso distinte realtà, devono essere ricondotti a un unico centro di imputazione, cioè il gruppo di società nel loro insieme. Ciò significa che ai fini dell’applicazione di disposizioni normative e contrattuali devono essere sommati i dipendenti dell’azienda A con quelli dell’azienda B.
Nel caso in esame, la Cassazione ha accolto l’orientamento della Corte d’Appello che aveva ritenuto presenti tutti gli indici citati, tali da desumere l’esistenza di un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro e un fittizio frazionamento dell’attività.
La vicenda traeva le mosse da un licenziamento per giustificato motivo oggettivo cui la dipendente ha resistito invocando l’applicazione della tutela reale prevista dall’articolo 18 Statuto dei lavoratori (Legge 300/70), sulla base del fatto che le due società se complessivamente considerate superavano la soglia dimensionale richiesta dalla legge citata.
La Cassazione ha accolto il rilievo della dipendente sottolineando che essendo unico il centro di imputazione del rapporto di lavoro “del pari unico debba essere il calcolo del numero dei dipendenti ai fini dell’applicabilità della tutela reale del posto di lavoro ex art. 18 cit. sommandosi i dipendenti medesimi a prescindere dalla formale titolarità del loro rapporto di lavoro”. Non solo, entrambe le società sono da ritenersi responsabili in solido per quanto concerne le conseguenze sanzionatorie del licenziamento illegittimo ex articolo 18.
Di particolare interesse anche l’orientamento della Cassazione nel ritenere che la scelta delle due società di avvalersi dello stesso legale sia un ulteriore indice dell’esistenza di fatto di un’unica realtà d’impresa.
A cascata si può affermare che anche le ragioni aziendali poste alla base del licenziamento devono essere considerate non con riferimento alla singola società ma all’intero gruppo di imprese. Si pensi poi ai possibili effetti sull’obbligo di repêchage, da intendersi come l’onere in capo al datore di provare l’impossibilità di ricollocare il licenziato in altre mansioni.
Sul punto, precedenti sentenze di Cassazione hanno chiarito che la valutazione dev’essere operata con riferimento al solo soggetto titolare del rapporto di lavoro, senza far riferimento a società diverse anche se tra loro economicamente collegate nell’ambito di un gruppo (Cassazione 31/03/2016 n. 6254).
Lo stesso orientamento è applicabile qualora si rinvenga un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro, cioè un gruppo di fatto di imprese? Solo altre sentenze di Cassazione potranno dare una risposta.
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